Autolesionismo e racconto mediatico di una crisi: ha senso discutere Palladino?
Due verità incrollabili caratterizzano le cose di pallone: i risultati dominano su tutto e nessuno è realmente intoccabile. Si tratta di pilastri inaggirabili, anche avvicinandosi a quelle realtà che fino a poche settimane fa vivevano momenti carichi di entusiasmo e di incoraggianti proiezioni. Lo sta vivendo sulla propria pelle anche Raffaele Palladino, protagonista della consueta discesa che porta dal ruolo di guru a quello di capro espiatorio nell'arco di un mese o giù di lì: dalle stelle alle stalle, una discesa rappresentata nel concreto da otto vittorie di fila che si tramutano nel loro esatto opposto, in un successo che manca ormai da cinque turni di campionato e in un mese da incubo iniziato con la sconfitta esterna sul campo del Bologna.
Si è già tentato un abbozzo di analisi sulle tematiche portati di una flessione innegabile, una lettura sicuramente parziale del momento vissuto dalla Fiorentina, ma è evidente che la trattazione mediatica di un momento di crisi sappia spostare persino oltre il discorso, sappia condurre nella solita e tafazziana attrazione per il ribaltone, per la rivoluzione come colpo di spugna sui problemi. Un tratto che ha saputo pagare nel recente passato, nello specifico prima della vittoria sul Milan che ha dato il via al momento magico dei viola, è stato proprio quello della fiducia e della costruzione: proprio quando si valutava un avvicendamento in panchina, dopo un avvio deludente, la stagione della Fiorentina ha preso una piega diversa e ha scoperto nuovi equilibri, nuovi punti fermi su cui fondare le proprie fortune.
Il richiamo deleterio della rivoluzione
Le voci odierne, quelle smentite da Ferrari sui contatti con Tudor, rientrano proprio nella tendenza autolesionistica ad amplificare mediaticamente il senso di una crisi, a perdere di vista ogni forma di equilibrio. I toni utilizzati da Pradè dopo la sconfitta col Monza, evidentemente, non danno una mano agli auspici di Palladino (evitare gli allarmismi) ma è verosimile che il dirigente viola intendesse strigliare il gruppo, provare il bastone anziché la carota, e non mettere un mister sulla graticola. Il mantra resta il solito, nessuno è intoccabile per diritto acquisito, ma risulta paradossale - adesso - immaginare un nuovo ribaltone, l'interruzione di un ciclo, per una striscia negativa di risultati: il meccanismo si è inceppato, è evidente, ma esistono le basi per trovare un nuovo equilibrio e per condurre la nave in porto senza delegittimazioni, senza ammutinamenti o bufere.
Non mancano tratti in grado di costruire un potenziale caso, dagli addii della vecchia guardia ai mal di pancia citati da Pradè, ma si tratta di un fisiologico periodo di assestamento tra un ciclo e l'altro, di misure da ritrovare dopo tanti cambiamenti (alcuni voluti e altri incidentali, come la defezione di Bove). La società ha dimostrato fin qui di voler assecondare le richieste di Palladino sul mercato, e l'indirizzo espresso per la sessione invernale procede su questa stessa linea: interrompere adesso un percorso, al di là dell'eventuale sostituto in panchina, toglierebbe senso e valore al mercato condotto e alla visione a medio-lungo termine. Un desiderio rabbioso di ribaltone che trova la propria sede sulle prime pagine dei quotidiani, anche nei bar, ma che difficilmente può tradursi in una vera azione da parte della dirigenza, che non merita certo di trasformarsi in realtà.