I 3 errori (con il senno del poi...) del Cagliari sulla scelta estiva di puntare su Di Francesco
Di Marco Deiana
The end. È giunta ai titoli di coda l'esperienza di Eusebio Di Francesco al Cagliari. Per l'ex allenatore della Roma, dopo l'avventura fallimentare alla Sampdoria, arriva un'altra doccia gelata. Un'avventura nata sotto una stella sbagliata, nonostante i grande proclami di inizio stagione. Certo, con il senno del poi è tutto più facile, ma ho provato ad analizzare i passi sbagliati di questo matrimonio.
- Rivoluzione tattica con poco tempo a disposizione
- La posizione di Joao Pedro
- Mercato non legato alle scelte tattiche dell'allenatore
Rivoluzione tattica
Partiamo dal punto più evidente. In un Cagliari abituato da tempo a giocare con il 4-3-1-2, e recentemente (durante la breve avventura di Zenga in Sardegna) al 3-5-2, la società ha scelto un tecnico legato al 4-3-3 (che da queste parti, non ha mai portato tanta fortuna). E fin qui niente di così clamoroso. Ma pensare ad una rivoluzione tattica nel mezzo di una pandemia, a cavallo tra due stagioni abbastanza anomale - quella 2019-20 terminata ad agosto e quella 2020-21 inizia a settembre - con poche settimane di precampionato, è stato (piuttosto) azzardato.
Di Francesco non è un normalizzatore. È un allenatore che ha la sua idea ben precisa di calcio, che ha il suo pensiero e che ha bisogno - probabilmente - di tempo per trasmettere il tutto alla sua squadra. Farlo in poche settimane, durante una pandemia (e i conseguenti protocolli che potrebbero non aver aiutato ad amalgamare il gruppo), tra un allenamento fisico/atletico e l'altro, non è un compito facilissimo.
Rendersi conto, a campionato ormai già avviato, che il suo 4-3-3 con difesa alta e movimento continuo degli esterni (bassi e alti) non era la veste ideale per il Cagliari 2020-21 non ha sicuramente migliorato la situazione. Così come non dare certezze alla squadra, con trasformazioni tattiche (con il passaggio prima al 4-2-3-1 e poi al 3-4-2-1) e giocatori utilizzati in più ruoli, ha peggiorato le poche certezze della squadra.
La posizione di Joao Pedro
Joao Pedro esterno offensivo sulla corsia mancina. Questa era la rivoluzionaria idea di Di Francesco per non dover rinunciare al numero 10 rossoblù nel suo 4-3-3. Idea bocciata dopo poche partite. Il brasiliano infatti non si adatta in quella posizione.
Fin dal suo arrivo, il ruolo in campo di Joao Pedro ha creato non pochi grattacapi. In Sardegna ha giocato in tutti i ruoli dal centrocampo in su, trovando la sua posizione ideale come seconda punta, libero da compiti difensivi e da movimenti tattici ben precisi. Se allontanato dagli ultimi 15-20 metri, sembra quasi perdersi nel rettangolo di gioco. Non ha la corsa per fare l'esterno, è un po' macchinoso per essere un trequartista e non ha le caratteristiche ideali per essere un numero 9.
È una seconda punta. Infatti quest'anno il suo rendimento è cresciuto con il passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1, che grazie a Joao Pedro diventava più un 4-4-2. Con l'arrivo di Nainggolan, Joao Pedro si è prima dovuto riadattare nel ruolo di esterno, lasciando la trequarti al belga, e successivamente il brasiliano ha affiancato il Ninja nel 3-4-2-1 spolverato nelle ultime occasioni da Di Francesco.
Mercato slegato dalle idee tattiche del tecnico
Pochi soldi causa pandemia. Ok, ma anche le idee sono sembrate - almeno dall'esterno - non legate ai principi tattici dell'allenatore. In Sardegna sono arrivati solamente due esterni alti: Sottil e Ounas. Il primo ha fatto intravedere ottime giocate, il secondo è stato utilizzato pochissimi dal tecnico (anche a causa di qualche problema fisico di troppo). All'appello ne mancano almeno altri due, per dare qualche soluzione in più all'allenatore. Uno, probabilmente, nell'immaginario di Di Francesco sarebbe dovuto essere Joao Pedro (!) e l'altra - forse - il giovane angolano Zito Luvumbo. Senza considerare Pereiro, rispolverato solamente a campionato in corso, soprattutto per necessità (causa assenze).
Inoltre si sono affidate le chiavi del centrocampo a Marin, arrivato dall'Ajax. Il giocatore ha dimostrato tanta qualità quando schierato come mezzala, meno in cabina di regia. L'assenza di un (vero) regista si è fatta sentire nella prima parte di stagione e a gennaio, nonostante gli investimenti per Rugani, Duncan e Asamoah, questa falla non è stata coperta.
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