Le 6 cose che Rocchi deve cambiare nel mondo arbitrale
Inizia un nuovo capitolo all'interno dell'Associazione Italiana Arbitri, la fine dell'era Rizzoli dopo 4 anni come designatore coincide con l'arrivo di Gianluca Rocchi al suo posto. Dopo una lunga carriera come arbitro, è secondo solo a Concetto Lo Bello come numero di gare arbitrate in Serie A, si avvia dunque una nuova fase per Rocchi, già pronto a sottolineare quanto sia fondamentale per il suo lavoro l'idea di cementare il gruppo e di ricreare, all'interno della classe arbitrale, un senso di armonia e di intesa che ricalchi lo spirito della Nazionale italiana di Roberto Mancini a Euro 2020.
Al di là delle intenzioni, e dei bei richiami se vogliamo un po' retorici, è evidente come Rocchi e la classe arbitrale italiana siano attesi da sfide tanto delicate quanto stimolanti, tutte nell'ottica di migliorare il livello delle direzioni arbitrali e di favorire, insieme alle altre parti in causa, un rapporto costruttivo con gli altri protagonisti del sistema calcistico. Nessuna rivoluzione in vista, niente del genere è stato prospettato, ma accorgimenti e miglioramenti da apportare. Vediamo alcuni punti nevralgici su cui Rocchi dovrà, con più o meno urgenza, intervenire:
1. Puntare sulla formazione
L'intenzione di fare gruppo e di ricalcare l'entusiasmo azzurro degli Europei anche in sede arbitrale si lega a doppio filo alla formazione, una formazione non incentrata solo ed esclusivamente sui regolamenti e sulla loro interpretazione, ad alto livello, ma che percorra ogni area della crescita degli arbitri, anche dei più giovani, andando anche a compensare a quella "crisi delle vocazioni" talvolta denunciata dalle figure istituzionali del mondo arbitrale. Interessante l'idea del doppio tesseramento dei giovani: non saranno dunque chiamati a scegliere in giovanissima età di diventare arbitri, abbandonando a priori l'esperienza da calciatori, ma potranno ricoprire entrambi i ruoli fino ai 17 anni.
2. Saper fare e saper raccontare
Non è un luogo comune: far bene talvolta non è sufficiente se poi, al contempo, l'azione non è accompagnata da una comunicazione efficace e attiva di quanto realizzato. Anche in questo senso la classe arbitrale potrebbe aprirsi, non necessariamente con comparsate in TV, ma grazie all'ausilio dei social e grazie al racconto di quello che il mondo arbitrale rappresenta, in modo da avvicinarlo a tifosi e addetti ai lavori per rendere più comprensibili determinate scelte e sviluppare rapporti più costruttivi, dinamiche di conoscenza reciproca. Per quanto riguarda gli arbitri in TV, esperimento tentato ma su cui si è già assistito a un passo indietro, è possibile che si richieda un processo apposito di formazione, per imparare proprio a saper sfruttare in modo sereno e lucido questa nuova opportunità.
3. L'evoluzione del VAR
Il discorso VAR occupa un ruolo nevralgico nella questione arbitrale e non potrebbe essere altrimenti, vivendo del resto a metà tra risorsa ormai irrinunciabile e fattore critico, pieno di zone d'ombra da gestire e da comprendere. Anche la sala centralizzata VAR, più volte invocata da Gravina e dell'AIA e ora pronta a partire, potrà avere un ruolo importante sia sul piano della logistica che della trasparenza, dando inoltre una mano importante anche come riferimento per dirigenti e stampa a livello di comunicazione e formazione. Al di là della sala centralizzata è evidente la necessità di un'uniformità di giudizio sempre superiore e di una coerenza nelle decisioni all'interno di una singola partita e tra partite diverse.
4. L'annosa questione dei falli di mano
Un aspetto che si è rivelato critico fin all'avvento del VAR in Serie A è stato quello dei falli di mano, questione che di fatto ha regalato un poco felice picco di episodi, con numeri da record e tante situazioni quantomeno dubbie o ingenerose verso i diretti interessati. Le novità di regolamento arrivate dall'alto dovrebbero cambiare già le cose, la necessità a questo punto (di fronte a una maggiore discrezionalità nelle decisioni) sarà quella di trovare uniformità e di non proseguire su linee diverse di giudizio, a metà tra quel che succedeva lo scorso anno, con ogni tocco di mano sanzionato quasi inesorabilmente, e un approccio diverso, in cui si dovrà valutare quanto un movimento sia "congruo" e "deliberato".
5. Disincentivare proteste e simulazioni
Già a partire dagli Europei, almeno in linea teorica a priori, si è citata la necessità di punire in modo più severo atteggiamenti distanti dai concetti di sportività e di rispetto. Gli arbitri in linea teorica potrebbero anche arrivare a fischiare meno, spezzettando meno il gioco, ma dovranno risultare inflessibili di fronte ad atteggiamenti di particolare insofferenza e di eccessiva foga nelle proteste di giocatori e staff a bordocampo, disincentivando poi ancor di più atteggiamenti atti a ingannare o a mandare fuori strada il direttore di gara.
6. Più spazio alle donne
Una crescita della classe arbitrale italiana passerà necessariamente da un maggior supporto delle donne arbitro più meritevoli, con tanto di debutto di arbitri donna in Serie A che, a dire del presidente AIA Trentalange, si sta avvicinando a grandi passi e dovrebbe realizzarsi entro le prossime due stagioni. Il tutto considerando anche come gli arbitri donna siano in aumento, in controtendenza con quanto accade coi colleghi uomini, un'arma importante per combattere il "calo di vocazioni" tante volte denunciato.
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