Fiorentina tra le big della Serie A? Perché crederci e perché essere prudenti
Ci sono piazze calcistiche in cui, per desiderio troppo spesso frustrato di tornare grandi, diventa complesso esercitare l'arte dell'equilibrio, nel bene come nel male: una realtà spesso divisa a priori come quella della Fiorentina - prodiga di spaccature interne e persa nel borbottio come condizione basilare - si trova oggi alle prese con un entusiasmo inatteso, quasi paradossale rispetto a certe avvisaglie estive. Le ragioni di questo spirito ritrovato sono sotto gli occhi di tutti e hanno la forma di una classifica del tutto distante, in positivo, da quel che si poteva supporre dopo le prime giornate: la svolta impressa da Palladino - col passaggio al 4-2-3-1 come crocevia - ha spinto i viola in posizioni di classifica da tempo inedite, con una striscia positiva impressionante in campionato dopo quattro giornate prive di vittorie.
Sei vittorie consecutive, i tre punti ottenuti contro big come Lazio, Milan e Roma, il rilancio di tanti outsider divenuti protagonisti: i fattori che accompagnano la classifica da sogno hanno sicuramente in sé delle basi per un futuro roseo, qualcosa che non sia solo estemporaneo. Si diceva però del necessario equilibrio e della tendenza a spingersi troppo in là con la fantasia: i meno giovani, nel contesto viola, sanno bene quanto - in passato - i sogni di grandezza si siano tramutati in cocenti disillusioni, in cali repentini quando tutto sembrava andare per il verso giusto.
Anche allontanandosi dal tema drammatico delle tre finali perse in due anni, infatti riscopriamo un passato (con Sousa o ancor più indietro con Trapattoni) in cui i viola si sono trovati a spiegare le ali per poi trovarsele tarpate, per infortuni, sessioni di mercato deludenti e brusche involuzioni. Spostandosi dai ricordi al presente possiamo dunque interrogarci sui motivi per cui credere a una Fiorentina proiettata stabilmente tra le big, in zona Champions, e quelli per cui supporre una "normalizzazione" della classifica viola, un epilogo più in linea con le prospettive iniziali e col monte ingaggi (indicativamente tra il sesto e il settimo posto, per andare nel concreto).
Perché crederci
Partiamo dalle ragioni per cui immaginare una permanenza nelle posizioni più nobili: il rilancio di elementi frustrati e persino sottovalutati nel recente passato è una chiave di lettura fondamentale, con la fiducia come filo conduttore. Si parla di un asse portante fatto da De Gea, Adli e Kean, con Bove come ulteriore tassello: un gruppo di outsider o talenti "dimenticati" che ha tutta la voglia di prendersi (o riprendersi) il proprio spazio ad alto livello, come leader e non più come meri comprimari. Si cita spesso quanto contino un portiere e un centravanti di livello nelle sorti di una squadra: in questo senso De Gea e Kean hanno riconsegnato ai viola certezze da tempo dimenticate, dando fiducia all'intero gruppo e a Palladino, come risorse in grado di risolvere anche le sfide più tirate e complesse.
Un aspetto spesso mancato nel recente passato, in una Fiorentina - quella di Italiano - condannata a "dominare il gioco" per poter raccogliere qualcosa, spesso poco cinica. Un altro tema che porta con sé una buona dose di ottimismo è quello del gruppo coeso, un aspetto ribadito spesso anche da Palladino e dai vari protagonisti della rosa: nonostante i tanti nuovi arrivi e gli addii pesanti, infatti, sembra già prospettarsi un nucleo di leader e di riferimenti saldi (De Gea e Gosens, tra i nuovi, possono rappresentare due esempi efficaci in questo senso). Altro fattore incoraggiante riguarda la capacità viola di sopperire all'assenza di un Gudmundsson che, sulla carta, appare come l'elemento dalla maggior caratura tecnica del gruppo: Beltran ha saputo sostituirlo al meglio, dimostrando di poter occupare il ruolo di trequartista con qualità e applicazione.
Perché coltivare prudenza
Passiamo invece al rovescio della medaglia, agli spunti che inducono a essere prudenti: innanzitutto c'è il tema delle seconde linee, pensando innanzitutto all'assenza di un vero e proprio vice-Kean che sappia svolgere lo stesso lavoro di quest'ultimo. Né Kouamé né Beltran, per motivi diversi, possono rappresentare il terminale offensivo ideale per il 4-2-3-1 viola: a gennaio, probabilmente, servirà intervenire acquistando un'alternativa che possa far rifiatare Kean e che lo sostituisca quando necessario. Anche sugli esterni, sempre nel reparto avanzato, i viola hanno trovato un equilibrio con Bove "adattato" a sinistra e Colpani dalla parte opposta: Sottil e Ikoné appaiono spesso discontinui e, pur in crescita, lasciano qualche incognita agli occhi di tanti.
Sullo sfondo c'è poi la possibilità quasi inesorabile di un ritorno delle squadre che attualmente i viola hanno alle loro spalle: Juventus e Milan sono destinate a crescere, Inter e Napoli difficilmente lasceranno margini per un calo, l'Atalanta dal canto proprio è ormai una realtà stabilmente inserita tra le prime quattro. Lo scenario più verosimile, per i viola, è quello di potersi giocare con la Lazio il ruolo di reale sorpresa di questa Serie A, cercando di mettere in cassaforte una qualificazione all'Europa League e sognando di poter lottare fino alla fine per inserirsi in ottica quarto posto, non come obiettivo in senso stretto ma appunto come piacevole utopia.