Le richieste di David spaventano i club interessati: parametro zero solo in teoria

Commissioni, ingaggio e bonus una tantum: cifre che spiegano perché nessuno abbia affondato il colpo
Jonathan David
Jonathan David / Michael Owens/GettyImages
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Non è notizia di oggi l'intenzione di lasciare il Lille espressa da Jonathan David, prolifico attaccante canadese che andrà in scadenza a giugno col club francese e che si prepara dunque ad affrontare una nuova avventura. La concorrenza per assicurarsi il canadese è più che mai folta e agguerrita, in particolare Sport Mediaset cita un gran numero di club inglesi pronti a dare vita a una sfida estiva per l'attaccante, nello specifico si parla di Manchester United, Arsenal, Chelsea, Liverpool, Tottenham, Newcastle e West Ham.

Low-cost solo in teoria

La prospettiva, sulla carta, è quella di assicurarsi il calciatore a parametro zero - dato il contratto in scadenza - ma non mancano dettagli che fanno capire quanto (al di là dello status di svincolato) il giocatore costerà comunque caro a chi vorrà assicurarselo. Ci riferiamo al documento citato da Sky Sport Svizzera e relativo proprio alle richieste dell'attaccante, richieste che spostano il discorso e rendono lo status di parametro zero puramente teorico: il calciatore si aspetta un ingaggio da 9 milioni di euro lordi a stagione, il tutto andrebbe ad aggiungersi a commissioni per 10 milioni di euro. Di fatto per il primo anno David costerebbe 19 milioni di euro tra ingaggio e commissioni, c'è però da aggiungere anche un bonus alla firma davvero importante: si parla di 15 milioni di euro.

Sommando dunque le varie richieste del calciatore e del suo entourage si arriverebbe già a 34 milioni, cifra destinata a lievitare sensibilmente immaginando comunque un contratto pluriennale: costi che fanno capire perché nessun club si sia ancora mosso per affondare il colpo in modo deciso. La scadenza del contratto col Lille, dunque, in questo caso non basta a rendere David un colpo a basso costo per i club interessati: si spiegherebbe così il fatto che neanche i ricchi club di Premier League abbiano mosso passi decisivi (sottolineando come a livello di regole fiscali il contesto inglese non renda favorevole per i club svenarsi per gli ingaggi e risparmiare sui cartellini, come accade invece più di frequente in Serie A).

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