Gli ultimi 10 anni di Thomas Tuchel
Cosa significa essere Thomas Tuchel in questi giorni è davvero difficile da spiegare. Un uomo scelto al comando di una Nazionale per quale più passano gli anni più aumenta la consapevolezza di poter vincere, più crescono nuovi calciatori più aumenta il talento a disposizione. Dopo l'addio di Gareth Southgate la federazione dell'Inghilterra si è presa un momento di riflessione sulla scelta del nuovo CT. Ha atteso mesi, prima che la sconfitta a Wembley contro la Grecia accelerasse una decisione inevitabile.
Aspettare di conoscere la volontà di Pep Guardiola il prossimo giugno avrebbe sprecato troppo tempo, affidarsi nuovamente a un inglese emergente sarebbe stato un rischio forse troppo alto. Ecco quindi la scelta dal mercato svincolati. Thomas Tuchel, il terzo allenatore straniero della storia inglese dopo Sven-Goran Eriksson (svedese, 2001-06) e Fabio Capello (italiano, 2007-12). Un altro tentativo, per certi versi impopolare in patria, di non disperdere il talento della contemporaneità come accaduto in passato, affidandolo a uno dei migliori disponibili sul mercato.
Nonostante i tanti traguardi raggiunti però Thomas Tuchel non vanta un grande riconoscimento, quello status che dovrebbe appartenere a chi ha vinto la Champions League in tempi recenti con una squadra tutt'altro che favorita, allo steso che ha trionfato sia in Bundesliga che Ligue 1. Proviamo a raccontare i punti salienti dell'ultima decade dell'allenatore tedesco.
Qual è la dimensione di Tuchel?
Che sia sottovalutato dall'opinione pubblica è una nostra idea, banalmente derivata da discussioni e conversazioni da bar. Che non piaccia per lo stile di gioco espresso o per quello comunicativo è un'altra ipotesi che si avvicina in misura maggiore alla realtà. Tuttavia c'è stato un periodo, ormai considerato (erroneamente) lontano, nel quale Tuchel si assicurava il salto di qualità da allenatore emergente ad allenatore di spicco, venendo globlamente apprezzato.
5 anni al Mainz nel Purgatorio di metà classifica, con il periodo più positivo alla sua seconda stagione: un 5° posto che rappresenta ancora il miglior piazzamento nella storia del club tedesco. Quanto basta per lasciare un ricordo positivo dove aveva piazzato le sue prime orme anche Jurgen Klopp. Poi il passaggio al Borussia Dortmund per esserne il vero erede, la vittoria in DFB-Pokal al suo secondo anno e quell'addio in direzione Parigi per impennare subito la sua carriera (la fatica del club giallonero per tornare competitivo è durata più di un paio di stagioni, fino all'arrivo di Edin Terzic).
È a Parigi, dove hanno fallito in molti, che riesce a farsi notare. Vince due campionati consecutivi con il PSG, prassi in Ligue 1, ma riesce dove nessuno è ancora riuscito ad eguagliarlo. Al termine della particolare stagione 2019-20 (quella caratterizzata dalla Pandemia da Covid-19) conquista una storica Finale di Champions League. Perde solo 1-0 contro un Bayern Monaco praticamente impossibile da superare e arriva a un passo da quel titolo che nemmeno con il tridente Messi-Mbappé-Neymar il club francese è riuscito a conquistare. Quando si separa dal PSG, a metà stagione 2020-21, è in seguito a divergenze forti con la proprietà che avevano poco a che fare con i risultati sul campo. L'evidenza di una decisione folle del club parigino la mostra a tutti il Chelsea solo qualche settimana più tardi.
Trascorre poco più di un mese tra l'ultima con il PSG e la prima con i blues, e in brevissimo tempo riesce in ciò che forse non è mai riuscito a nessuno dal 2007 ad oggi. Diventa l'incubo di Pep Guardiola. Lo batte in Premier League, in Semifinale di FA Cup e soprattutto in Finale di Champions League nel giro un mese e mezzo. Vince sempre di misura e riporta a Londra il più importante titolo europeo 9 anni dopo l'ultima volta. Due finali di Champions in un anno, di cui una vinta dopo essere subentrato a metà stagione contro l'allenatore più forte al mondo. Vince il premio di miglior allenatore 2020-21 e l'anno successivo prova a ripetersi, ma deve confrontarsi con uno straripante Karim Benzema e con la mistica del Santiago Bernabeu in Champions League.
Inizia la terza stagione a Londra, ma il rapporto con i blues si interrompe poco dopo e lo lascia senza squadra fino a fine marzo 2023, un periodo singolare per cambiare un tecnico. A Monaco di Baviera matura a sorpresa questa decisione: è lui il sostituto di Nagelsmann per provare a passare il turno in Champions proprio contro il City di Guardiola e a recuperare in Bundesliga sul Borussia Dortmund. Fallisce nel primo intento, riesce nel secondo trionfando in uno dei campionati tedeschi più iconici della storia: quello del suicidio sportivo dei gialloneri e del guizzo all'ultimo respiro di Jamal Musiala.
Un altro anno in Baviera è scontato, ma coincide con il dominio del Bayer Leverkusen di Xabi Alonso. Un'annata nella quale il Bayern Monaco deve arrendersi e interrompere la striscia di successi in Bundesliga, deve accettare che altri club sono riusciti a colmare il divario che l'aveva visto dominare nell'ultimo decennio.
La classifica ESPN e la posizione di Tuchel
Una classifica che ha ormai qualche mese di vita e che aveva fatto saltare dalla sedia molti appassionati, in disaccordo su diverse scelte. Un ranking dal quale sono stati esclusi gli allenatori delle Nazionali, quelli subentrati a stagione in corso e infine quelli senza lavoro da due o più anni. Determinato da punteggi in cinque categorie, con il massimo di 20 per ognuna e il totale irraggiungibile di 100; lo Stile, la Gestione dei calciatori, i Successi e risultati, la Comunicazione il Fattore X.
Thomas Tuchel occupa il 12° posto nella classfica dei migliori allenatori ESPN della stagione 2023-24. Una posizione che, anche in un'annata negativa, restituisce il valore del tecnico tedesco, preceduto dai seguenti nomi.
- Guardiola
- Ancelotti
- Klopp
- Arteta
- Xabi Alonso
- Luis Enrique
- InzaghI
- Gasperini
- Pochettino
- Valverde
- Thiago Motta
- Tuchel
Come valore assoluto, considerando l'ultima decade non si può, a nostro parere, evitare di metterlo in Top 5. I successi raggiunti in Europa (due finali di Champions a un anno di distanza) uniti alla capacità di imporsi in breve tempo in qualunque Top Club gli si affidi non possono essere banalizzati. Sono tanti i tecnici che anche nel recente passato hanno fallito il salto di qualità. Tuchel non l'ha solo compiuto calcando inizialmente le orme ingombranti di Jurgen Klopp, ma ha anche dimostrato di poter ancora competere ancora ai massimi livelli. Della precedente stagione tutti ricordano subito l'ennesima vittoria del Real Madrid di Ancelotti in Champions League, mentre serve qualche secondo in più per recuperare il percorso e in particolare le enormi difficoltà patite contro il Bayern Monaco e quel finale polemico e caotico al Santiago Bernabeu.
A 51 anni il tecnico tedesco ha scelto di compiere uno step oltre, abbandonando il lavoro con i club per concentrarsi su una delle Nazionali più forti al mondo. Una scelta che abbiamo finora sempre considerato quasi di non ritorno, con il rischio che la decisione della federazione inglese, questa volta più di altre, possa influenzare anche quelle di altre federazioni. L'Inghilterra ha, almeno sulla carta, colmato l'ultima lacuna; ora toccherà a Tuchel, che nei tornei a eliminazione diretta ha spesso entusiasmato, dimostrare di saper incidere anche nella gestione di un calcio completamente diverso.