La Fiorentina ha cambiato pelle: la filosofia viola e l'ammissione di Pongracic

I viola hanno abbandonato definitivamente l'approccio che ha caratterizzato il triennio di Italiano.
Palladino
Palladino / Gabriele Maltinti/GettyImages
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Quando una stagione è nel vivo ed ha già detto tanto delle qualità e dei difetti di una squadra diventa interessante, se non altro per curiosità, ricapitolare ciò che si diceva a priori, prima che il sipario sulla nuova stagione si aprisse. Nel caso della Fiorentina appare curioso, soprattutto, il tipo di racconto che circondava l'arrivo di Raffaele Palladino in seguito alla fine del ciclo targato Vincenzo Italiano: non mancavano voci che immaginavano tracce di continuità nella scelta compiuta, a livello di approccio più che di interpreti, e il passaggio al 4-2-3-1 varato nel corso della stagione (dalla sfida d'andata con la Lazio in poi) sembrava proprio ricondurre a quel DNA che la squadra viola aveva costruito nel triennio precedente.

Dalla continuità alla rivoluzione

Eppure, anche in seguito al mercato invernale e a una rivoluzione divenuta ancor più profonda di quella compiuta in estate, appare evidente che il percorso gigliato vada in una direzione ben diversa da quella passata, da quella della squadra intraprendente, votata al possesso, intenzionata a dominare il gioco. In questo senso il solco tracciato tra Italiano e Palladino è sostanziale e concreto, a prescindere dai risultati che fin qui stanno arrivando: il dato del possesso palla è quanto i più emblematico possa esserci per raccontare questo cambio di rotta, i viola sono infatti decimi per possesso medio (nella scorsa stagione la Fiorentina chiuse al terzo posto nello stesso dato, col 57,4 di media rapportato all'attuale 49,6).

In soccorso, per capire questo sostanziale distacco dal passato, arriva anche un Pongracic divenuto finalmente parte integrante della squadra: "Per noi è più facile quando l'altra squadra fa la partita, stiamo bassi e ripartiamo". Parole, quelle dell'ex Lecce, che suonano tanto aliene rispetto al passato quanto emblematiche rispetto a ciò che la Fiorentina rappresenta attualmente. Una squadra meno proiettata al possesso, agli scambi ripetuti e alla ricerca dell'ampiezza, una squadra che ama stare bassa "e stretta" (parola di Pongracic) per ripartire efficacemente: in questo senso la possibilità di appoggiarsi su Kean diventa una chiave di lettura fondamentale e così è stato in stagione fin qui, con tanto di lacune evidenti nell'ultima sfida col Como (in assenza del centravanti, del fulcro offensivo viola).

Vincenzo Italiano, Raffaele Palladino
Italiano e Palladino / Emilio Andreoli/GettyImages

In un certo senso possiamo notare come, nel corso dei mesi, i viola abbiano indossato questo nuovo vestito in modo sempre più esplicito e non è un caso che i risultati più importanti siano arrivati contro squadre di livello come Milan, Roma, Lazio e Inter anziché contro squadre sulla carta più coperte: la Fiorentina ha saputo scoprire una nuova identità, cambiando paradigmi passati e allontanandosi dal "difendere bene, attaccare benissimo" che Italiano rese il proprio mantra fin dal proprio arrivo a Firenze. Un cambio di rotta che richiede evidentemente ancora una fase di assestamento, negli uomini ma anche nella percezione di una piazza abituata a tutt'altro approccio, con annessi pregi e difetti.

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