Il tormentone che non ti aspetti e le barricate a sorpresa: dentro il caso Comuzzo
C'era un tempo in cui, pur senza il clamore dei social e i meme pronti a rimbalzare a oltranza, la dichiarazione di incedibilità di un calciatore si rendeva comunque show: l'indole cinematografica di Vittorio Cecchi Gori si manifestava dunque senza freni in uno striscione, così irrituale per un patron, in cui si poneva una pietra tombale sulle voci di un addio di Gabriel Omar Batistuta alla Fiorentina (nel 1998, prima che lo scenario mutasse e conducesse poi effettivamente al trasferimento, due anni dopo). "Batistuta è incedibile, il presidente" si leggeva dunque sulla tribuna d'onore del Franchi, messaggio che non richiedeva interpretazioni e non si prestava a dietrologie.
Da Cecchi Gori a Commisso: la richiesta implicita
Esiste una parte di tifo, a Firenze come in altri luoghi del calcio, che vede in simili prese di posizione così muscolari l'essenza stessa del senso di appartenenza: c'è chi, ancor più che per un risultato, si entusiasma dunque quando il proprietario di turno fa la voce grossa, quando il presidente - chiunque esso sia - pone un veto, mette un punto. E curiosamente, proprio per sedare quella stessa sete, i panni del campione conteso e desiderato li veste adesso un difensore centrale del 2005, un Pietro Comuzzo che - fino al suo debutto con Italiano nella scorsa stagione - era noto solo ai più attenti osservatori del panorama giovanile, lontano dal palcoscenico dei big e delle realtà affermate.
C'è qualcosa di complesso e persino di retorico attorno agli eventi legati al nome di Comuzzo, all'interesse ormai acclarato del Napoli e dal sorprendente braccio di ferro che si è venuto a creare. La sostanza delle cose e il senso pratico, soprattutto da lontano, ci porterebbe a vedere in 30 milioni di euro una cifra già abbondantemente degna e rispettabile per lasciar partire un centrale ancora inesperto, un prospetto già autore di buone prove ma ancora lontano dall'espressione di tutto il proprio potenziale. Eppure, tornando dunque all'immaginario del patron che fa la voce grossa, Firenze sembra compattarsi attorno all'idea di una permanenza al di là di tutto, al di là delle questioni economiche e di pragmatismo.
Don't touch Comuzzo: oltre i calcoli
La sfida col Genoa, vinta con grande sofferenza dai viola, ha visto il popolo gigliato prendere posizione sia con striscioni che con applausi convinti nei confronti del giovane centrale, entrato tra l'altro con personalità da veterano e capace di aiutare la squadra nella difesa del successo. Le parole di Palladino, che più di chiunque altro ha saputo dare fiducia a Comuzzo, non fanno che enfatizzare l'idillio, sottolineando come il tecnico abbia esaltato il senso di appartenenza del calciatore alla realtà fiorentina. La maturità e la professionalità del 2005, aspetti generalmente alieni per un calciatore inesperto, incontrano il proposito espresso spesso dalla proprietà: il Viola Park come risorsa per costruire in casa i campioni di domani, per produrre risorse sportive su cui puntare.
Non si tratta qui di un mero discorso tecnico, agli occhi di chi vuole evitare l'addio, ma della volontà di dar seguito ai propositi "identitari" e di non mostrarsi succubi rispetto al richiamo delle big. "I soldi non sono un problema", ritornello spesso citato per pungolare Commisso, è un motto che pone la piazza in un costante atteggiamento di sfida verso la proprietà: se non sono un problema non occorrerà cedere, neanche di fronte a un'offerta importante da parte del Napoli. Tra retorica e orgoglio, dunque, si consuma una storia di mercato difficile da prefigurarsi, un tormentone a sorpresa che - al di là del suo epilogo - racconta tanto rispetto alle attese della piazza, rispetto a certe barricate per certi versi ideologiche ma di cui occorre comunque dare conto.