Equilibri che cambiano nel calcio italiano e possibile ricandidatura: parla Gravina

Le parole del presidente della FIGC che mette in guardia da veleni e battaglie personali
Gravina
Gravina / Claudio Villa/GettyImages
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Cambiamenti in vista a livello istituzionale e organizzativo per l'assetto del calcio italiano, equilibri che si modificano e che caratterizzeranno la Serie A in futuro: Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha parlato al Corriere dello Sport delle modifiche dello statuto, dei rapporti tra FIGC e Lega e degli scontri emersi in questo senso. Queste le sue dichiarazioni:

La possibile ricandidatura: "Scioglierò la riserva tra qualche giorno, ma non deciderò da solo. Lo farò con le componenti del calcio italiano. Un federatore non può autocandidarsi, se non verifica il consenso attorno alla sua capacità di rappresentare una guida per il movimento".

Le modifiche allo statuto: "È un segnale importante, che ho molto apprezzato. Ma riguardava le regole. Adesso la verifica si sposta sulla leadership".

La posizione della Serie A: "Quelle astensioni provano che la maggior parte delle società ha compreso lo sforzo fatto per valorizzare il peso della Lega di A, e quindi è una presa di distanza rispetto a chi ha tentato di forzare la mano, in un’ottica non costruttiva ma esclusivamente oppositiva".

Rivoluzione in vista? "È una rivoluzione. C’è da prepararsi a cambiare diventando al tempo stesso più autonomi e più responsabili. Vuol dire per esempio che l’autonomia delle Leghe nell’organizzare i campionati diventa piena e non più demandata dalla Figc. Ogni Lega potrà inserire playoff e playout senza dover dare conto alle altre Leghe e alla Federazione. Per le retrocessioni e promozioni deve raggiungere un’intesa con la Lega o le Leghe su cui la decisione impatta, e poi il Consiglio federale delibera con la maggioranza dei tre-quarti, sentito il parere delle componenti tecniche".

Il ruolo della FIGC: "Un organo di garanzia e di coordinamento. Questo diventerà la Federazione, rinunciando a gestire in proprio. Ma soprattutto, nei confronti della Lega di A, rinunciando a decidere d’autorità... Vuol dire, per esempio, che le norme che riguardano specificamente la serie A sono emanate solo d’intesa con la medesima Lega. Si chiama “intesa forte” e si sostanzia in una paritaria codeterminazione nel contenuto dell’atto tra Federazione e Lega".

Scontro tra le parti: "La verità è che, in questi mesi di confronto, di fronte a significative aperture della Federazione, che pure in assemblea la maggioranza dei club di A hanno dimostrato di apprezzare, è stato ogni volta rivendicato qualcosa di più dal presidente Casini, andando in alcune occasioni oltre la ragionevolezza. Con la conseguenza, evidentissima, di mortificare le altre componenti".

Rapporto tra professionismo e dilettantismo: "Il calcio professionistico è il vertice della piramide, tanto più stretto quanto più posto in alto, quello volontaristico è la base, tanto più larga quanto più situata in basso. Se i pochi finissero per contare più dei molti, il calcio non sarebbe più il simbolo della sussidiarietà e dell’autogoverno degli sportivi, ma solo la giungla dei più forti. In Inghilterra la Premier vale appena il 6 per cento e i dilettanti il 67. In Francia i professionisti insieme contano il 37 e i dilettanti il 63. Non molto diversi sono i rapporti in Germania e Spagna. Sarebbe paradossale che, dopo aver riconosciuto in Costituzione il valore civile e sociale dello Sport, lo tradissimo così apertamente".

Il rischio di veleni e battaglie personali: "Alludo a un modo di fare politica federale fuori da qualunque codice di fair play. Dove l’avversario può diventare bersaglio di infamie, anche con la complicità di alcuni operatori della comunicazione. Si è rischiato di trasformare la nostra comunità in una giungla del sospetto e dei veleni... La magistratura farà piena luce, ma restano l’amarezza e la necessità di vigilare. Perché ciò che abbiamo visto e subìto non accada mai più".

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