La tripla ricetta di Marotta per favorire la crescita del calcio italiano

Rapporto con le istituzioni, nodo stadi e valorizzazione commerciale: le idee di Marotta
Marotta
Marotta / OLI SCARFF/GettyImages
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L'appuntamento col Festival dello Sport a Trento è un'occasione, per figure di spicco del calcio italiano, per fare il punto sullo stato di salute del contesto della Serie A e per confrontarsi a riguardo, considerando anche un aspetto cruciale come quello dei rapporti con le istituzioni e del necessario lavoro da fare sulle infrastrutture, tra centri sportivi e stadi. Giuseppe Marotta, presidente dell'Inter, si è soffermato proprio su questi temi nel corso dell'incontro "Gli stati generali del calcio italiano". Questo quanto riportato da FcInter1908:

Il tema dei fondi internazionali: "Sono testimone di questa evoluzione calcistica, quindi ho potuto vivere il modello del mecenatismo e quello dell'imprenditoria vera. Io e Scaroni rappresentiamo una proprietà fatta da fondi di investimento importanti. Il calcio va verso questo tipo di modello, meno male che ci sono perché immaginare a Milano non avere una proprietà italiana rappresentava un calcio che andava verso il default".

La sostenibilità: "Alla ricerca della sostenibilità le società di calcio hanno delle valenze che devono portare in alto. L'asset stadio soprattutto. Non deve essere una cattedrale nel deserto, deve essere vissuto durante tutta la settimana, in modo da portare nelle casse il fabbisogno per rendere il bilancio favorevole. Noi l'anno scorso abbiamo incassato 80 milioni, immaginate con uno stadio moderno".

Come migliorare la situazione: "La terapia è quella di considerare in Italia il fenomeno del calcio rilevante. Solo come contribuenti versiamo un miliardo all'anno e dovremmo essere ascoltati, questo è un dato di fatto. Spesso e volentieri è isolato, la classe. Siamo qui a chiedere un sistema legislativo che riconosca il calcio. Il calcio di élite è fatto. Le risorse che abbiamo a disposizione sono tre grandi. Il discorso della competitività. Noi come il Milan abbiamo aumentato i ricavi, ma due anni fa arrivando in finale di Champions abbiamo tratto circa 100 milioni solo dalla competizioni, quelle sono delle variabili e non cose stabili. Se non vai in una competizione come la Champions perdi tantissimo. La seconda è la valorizzazione di un asset importante come lo stadio. Siamo in Europa il fanalino di coda, ma da decenni. Questo è dovuto a una burocrazia che porta a una lentezza e a una sfiducia da parte di coloro i quali vogliono investire. Lo stadio di Bergamo è stato fatto su quello precedente, ma dovendo rispettare concetti che in altri posti non esistono. Il fenomeno stadio è un fenomeno nazionale, non locale".

Un contesto da valorizzare: "Il terzo fenomeno è quello della valorizzazione commerciale. Ci troviamo davanti a un sistema che non ci rispetta dal punto di vista politico. Considerare un calciatore oggi in un inquadramento diverso. Alla Juve lo stipendio netto di Cristiano Ronaldo era di 30 milioni di euro l'anno, al lordo era di 60. I costi maggiori delle società non sono di gestione, anzi nella gestione aumenterei perché devo considerare quelle che sono le infrastrutture, ancora noi siamo fanalini di coda nei centri sportivi. Noi siamo abbastanza all'avanguardia, però notiamo che ci sono grandi carenze. Esempio assurdo, il decreto crescita. Perché il calcio deve essere esente? Non solo i calciatori, ma anche gli allenatori vengono penalizzati. C'è il decreto dignità, quello è un altro aspetto, legato alle scommesse che vengono chiaramente alimentate portando contributi allo stato, ma generate dalla partite giocate dalle nostre squadre. Questi argomenti potrebbero portare centinaia di milioni nelle casse dei club. Il contenimento dei costi? I costi maggiori sono rappresentati dagli stipendi. Se abbassi il costo, o sei un fenomeno e riesci a creare squadre competitive. Oppure non riesci a partecipare a quella suddivisione di introiti che ti garantisce quella stabilità di bilancio che va verso la sostenibilità".

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