La crescita di Mbangula come timbro sul lavoro di Thiago Motta
L'etichetta di visionario, la presunta capacità di vedere oltre ciò che appare più evidente e di compiere anche scelte impopolari, serve spesso a rimpolpare l'ego dell'allenatore di turno finché i risultati non arrivano a smentirlo ma - al contempo - è necessario, per onestà intellettuale, riconoscere a Thiago Motta una buona dose di coraggio. La volontà di osare è apparsa fin da subito la cifra distintiva del nuovo tecnico della Juventus, la primissima parte della stagione ha visto emergere come parte integrante della prima squadra elementi del tutto insospettabili come Nicolò Savona e come Samuel Mbangula.
Il coraggio di Motta
Esperimenti e scelte a sorpresa, come quelle emerse al debutto col Como e poi col Verona, che potevano apparire (e così unanimemente le si valutava) come soluzioni dettate dalle circostanze, "in attesa del mercato" o "in attesa della migliore condizioni dei big". S'immaginava che fossero semplicemente dei jolly pescati, con una certe dose di fortuna, pronti però a tornare nel mazzo dopo un exploit episodico. L'evoluzione della stagione ha fatto sì che nel caso di Savona la titolarità diventasse un'abitudine, d'altro canto la situazione di Mbangula non ha regalato un minutaggio altrettanto sorprendente ma ci pone davanti a una crescita evidente, enfatizzata ancor di più dalla prova fornita contro il Milan.
Appare fisiologico che, nel corso della prima metà di stagione, non siano mancati cali o momenti di minore impiego - data la concorrenza nel ruolo di esterno offensivo a sinistra - ma ciò che Thiago Motta ha rimarcato (anche a margine del successo sul Milan) è la disponibilità del classe 2004 belga, la sua capacità di farsi trovare sempre pronto. Il rendimento di Mbangula rappresenta da un lato un timbro evidente sul lavoro di Motta, a premiarne il coraggio e l'intuizione, d'altro canto esalta il senso stesso delle seconde squadre, il valore di una Next Gen che fornisce risorse poi spendibili come "tesoretto" ma ancor di più regala risorse tecniche a cui ricorrere per rispondere a emergenze o defezioni.
Una crescita che sorprende
Il caso di Mbangula sorprende ancor di più considerando come, prima della convocazione al debutto stagionale col Como, il suo profilo non fosse quello del predestinato in rampa di lancio: dice tanto la quantità di profili o identikit esplosa in rete dopo il suo gol contro i lariani, come a testimoniare la necessità di scoprire qualcosa di nascosto, rimasto fuori dai radar. E l'idea dell'ennesimo talento fumoso, dribblomane fino alla nausea ma destinato a incidere solo a sprazzi, ha lasciato spazio a un'idea diversa: quella di un esterno offensivo di piede destro che dà il meglio giocando a piede invertito, in grado di abbinare la capacità di saltare l'uomo (fondamentale nel suo ruolo) a personalità e giocate più funzionali, figlie anche di una certa disciplina e di un'intelligenza tattica da valorizzare (accanto a doti atletiche già visibili e acclarate).
Al di là di ciò che ruba l'occhio, insomma, hanno saputo colpire fin qui altri aspetti del gioco di Mbangula: non è casuale il recupero palla che ha posto le basi per l'azione del 2-0 contro il Milan, ulteriore lampo in grado di spiegare il premio di Man of the match. A questo punto, alla luce di un'evoluzione che ha stupito anche Motta, viene da interrogarsi sul tipo di risorsa rappresentata da Mbangula: sarà un nuovo elemento da sacrificare sull'altare del mercato o resterà una preziosa pedina su cui puntare, con un minutaggio destinato a crescere? Prove come quella col Milan, a premiare un periodo di crescita, possono senz'altro spostare l'ago della bilancia.