Claudio Ranieri sul futuro da allenatore, De Rossi, Mourinho e il rimpianto 2010
Niente da dire sulla tentazione Roma, ma tanto altro sulla sua carriera da allenatore che, stando a quanto accaduto solo qualche mese fa, con il commovente saluto a Cagliari, sembrava terminata in modo definitivo. Claudio Ranieri, intervistato sulle colonne del Corriere della Sera da Alessandro Bocci, ha toccato molti temi nella chiacchierata con il giornalista, dall'inizio a Catanzaro al miracolo Leicester, passando per il nomignolo Tinkerman fino ai pensieri su Daniele De Rossi e gli aneddoti su José Mourinho.
Leggere le righe di chi, con un plebiscito, è riconosciuto come un signore del calcio in diversi paesi, è sempre stimolante. Soprattutto con il gigantesco problema allenatore che avvolge la Roma e i suoi tifosi, in parte segretamente convinti che riabbracciare il tecnico di sempre nei momenti di difficoltà non sia mai una cattiva idea.
Sul futuro: "Confesso che ho voglia di rimettermi in discussione anche se ho già detto di no a più di una proposta. Vediamo se arriva la chiamata di una Nazionale. Non quella italiana: ho la massima fiducia in Spalletti".
Sarebbe curioso capire quali sono state tali squadre, se tra loro si rintraccia un approccio preventivo della Roma in caso di mancato risultato stasera contro il Torino e quali, ancora, sarebbero le Nazionali capaci di stimolare il palato di Claudio Ranieri.
Su De Rossi allenatore: "Non me lo sarei immaginato. È un mestiere particolare. La prima dote che serve è la pazienza. Mi spiace che lo abbiano esonerato, aveva avviato un progetto".
Lui che l'ha conosciuto a lungo e profondamente non se lo sarebbe immaginato, al contrario di quanto invece credevano molti romanisti al di fuori dell'ambiente. De Rossi è diventato allenatore poco dopo il suo ritiro ed è quasi subito riuscito ad arrivare sulla panchina della Roma, prima che la scelta della dirigenza, con una scelta disapporvata da tanti, lo allontanasse dalla stessa. In queste settimane nella Capitale si è vociferato della remota ipotesi di rivederli insieme in giallorosso, un'immagine che stimola, una speranza romantica che comunque resta molto lontana dalla realtà.
Il quasi-Scudetto del 2010 come cruccio della sua carriera: "Sino a un certo punto. Sono pratico e fatalista. È vero che, per come si erano messe le cose, potevamo farcela. Però nessuno ricorda mai che sono arrivato a campionato iniziato e ho fatto più punti dell’Inter. Eravamo in testa, ma abbiamo perso in casa 2-1 con la Samp, una partita che doveva finire 3-0. Il calcio è così. Della Roma mi resta il cuore gonfio della mia gioia di essere romanista".
Vincere uno Scudetto a Roma, da romanista, sarebbe stata per Ranieri probabilmente una gioia più grande di quella regalata al mondo inglese (e non solo) con il Leicester. Il clamoroso cammino nel 2010, vanificato dall'assurda sconfitta allo Stadio Olimpico con la Sampdoria, è comunque ricordato con orgoglio dal tecnico capitolino.
E su Mourinho: "Mi diceva che ero vecchio e che non parlavo l’inglese. Per la verità, oltre all’inglese, parlo anche francese e spagnolo, le lingue dei Paesi in cui ho allenato. Ma quando sono andato all’Inter siamo diventati amici. Non so come sia successo, forse gli hanno raccontato come ero e come allenavo. Così quando mi hanno mandato via dal Leicester, lui che era al Manchester United, si è presentato in sala stampa indossando una maglietta con le mie iniziali: C.R."
Prima gli scontri dialettici a distanza nelle versioni prime di entrambi. Il Mourinho nerazzurro, accentratore di polemiche ed emblema della rivoluzione comunicativa, e il Ranieri giallorosso che competeva con l'Inter per lo Scudetto. Una carriera da avversari condivisa tra Italia e Inghilterra, con il rispetto emerso pubblicamente quando Sir Claudio fu esonerato dal Leicester nella stagione successiva al trionfo in Premier League.