Lorenzo Pellegrini sugli esoneri di Mourinho e De Rossi e sul futuro alla Roma
Lorenzo Pellegrini ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva al Corriere dello Sport. Il numero 7 e capitano della Roma ha parlato delle voci nei suoi confronti, spiegando come è andata con gli esoneri di Mourinho e De Rossi. Spazio anche al suo futuro e all'importanza di Claudio Ranieri. Non potevano mancare parole d'amore nei confronti della squadra giallorossa.
"Un anno fa mandarono via Mourinho, è stato uno shock perché nessuno se lo immaginava. Per noi non è stato un bel momento. A fine novembre la squadra si era opposta al suo esonero dopo aver letto che volevano cacciarlo. Volevamo continuare con lui e Tiago Pinto ci rispose che erano solo invenzioni dei giornali".
"La fascia di capitano pesa ma non mi ha cambiato di una virgola né responsabilizzato maggiormente perché la Roma l'ho sempre presa molto seriamente. Sono ormai all'ottavo anno ma mi alleno a Trigoria da quando ho nove anni. Ai compagni ho sempre cercato di far capire cosa significasse giocare nella Roma, non è una squadra qualsiasi. Non sono un tipo particolarmente estroverso, non prendo i compagni a urla in campo ma so cosa si deve fare per dare una mano alla squadra".
"I risultati hanno peggiorato il clima generale intorno alla squadra, poi ci sono state una montagna di bugie messe in giro per fornire alla gente uno o più colpevoli. Con Mourinho ho vissuto gli anni più belli della mia carriera, subito dopo l'esonero sono uscite altre voci ridicole. L'ho chiamato perché volevo chiarire la mia posizione e lui ha capito. Mou è trascinante, ti folgora. Anche quella del tradimento a Daniele (De Rossi, ndr) è pura fantascienza. Invenzioni di chi non ha idea del rapporto che avevo e ho con lui. La verità spesso non interessa. Non ho ricevuto nessuna convocazione dalla società prima del suo esonero. Ho chiesto ai dirigenti il perché della mancata chiamata prima di prendere la decisione e mi hanno risposto che il mio pensiero era noto e che ero totalmente dalla parte dell'allenatore. Ascoltarono però i miei compagni e non me che sono il capitano: una decisione due volte assurda perché io non sono mai scappato dalle mie responsabilità. Dovevo probabilmente raccontare prima ai tifosi quello che era effettivamente successo".
"Evito di pensare che questo possa essere l'ultimo anno alla Roma, lascio decidere il campo. Sono molto fatalista e cerco sempre il positivo da ogni situazione. Finché indosserò la maglia della mia Roma lo farò dando tutto me stesso, anzi di più, come ho sempre fatto. Non ho bisogno di dichiarare il mio amore per la Roma, è così evidente".
"Ora mi sto allenando bene, quando entro in campo vorrei spaccare il mondo per la Roma. A volte mi rendo conto di non riuscire a dare tutto quello che ho dentro. Mi fido ciecamente di Ranieri, ha spazzato via tutte le ombre. E con Spalletti non ho mai avuto problemi. Non sono mai stato geloso della popolarità di Dybala: è un giocatore che stimo e lui lo sa. Come lui ce n'è uno su dieci milioni. Se sta bene può decidere le partite da solo. Ripeto: quella di rincorrere le voci è una specialità che non pratico, le voci semmai le subisco. Ho trovato ingiusti anche i fischi per Cristante, non lascio un compagno in mare aperto, con la tempesta. Il gol nel Derby è stato come un'esplosione. Ho ricevuto un messaggi da Ryan (Friedkin, ndr) dopo il derby, ci tengono tanto al derby".