A game to play - Perché Francesco Flachi è Marco Masini

Un parallelismo geografico ma ancor più di vita, percorsi in salita e condizionati da uno stigma
Marco Masini
Marco Masini / Morena Brengola/GettyImages
facebooktwitterreddit

Le strade in salita, i percorsi tortuosi e costellati dagli ostacoli detengono un fascino tutto loro, sanno portare in sé il senso della parola chiave - riscatto - dandole un valore concreto e privato, che non renda necessari sforzi di fantasia o slanci retorici. Quando quelle strade poi, e non in senso metaforico, partono da un luogo geografico comune - Firenze - diventa anche più semplice tracciare un filo conduttore che avvicini due figure. Non si tratta semplicemente, in questo caso, si sottili affinità o di rimandi sottintesi: connettere Marco Masini e Francesco Flachi diventa più naturale che mai, persino automatico, sia basandosi in toto sul loro percorso artistico/sportivo che sul punto di partenza (fisico e non solo), con un sottofondo dipinto di viola a fare da costante.

A game to play, gli altri capitoli:

C'è soprattutto un discorso di suoni e di cadenze, di voci che arrivano persino a confondersi per timbro - anche al di là dell'inflessione legata alla provenienza - e per contenuti espressi, per vissuto trasmesso a chi ascolta. La coincidenza geografica si amplifica poi in quella temporale, storie diventate grandi sul finire degli anni '80 e cresciute nei '90, percorsi che raccontano di un sogno raggiunto in un lasso di tempo del tutto coincidente (e la dimensione del sogno da inseguire si pone come una chiave fondamentale nell'unione Masini-Flachi). La voglia di arrivare è dunque una scintilla che accomuna due talenti, uno calcistico e uno musicale, senz'altro precoci nell'espressione della propria diversa arte: da un lato Marco e la musica come amore d'infanzia, dall'altro Francesco e gli anni vissuti da giovane promessa innamorata della Fiorentina e dei suoi campioni (Antognoni e Baggio su tutti).

Florence from Piazzale Michaelangelo, Italy.
Firenze vista dal Piazzale Michelangelo / Heritage Images/GettyImages

Storie di padri e di madri

Una tensione costante tra sogno e realtà, tra possibilità di farcela davvero e richiamo al pragmatismo e alla concretezza dei padri: "Bisogna fare sempre economia, che i soldi non si trovano per strada", citando Il giorno dei perdenti di Masini (Malinconoia, 1991). E accanto alla severità dei padri, al loro invito costante a tenere i piedi per terra e a proteggersi dalle facili illusioni, le figure di due madri che tenevano vivo il fuoco dei rispettivi sogni: Marco e la madre Anna Maria, scomparsa prematuramente ma fondamentale per farlo proseguire nel suo desiderio di affermarsi come musicista, Francesco e una madre decisiva per sancirne l'approdo nella sua Fiorentina, spaventata dall'idea di vederlo sbocciare lontano da casa (il Napoli stava facendo carte false per averlo, sul finire degli anni '80).

La passione viola come sfondo, come già accennato, risulta poi una chiave inaggirabile per accostare Masini e Flachi: nel caso dell'ex calciatore è una traccia concreta e testimoniata dai fatti, dalle domeniche al Franchi e dalla voglia di emulare - con la maglia dell'Isolotto - le gesta di Roby Baggio, ritenuto da Flachi il principale idolo e riferimento calcistico da seguire. La passione per il 10 non si limita al Divin Codino ma si collega anche ad Antognoni (come vera e propria istituzione, nella Firenze degli anni '80) o a Mancini, altro faro decisivo nel percorso di Flachi. Una passione per il fantasista e per le giocate che illuminano che, a tutti gli effetti, tocca anche Masini: "Il gioco del calcio prescinde dalla maglia e quando osservo un artista come Baggio, mi genera emozione" ha detto il cantautore parlando ad Alfredo Pedullà, nel corso di una diretta Instagram di qualche anno fa.

Sogno o incubo?

Il calcio come emozione e il 10 come tramite di quella stessa virtù, la fantasia e l'estro come doti quasi salvifiche o comunque vitali, così come per Masini è stata salvifica la musica: "La musica se la ami davvero ti salva" sono le parole dello stesso cantautore ai microfoni di Oggi è un altro giorno. Un aspetto che, tra le righe, può arrivare ad avvicinare i due - ripercorrendo appunto il ruolo del sogno e del valore universale di calcio e musica - riguarda la capacità, tramite i rispettivi talenti, di farsi carico individualmente di istanze più grandi di loro, di raccogliere e sublimare la vita di tanti per farne la propria storia. Flachi come figlio della Firenze calcistica, adottato dalla Fiesole e atteso a lungo dai suoi tifosi, Masini come interprete del disagio e della rabbia di una generazione intera che - dai primi anni '90 - viveva un'epoca di profondi cambiamenti sociali, di pilastri che venivano meno e di valori che divenivano via via più fluidi e inafferrabili.

Marco Masini
Marco Masini / Francesco Prandoni/GettyImages

Nel caso di Masini, tra l'altro, la capacità di veicolare messaggi di rabbia e di disagio divenne - nel corso degli anni '90 - il primo seme di quello stigma che lo avrebbe poi seguito e segnato sul finire di quel decennio, tanto da comprometterne la carriera artistica ed a portarlo - nel 2001 - ad annunciare un forzato ritiro dalle scene. L'etichetta negativa, lo stigma appunto, aspetti che ti seguono e che sanciscono forme uniche di solitudine: strade che, loro malgrado, hanno costituito a lungo la quotidianità di Masini e di Flachi, avvicinandoli ulteriormente (perlomeno nel nostro racconto a posteriori). Da un lato quella assurda etichetta, nata per gioco ma divenuta poi più concreta che mai, di "portatore di energie negative" (citando testualmente ciò che portò all'impossibilità di proseguire l'attività di cantante, alla fine degli anni '90); dall'altro - pensando a Flachi - l'allontanamento forzato dal mondo del calcio.

Dallo stigma al riscatto

Una squalifica per scommesse, verdetto mai accettato dal calciatore nel 2006, l'etichetta di bad boy e l'incubo della positività alla cocaina e dell'errore come macigno inaggirabile, come pietra tombale sulla sua carriera sportiva ad altri livelli. Masini che entra nei bar e assiste al grottesco spettacolo dei gesti scaramantici altrui, Flachi che sceglie di entrare di nascosto alle partite e che viene allontanato da quello che era in tutto e per tutto il suo mondo: tracce comuni di solitudine, di uomini respinti dalla loro stessa realtà, sogni che diventano incubi.

"Quasi sempre imperfetto, ma qualche volta saggio
E sei stato per qualcuno un marito mancato
E sei diventato padre, ma non è capitato
E sei stato sul campo sempre dietro a un pallone
E ora sei qui sulla porta a tirarti un rigore
Come un eterno bambino, dentro gli anni di un uomo
E sei stato importante e in lampo nessuno"

Marco Masini, Il confronto (2020)

La voglia di libertà e la natura di fantasista che non vuole essere incasellato, "fava, ma dieci" citando Flachi, hanno trovato spesso residenza nel percorso dei due: Flachi che sbaglia e che scivola in una forma perversa di autosabotaggio, Masini che prova a svincolarsi da se stesso e a seguire percorsi artistici inediti e coraggiosi, mai realmente compresi dal pubblico (l'album Scimmie del 1998 su tutti). Libertà e sensazione di onnipotenza: Flachi che si sentiva il Principe della sua Firenze, che si perdeva in quell'ondata di affetto, Masini che non ascoltava consigli - forte dei dischi venduti - e si sentiva indistruttibile.

UC Sampdoria v Brescia Calcio - Serie A
Flachi / Paolo Rattini/GettyImages

Spirali che si avvitano e portano a quella dicotomia sogno/incubo di cui sopra, con l'orizzonte rischiarato però dall'idea di un riscatto. Due sfumature di riscatto diverse, per certi versi: pensando a Masini si può notare come la riconciliazione col mondo della musica abbia regalato gioie visibili e nuovi successi, con L'uomo volante e la vittoria di Sanremo nel 2004 come primo passo e con una carriera tornata a regalare concerti, dischi e canzoni nei decenni successivi, fino ad oggi. Il gioco della musica che va avanti, sedendosi al pianoforte. Il riscatto di Flachi ha percorso strade più private, persino familiari e intime, raccontate del resto dal suo podcast Vita rovesciata e dal docufilm Il ragazzo gioca bene (su DAZN). Un percorso umano di risalita attraverso l'osservazione del proprio tragitto, senza veleno da spargere o senza voglia di rivalsa da rovesciare sugli altri, come semplice riscoperta del piacere eterno di giocare, di esprimere talento e di trasmetterlo a chi ha voglia di ascoltare. Un pianoforte o un pallone, momenti d'infanzia che si riflettono sull'età adulta e non se ne vanno, più forti dei sogni raggiunti e degli incubi vissuti sulla propria pelle.