Claudio Ranieri su Pellegrini, Totti, il doppio ruolo e il futuro della Roma
Ha parlato Claudio Ranieri, lo ha fatto prendendo il microfono allo Stadio Tre Fontane, in un allenamento svolto a porte aperte davanti ai propri tifosi, e ha proseguito in modo più approfondito sulla Gazzetta dello Sport, intervistato da Andrea Pugliese. Un rapporto sui principali temi che avvolgono la Roma, sul presente, sul passato e sul futuro in cui il tecnico e dirigente capitolino ha, ha avuto e avrà voce in capitolo.
Leggere le parole di figure rilevanti come la sua è sempre molto stimolante, soprattutto quando si tratta di personaggi che appaiono e si dichiarano estremamente spontanei nel contestare. Scopriamo cosa ha detto Claudio Ranieri nell'intervista alla Gazzetta.
Un doppio ruolo che non è mai stato posticipato, chiarendo di sentirsi ancora ovviamente un allenatore (altrimenti non avrebbe accettato l'incarico), ma senza nascondere che lui e la società sono già al lavoro per programmare la prossima stagione. "Ci si organizza: da allenatore vedo i giocatori anche per chi verrà. Tutto e subito non si può, alcuni campioni bisogna anche crearseli. Sono convinto che i nostri giovani siano buoni. Ora se diventeranno campioni lo può dire solo un indovino, ma hanno le qualità per essere giocatori importanti".
Nel ruolo di martello della socetà, come si è definito lui stesso, lo vediamo bene. Un martello che come prima operazione ha fissato i chiodi più importanti. "Sono tre campioni del mondo. Nel calcio non esiste un sistema vincente, sono i giocatori ad essere vincenti". E stato logico ripartire da loro. Il riferimento è a Hummels, Dybala e Paredes, le cui difficoltà con Ivan Juric erano emerse in maniera evidente e il cui protagonismo con Claudio Ranieri è apparso a lui come logico. A volte la soluzione più semplice è anche quella più giusta.
Dei giovani che hanno qualità e bisogno di fiducia abbiamo accennato, ma non sono gli unici. Il tema che scalda e divide i tifosi della Roma è legato a capitan Lorenzo Pellegrini. "È la questione che mi sta più a cuore. Lorenzo è un ragazzo meraviglioso e un professionista esemplare. Ma è un romano atipico, non esterna le emozioni, in questo siamo simili. Resta però uno dei migliori centrocampisti italiani, lui e Lampard mi hanno segnato tanti gol. Ora deve rimettere il sorriso, ma serve anche l'aiuto dei tifosi. Invece sembra che oramai sia stato condannato, che il pollice per lui sia verso giù. Se si riprenderà? Non lo so, lo spero...".
Un romano atipico quanto lui, che non esterna le emozioni (salvo in rare occasioni) e un paragone con Lampard che continua convintamente a ripetere. I tifosi della Roma hanno conosciuto il peggio e il meglio di Lorenzo Pellegrini, festeggiando con lui a Tirana, nei derby, ed esaltandosi di fronte a numeri che lo proiettavano come uno dei migliori centrocampisti italiani. Quei numeri però, quelle prestazioni hanno via via perso continuità a causa di troppe gare storte, di periodi negativi dai quali ora il 7 non sembra più riemergere. Con la fascia da capitano ad amplificare toni che hanno condotto a un bivio cruciale per la sua carriera.
Da un riferimento a un altro, spostandosi ancora una volta nel ruolo da dirigente. Paulo Dybala deve essere felice, se lo è e vuole restare, deve restare. Un discorso semplice, una permanenza legata sì al contratto, basata però su condizioni che dovrebbero essere implicite, che di questi tempi è forse opportuno chiarire. "In generale non voglio gente non felice. Paulo è un campione: se lui vuole restare, deve restare. Il contratto? Non spetta a me, ma alla presidenza decidere se rinnovare o spalmare. A me tocca la valutazione tecnica e capire se può essere un giocatore valido per il nuovo allenatore. E questo Dybala lo è".
L'impossibilità di ricreare a Roma il modello Atalanta, un rapporto sincero con i Friedkin e la falsità delle indiscrezioni riguardanti il suo caldeggiare il ritorno a Roma di De Rossi con cui "loro mi hanno detto che si sono lasciati in ottimi rapporti". Poi la domanda sulla possibilità di restare in panchina un altro anno a cui Ranieri non chiude. "Non lo so, io vado di pancia e di cuore. Bisognerebbe vedere. Dentro di me ora ho questa missione, fare bene con la Roma ed aprire i miei orizzonti. Non ci penso ad un altro anno, ma non ci pensavo nemmeno quando ho lasciato Cagliari. Non avevo smesso perché mi sentissi scarico. Dentro di me il fuoco c'è sempre, ma volevo vedere il mondo". É forse in questa risposta che si rintraccia maggiormente la sincerità dell'allenatore che alla Roma non ha mai detto di no.
Dovbyk deve crescere nella cattiveria e nella determinazione, è un ragazzo molto sensibile, ma comunque lasciamolo in pace, con i gol arriverà la fiducia. Un Pichichi della Liga che attraversa un periodo complicato nei suoi primi mesi in una nuova realtà, con tutto il contesto legato alle vicende vissute dal club, non può portare a svalutare così rapidamente un calciatore con del potenziale importante.
Poi la felicità che sarebbe legata a 2-3 innesti dal mercato, e il suo non volersi sbilanciare sui nomi di Allegri, Gasperini o addirittura Ancelotti, usciti nel toto allenatore per la panchina del prossimo anno. La chiusura dell'intervista è invece su Francesco Totti e l'annale speranza di molti tifosi di rivederlo in società. "Devo capire che cosa può e vuole fare Francesco, arriverà il giorno che glielo chiederò. Al Milan Maldini è stato preso in considerazione, ma ora c'è Ibra e non penso possano coesistere. Poi c'è Del Piero che può fare qualsiasi cosa. Noi attendiamo di capire da Francesco cosa vuole fare". Un'apertura evidente e la promessa di una chiamata che suona quasi come un avviso a prepararsi per il futuro.