Da cane malato a jolly che vede calcio: Fiorentina-Roma e l'emancipazione di Bove

La generosità è soltanto una parte del suo profilo: Palladino e la Fiorentina si godono Bove
Bove
Bove / Image Photo Agency/GettyImages
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Già in passato si sono spese parole sulla traiettoria di Edoardo Bove e sulla capacità di comprendere, con contorni sempre più chiari, quale sia l'identità calcistica del classe 2002 di scuola Roma: le definizioni rischiano spesso, questo caso ce lo dimostra, di risultare ingenerose o fin troppo piatte per esaurire il discorso, per dare un quadro effettivo del repertorio e delle caratteristiche di un giovane (che, in quanto tale, deve ancora raccontare tanto). Il tema della continuità diventa dunque cruciale, persino necessario, per emanciparsi dai processi più creativi, dalle suggestioni, per approdare a valutazioni fatte con maggiore cognizione di causa, con l'ausilio di un minutaggio in crescita e di una fiducia finalmente solida.

Da "cane malato" a "vede calcio"

Possiamo dunque sottolineare due aspetti cruciali nella comprensione di Bove: l'etichetta di jolly, nel suo caso, non è abusata ed è uno specchio effettivo di quanto accade nella pratica. Palladino per primo, un tecnico che fa della versatilità dei suoi calciatori un punto cruciale, ha sottolineato come Bove possa agire in più ruoli: nel prepartita della sfida col San Gallo l'allenatore ha spiegato come l'ex giallorosso possa giocare "sotto punta, da esterno o anche abbassarsi e fare il centrocampista" nel 4-2-3-1 che la Fiorentina sta attualmente utilizzando con continuità. Il tema della duttilità è stato poi ripercorso dallo stesso Palladino anche nel postpartita, introducendo però anche l'altro aspetto meritevole di attenzione: "Sono felice che Bove stia facendo bene. Chi capisce di calcio vede il grande lavoro che fa. È il nostro jolly, potrebbe giocare ovunque, è intelligente e anche molto maturo. Vede calcio" ha detto l'allenatore gigliato a Sky Sport.

Detto, dunque, della possibilità di utilizzarlo efficacemente in più ruoli - fattore chiave per stregare Palladino - si sposta il livello del discorso e si va proprio a toccare la definizione stessa di Bove, a sciogliere i dubbi su "che calciatore sia". L'abisso apparente tra il "cane malato" con cui lo definì Mourinho e il "vede calcio" pronunciato da Palladino è, in realtà, una sintesi. Basti pensare, del resto, al calciatore che Bove sembrava poter diventare ai tempi della Primavera giallorossa: non certo un mediano tutto corsa e sacrificio ma un centrocampista dal gol e dall'assist facile, una mezzala offensiva utilizzabile anche sulla trequarti (e ancora da strutturare a livello fisico e atletico). Sia questa prima versione che quella raccontata da Mourinho, facendo leva sulla corsa e lo spirito di sacrificio, raccontavano una storia parziale che - adesso - sembra davvero in procinto di completarsi, di trovare una struttura più chiara.

Partire per scoprire se stessi

Palladino si è voluto staccare dall'etichetta di Bove come calciatore semplicemente "generoso" e di corsa, sottolineando a più riprese la sua intelligenza tattica, la capacità di rivelarsi utile in entrambe le fasi non solo con l'arma dell'abnegazione e della foga agonistica ma, ancor di più, con letture intelligenti e movimenti mai casuali, mai azzardati, come segno di maturità. In pochi del resto, almeno a priori, avrebbero potuto immaginare un Bove utilizzato come esterno alto a sinistra nel 4-2-3-1: una soluzione emersa a partita in corso contro la Lazio che, per Palladino, è diventata poi una costante e che si ripeterà verosimilmente anche stasera, proprio contro la Roma a cui Bove resta (anche concretamente, almeno in attesa del riscatto viola) legato.

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Mourinho e Bove / ODD ANDERSEN/GettyImages

Una Roma che rischia di vivere l'incrocio col classe 2002 alla stregua di un rimpianto, come dimostra del resto l'affetto immutato da parte della piazza giallorossa, dimostrato quotidianamente via social: il rimpianto, chiaramente, è quello di assistere all'affermazione di un prodotto del vivaio che - proprio spostandosi da casa - scopre realmente cosa può dare, trova quella fiducia e quella continuità tanto attese con Mourinho e con De Rossi. Bove si emancipa intanto dai soprannomi riduttivi e dal profilo scomodo di "promessa", scopre una propria identità paradossalmente proprio allontanandosi da quello che - da sempre - è stato il suo mondo.