Il 'progetto Milan' e le parole di Cardinale, Furlani, Ibra e Moncada
Sono stati e continuano a essere giorni delicati per il Milan di Paulo Fonseca, invischiato in un'emergenza infortuni che complica ancor di più i pensieri di rimonta in Serie A. La contestazione dei tifosi sta emergendo in maniera evidente, provando a indicare la via della cessione all'attuale patron Gerry Cardinale.
È in questo difficile contesto che l'Harvard Business School ha pubblicato uno studio di 24 pagine nel quale si analizza il progetto Milan dall'arrivo della nuova gestione statunitense RedBird. Un testo nel quale è possibile rintracciare le parole di quasi tutti i protagonisti dell'attuale proprietà e dirigenza rossonera.
I tanti temi affrontati da Cardinale
Una stoccata all'Inter e la volontà di introdurre nuovi elementi americani, non di americanizzare il club."Vincere campionati è un obiettivo importante ma bisogna farlo con intelligenza. L’Inter ha vinto lo scudetto l’anno scorso e poi è andata in bancarotta" (con riferimento a Steven Zhang) - e ancora - "Non sto cercando di americanizzare il club, sto cercando di introdurre elementi americani che possano aiutare a portarlo al livello successivo".
La cessione di Sandro Tonali presentata come un'opportunità unica per le finanze e la possibilità di rinnovare parte della rosa. "Non lo abbiamo venduto perché ne avevamo bisogno ma perché abbiamo ricevuto un'ottima offerta: abbiamo incassato 70 milioni più un earn-out di 10 milioni, la cifra più alta di sempre in Serie A. E grazie a quella cifra abbiamo acquistato sei giocatori rinnovando la squadra. Non vendiamo per necessità, vendiamo per opportunismo"
Poi l'ormai annale questione relativa al nuovo stadio o alla ristrutturazione di San Siro. "Possiamo ristrutturare San Siro o costruirne uno nuovo, per la cifra che spenderemmo nel primo caso potremmo probabilmente fare un impianto moderno che rifletta lo status attuale dei club come società di intrattenimento per eventi dal vivo. Ma costruire stadi in Italia è una sfida".
I ragionamenti riguardanti l'investimento Milan e la volontà di chiarire l'errore di pensare che spendere troppo per schierare una squadra di stelle sia linearmente correlato alla vittoria. "Quando abbiamo acquistato il Milan molti proprietari di squadre sportive americane mi hanno chiamato per dirmi: ‘Sei pazzo’. Mi hanno detto che ‘Non puoi fare affari in Italia’ e ‘È impossibile fare soldi nel calcio europeo’. La maggior parte di coloro che investono in società sportive lo fanno perché sono coinvolti emotivamente. Mettono la vittoria dei campionati al di sopra di tutto il resto e questo spesso li porta a commettere l’errore di pensare che spendere troppo per schierare una squadra di stelle sia linearmente correlato alla vittoria, ma questa è la cosa peggiore che puoi fare come investitore. Abbiamo acquistato il Milan per una cifra che corrispondeva a 3,6 volte i ricavi del club; i nuovi proprietari del Chelsea FC l’hanno acquistato per un multiplo di sette volte i ricavi se si considera l’earn out. Ho portato con me i New York Yankees per una piccola quota di minoranza, data la nostra partnership di lunga data con loro e il nostro desiderio di portare le migliori pratiche degli sport statunitensi in Italia. Penso che il Milan abbia il potenziale per diventare un’azienda da 5 miliardi di euro"
Sullo spesso discusso ruolo di Zlatan Ibrahimovic. "La maggior parte delle persone considererebbe la sua nomina come una ‘vetrina’ o penserebbe a me come a un proprietario innamorato delle celebrità. È l’esatto contrario: sto cercando persone di livello mondiale che possano renderci migliori. Con Zlatan volevo affermare che faremo le cose in modo diverso perché c’è una legittima necessità di innovazione nel gestire meglio queste risorse. Quindi l’ho assunto per RedBird come operating partner e come senior advisor per la proprietà presso il Milan".
Un pensiero molto critico anche sulla stampa italiana. "Ho smesso di leggere i giornali qui, perché possono semplicemente inventarsi tutto. Vedo tutto questo come una catena di valore con diversi componenti. I tifosi fanno il loro lavoro, ma il problema è che la maggior parte degli altri componenti della catena rende più difficile per noi offrire il meglio ai tifosi. I media spesso non aiutano, e nemmeno il governo. Di recente hanno tolto i vantaggi fiscali che ricevevamo quando pagavamo i giocatori, rendendo ancora più difficile per noi competere con altri campionati. In che modo questo ci aiuta? Dovrebbero capire che il calcio è una delle più grandi esportazioni dell’Italia".
Un paragone tra l'opera di Berlusconi al Milan e quella di Steinbrenner con i New York Yankees. "Quello che Berlusconi ha fatto con il Milan mi ricorda ciò che George Steinbrenner ha fatto con i New York Yankees. Entrambi stavano 'comprando' campionati. Negli anni ’80 e ’90 era possibile farlo, ma ora non possiamo più permettercelo. Stiamo competendo con club di campionati più ricchi e non possiamo permetterci di pagare i giocatori quanto li pagano loro. Dobbiamo spendere ogni dollaro di capitale in modo più intelligente rispetto ai nostri rivali.
Furlani su Maldini e la cessione di Tonali
L'addio complicato da digerire, ma necessario per realizzare la visione di Gerry. "È stata una decisione storica quella di lasciarlo andare, per quello che ha significato per il club e per la sua autorevolezza. Ma se volevamo realizzare la visione che Gerry aveva per il club dovevamo cambiare e andare avanti".
Anche il suo pensiero sulla cessione di Sandro Tonali, destinato al tempo a diventare una bandiera del club. "Ero consapevole della volatilità che deriva dal fatto che i media e i tifosi parlano del nostro club, ma ho capito che non c’è modo di sfuggire a quello che dicono in televisione o scrivono sui giornali. Ti colpisce davvero nei giorni negativi. E poi ci sono giorni ancora peggiori, come quando ricevo minacce di morte, per esempio quando abbiamo venduto Tonali, uno dei nostri migliori giocatori. È in quei momenti che ho pensato: ‘Okay, queste cose non te le insegnano alla Harvard Business School".
Ibra sul suo ruolo e sull'incontro con Furlani
Il primo contatto con Furlani e l'eccezione alla regola di non ingaggiare ex giocatori. "Giorgio e io ci siamo incontrati per la prima volta quando è arrivato durante il periodo di Elliott. Quando è diventato CEO, ci siamo seduti per parlare e gli è piaciuto abbastanza l'incontro da incoraggiare Gerry a incontrarmi. Inizialmente Gerry ha detto che non voleva assumere ex giocatori, ma Giorgio lo ha convinto che fossi diverso. Quando si tratta di numeri, ci affidiamo a Giorgio. Quando inizia a fare i suoi calcoli, ad esempio su quali giocatori possiamo permetterci, è un mostro".
Sulla definizione del suo ruolo. "Io sono Zlatan e il mio ruolo è essere Zlatan. Ho molto da imparare, ma penso di avere anche molto da dare e volevo essere in una posizione in cui posso fare la differenza. Una delle mie responsabilità qui al Milan è far crescere la mentalità vincente della squadra, per assicurarmi che la squadra dia risultati. Dico ai giocatori: 'Quando sei qui al Milan, se ottieni risultati, puoi fare la storia'. Sono vicino alla squadra ma non troppo, sono in una posizione diversa rispetto a quando ero un giocatore insieme a molti altri che sono ancora in squadra".
Il pensiero di Moncada
Il difficile ruolo di collante tra le diversi parti e le nuove idee rossonere sul mercato."Il direttore tecnico è il collegamento tra l'allenatore, i giocatori e il resto del lato sportivo da un lato, e il lato commerciale dall'altro. Rispondo a Giorgio e parlo con lui ogni giorno, più volte al giorno. Cerco di condividere quante più informazioni possibile. Come stanno i giocatori? Di cosa abbiamo bisogno per il futuro? Quali contratti dobbiamo cambiare? Cosa possiamo migliorare nel reparto medico o nel settore giovanile? Abbiamo una squadra di dieci scout che lavorano con noi: cinque sono in Italia e cinque all'estero, e abbiamo data scientist a Casa Milan che ci aiutano a trovare giocatori con i dati. Billy Beane? Ci fa domande, ci dà idee e ci aiuta a trovare buoni giocatori con i dati di Zelus ma la decisione finale su un giocatore non si basa mai solo sui numeri. Stiamo prendendo rischi calcolati con giovani giocatori piuttosto che acquistare grandi nomi con stipendi elevati. Forse non avrai un successo immediato in questo modo, ma costruisci per il lungo termine. Reijnders giocava nel campionato olandese e siamo stati gli unici a puntare su di lui. Ti chiedi: è un grande giocatore, perché nessuno lo vuole? Siamo riusciti a prenderlo a un ottimo prezzo. E ora è titolare da noi e gioca per la sua nazionale. Altri profili sfumati? Abbiamo provato a ingaggiare Vinicius Jr. e Jude Bellingham, ma non potevamo competere con il Real Madrid. Dobbiamo accettarlo. Negli ultimi anni abbiamo portato grandi giocatori al club, e come ex scout vedo come una sfida personale l’obiettivo di prendere giocatori sottovalutati e farli performare al massimo livello".