Dal gioco di Thiago Motta alle grida di Tudor: la Juve e un racconto di superficie

Thiago Motta
Thiago Motta / Nicolò Campo/GettyImages
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"Bella, tosta e ambiziosa", così Tuttosport definiva la Juventus di Thiago Motta all'alba della nuova era bianconera, provando a proiettarsi sull'arrivo alla Continassa del tecnico in grado di portare il Bologna in Champions League e di realizzare una vera e propria impresa alla guida dei rossoblù. Una narrazione che si legava senz'altro alle grandi cose realizzate da quel Bologna, sul fronte del gioco e dei risultati, ma che traeva spunto ancor di più dalla volontà di distaccarsi da Massimiliano Allegri e da un totale rigetto del mondo bianconero rispetto all'approccio "speculativo" del tecnico livornese, al suo pragmatismo lontano da qualsiasi alone da guru, dalla ricerca estetica, da qualsiasi tendenza al "giochismo".

Da salvatore a capro espiatorio

Thiago Motta in questo senso appariva come un rinnovato slancio verso il futuro della Juventus, probabilmente non un ribaltone dall'impronta giochista (o dal richiamo europeo, come da racconto dell'epoca) associabile a quello varato con Sarri a suo tempo, ma sempre una svolta e un cambio di paradigma. Vincere come unica cosa che conta, sì, ma percorrendo una strada diversa e in grado di portare maggiore entusiasmo rispetto all'era targata Allegri. L'arrivo di Thiago Motta si legava a un percorso di ampio respiro, con la qualificazione alla Champions League come imperativo ma con l'obiettivo - al contempo - di ottimizzare quel percorso "sostenibile" già avviato.

Thiago Motta
Genoa CFC v Bologna FC - Serie A TIM / Image Photo Agency/GettyImages

La fiducia concreta dell'ex tecnico del Bologna nei confronti dei giovani (emblematici i casi di Mbangula e di Savona) lasciava immaginare proprio il lato migliore di questa crescita sostenibile, di risultati in grado di andare di pari passo con un ringiovanimento della rosa e con un abbattimento del monte ingaggi. Quel che emerge in modo lampante, però, è lo spazio abissale che separa le intenzioni (e le prime impressioni) da ciò che emerge a lungo termine, da un richiamo costante a un DNA vincente da parte della piazza, dal continuo riferimento alla juventinità urlato sui quotidiani come fantasiosa cura di fronte ai risultati insoddisfacenti. Ancora una volta la Juve inciampa quando prova a trovare un'immagine diversa, cedendo all'inesorabile richiamo (puramente mediatico) della gloria passata, della "mentalità vincente" e delle suddette questioni di DNA come cura di tutti i mali.

Corto circuito: il racconto non cambia

Il corto circuito è la conseguenza diretta di un simile distacco, una lezione che a quanto pare non sposta di molto il racconto dell'attualità bianconera: un capro espiatorio (prima Allegri e poi Motta) con un potenziale intervento salvifico (prima Motta, ora Tudor) in grado di rimettere in piedi le cose. Cambiano le parole ma non cambia la sostanza: con l'arrivo di Thiago Motta ci si riferiva al pressing, al maggiore possesso, all'atteggiamento più votato al dominio del gioco come antidoti rispetto all'era allegriana, adesso ci si riferisce alle prime ore di Tudor come tecnico della Juve esaltandone l'atteggiamento "energico". Si rimarca, ancora una volta, il distacco tra chi c'era prima (definito ai limiti del dilettantismo, quasi come un interprete improvvisato del ruolo dopo averlo santificato) e chi arriva dopo, ritenuto portatore di principi, valori e qualità del tutto salvifiche per le sorti bianconere.

Igor Tudor
FC Internazionale v SS Lazio - Serie A TIM / Image Photo Agency/GettyImages

Citando sempre Tuttosport: "dal motta compassato all'energia, ai confronti, alle grida di Tudor: che scossa per la Juve". Ancora una scossa, ancora una soluzione risolutiva, ancora un racconto basato esclusivamente su impressioni di superficie, prive di una sostanza che parli di campo e che si distacchi dalla mera volontà mediatica di dividere tra buoni e cattivi (con nuovi capri espiatori e nuovi salvatori pronti a subentrare nell'arco di pochi mesi). In questo senso si pongono i richiami all'equilibrio da parte dei colleghi tecnici, di Inzaghi, Gasperini e Sarri pronti a esprimere solidarietà a Thiago Motta dopo l'esonero, distaccandosi dalla logica del tecnico come male assoluto e dall'idea di facili ricette da tramutare prontamente in titoli. L'aspetto più lampante dell'intera trattazione mediatica del cambio bianconero in panchina è la sua natura ciclica: chi viene dipinto oggi come intervento provvidenziale sarà, un domani, l'ideale bersaglio a cui mirare. E così via.

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