I tre anni in viola, le ambizioni del Bologna e il futuro: Italiano si racconta

Vincenzo Italiano
Vincenzo Italiano / Image Photo Agency/GettyImages
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Se il Bologna sta confermando l'ottimo rendimento della passata stagione, lottando ancora per un posto in Champions, il merito è soprattutto di Vincenzo Italiano. Nell'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, il tecnico ha spiegato la ragione che l'ha portato ad accettare un incarico così delicati, prendendosi la responsabilità di ereditare il lavoro di Thiago Motta. Inoltre, Italiano ha ripercorso i tre anni sulla panchina della Fiorentina e ha parlato del proprio futuro.

Sull'ultimo gol nel 5-0 alla Lazio:
È stata la sintesi di un gruppo che rema tutto dalla stessa parte. Che è tutto coinvolto, in un’azione portata avanti da tre giocatori nuovi su quattro. Di un gruppo che, chi gioca e chi no, è unito, ed è un segnale molto, molto bello per cercare in questo finale di stagione perché abbiamo una serie di partite una più tosta dell’altra, dal campionato alla semifinale di Coppa Italia".

Sulla decisione di accettare il Bologna dopo l'addio di Motta:
"Tanti mi davano del pazzo perché, negli anni, dopo situazioni come questa a Bologna spesso si sono verificate annate... insoddisfacenti. Tutti pensavano che sarebbe stata una 'Missione Impossibile': ecco, proprio questo c’era scritto sui messaggi che ricevevo. Questa era la panca più bollente dell’universo. Cosa rispondevo? Io dopo aver parlato con tutti i componenti della società mi sono tranquillizzato. Sapevo delle eventuali difficoltà come è realmente successo, ma scortato da compagni di viaggio che potevano darmi una grossa mano per non fare troppi... danni".

L'addio alla Fiorentina:
“I tre anni di Firenze sono un po’ macchiati da quelle finali, ma tanti sanno quali e quante cose sono passate in quel tragitto. Chiaro che perdendole qualcosa viene offuscato, ma sono stati tre anni fantastici. Chiaro che l’allenatore è giudicato dai risultati, ma quel che mi hanno chiesto ho dato, anzi forse di più. Per me il percorso conta tanto: qua sembra che sia più bravo chi esce agli ottavi e chi invece perde le finali è una capra. No no... Certamente meritavamo di alzare anche solo una coppa”.

Quanto pensi a una finale in Coppa Italia?
"Ci penso. Intanto bisogna vincere la semifinale e non sarà semplice: l’Empoli ha battuto tutte squadre fuori casa; io non ho mai vinto là, né in A né in B. Sono 180’ e vanno giocati. Detto ciò, pensare di poter portare 30-35 mila bolognesi a Roma e al primo anno qui per me sarebbe un sogno che tutti abbiamo, un qualcosa di impagabile".

Sulla sua filosofia di calcio:
"Il calcio è come un albero di arance. Seminare è più semplice che raccogliere e la raccolta si traduce in obiettivi: Coppa Italia, semifinale e magari finale; e in campionato cercando di puntare al massimo. A seminare ci abbiamo messo un secondo, ma per vedere i frutti dipende dal clima, dall’acqua, dagli insetti, dal sole, dalle piogge. Ora la parola chiave sarà umiltà".

Sul suo futuro:
"Con onestà devo dire che non si è ancora discusso di niente. Ma c’è tutta la mia disponibilità per il rinnovo. Io devo parlare di crescita di squadra. Una crescita che porta Orsolini in doppia cifra per il terzo anno, Ndoye ha lavorato tutti i giorni per arrivare a fare 7 gol, ma anche i giovani: Castro, Dominguez, Fabbian, ragazzi con qualità e carattere. Crescere vuol dire essere stimati dal gruppo. Sono stati bravi loro: c’è il lavoro dell’allenatore, ma anche la loro disponibilità".


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