La battuta sul ruolo di boss e le ambizioni di Cardinale per il Milan: parla Ibrahimovic
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La stagione del Milan è stata segnata fin qui da alti e bassi, con l'avvicendamento in panchina tra Fonseca e Conceiçao che non è bastato a ridare ai rossoneri la continuità sperata (al di là del successo ottenuto in Supercoppa Italiana). Zlatan Ibrahimovic, dirigente rossonero e stretto collaboratore di Cardinale, ha parlato del proprio ruolo all'interno del Milan, delle ambizioni della proprietà e delle critiche legate a un carattere costantemente sospeso tra l'acclarato senso della leadership e una potenziale arroganza. Questo quanto affermato da Ibra ai microfoni di GQ Italia:
La battuta sul ruolo di boss "Ho fatto una battuta, una di quelle classiche, da Ibra, no? Ma dipende sempre da con chi scherzi. Parlando con te, magari non la direi. Ma lì c’erano ex giocatori, quindi ho detto: 'Io sono il boss, e tutti lavorano per me'. La prima volta l’ho detto in un’intervista in inglese, ma aggiungendo che era una battuta. Perché poi ho anche chiarito il mio ruolo di advisor, rappresentante della proprietà, tutto il resto. Ma ovviamente, quando ero giocatore, una battuta così veniva presa in un certo modo. Ora? Ognuno la interpreta come vuole".
Critiche per il carattere e ambizioni: "C’è chi dice: 'Zlatan è arrogante'. E poi tutto viene elaborato e amplificato. Stare attento a quello che dico fa parte del cambiamento di ruolo. Prima ero un giocatore, rappresentavo me stesso. Ora rappresento qualcosa di molto più grande. Rappresento RedBird. E parlo con Gerry ogni giorno. Perché tanta gente dice: 'Cardinale è il proprietario, ma non è sempre qui'. Gerry ha tante altre cose a cui pensare, giusto? Lo dice spesso: 'Questo non è il mio lavoro di tutti i giorni'. Ma gli importa, e molto. È molto legato al Milan, vuole avere successo, il Milan è assolutamente centrale nei piani di RedBird. Vuole riportare il Milan dove merita di stare. A modo suo, con la sua visione, la sua ambizione. E noi seguiamo quella strada. Lui ha messo le persone giuste a gestire il Milan. E ti dà la responsabilità, ma in cambio vuole una cosa semplice: i risultati".
Stress e pressioni al Milan: "In questo lavoro, a Casa Milan, non ti rendi conto di essere stressato… finché non sbatti contro il muro. E quando succede, potrebbe essere troppo tardi. Per questo cerco di bilanciare tutto. Per esempio, io non ho un ufficio. Loro volevano darmene uno, ma ho scelto di no. Una scrivania non è prova di efficacia. Per me è mettere tutto l’impegno nel fare quello che serve. Stop. Che sia qui a Casa Milan o a Milanello. Come gestivo lo stress da giocatore? Se ero stressato, arrabbiato, o c’era qualcosa che non mi piaceva, andavo in palestra per due ore. Ancora oggi cerco di allenarmi ogni giorno, quando riesco. Per scaricare la rabbia, per tirare fuori l’energia. Se qualcosa non va, se qualcosa non si chiude, mi sfogo così: mi alleno, soffro in allenamento. Perché a me piace soffrire. Nella mia testa è chiaro: se vuoi arrivare in alto, devi soffrire".
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