90min difficili, Finale di Euro 2024: Inghilterra

Una maledizione senza fine, un dramma che perseguita la Nazionale inglese.
90min difficili: Inghilterra
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Nuovo torneo, nuova versione di 90min difficili. In occasione di Euro 2024 abbiamo deciso di allargare la nostra serie anche a questa rassegna continentale. 

L'obiettivo della serie è quello di evidenziare la prestazione peggiore, da punti di vista inaspettati, tra tutte le nazionali partecipanti all'Europeo in Germania al termine di ogni giornata e di ogni fase del torneo. Anche l'ultima, la Finale tra Spagna e Inghilterra che prevedeva uno sconfitto e un vincitore, una festa e una dramma, epiloghi contrastanti come accade ogni volta che c'è in palio un trofeo.

E protagonista dell'ultima puntata di una serie con cui abbiamo provato a farvi compagnia anche d'estate è proprio l'Inghilterra. L'ormai solita Inghilterra. Una Nazionale che dal 2018 ad oggi, senza scavare troppo nel passato per allargare la ferita, piange per aver sfiorato un titolo che manca da quasi 60 anni.

Le sensazioni erano diverse

Alla vigilia era un pensiero quasi comune. Tra i tifosi in patria, nell'entusiasmo di coloro che avevano viaggiato in Germania e anche tra i protagonisti che sarebbero scesi in campo di lì a breve. Persino il CT Gareth Southgate aveva parlato di un feeling diverso rispetto alla Finale persa contro l'Italia, di un clima più disteso a confronto con il giocare un ultimo atto dopo 50 anni a Wembley davanti ai propri tifosi.

La pressione era forse minore, ma l'esito è stato lo stesso. E la modalità modo sempre bruciante. Probabilmente niente è peggiore che perdere alla lotteria dei calci di rigore davanti al proprio pubblico, ma il rocambolesco finale di gara contro la Roja può serenamente farsi spazio sul podio delle bruciature più dolorose della gestione Southgate.

Che la Spagna fosse superiore, nonostante il talento equamente diviso in campo, era più una certezza che una sensazione. Un mese di Campionato Europeo è servito anche a definire i valori delle Nazionali sia sotto il profilo tattico che della brillantezza collettiva e individuale. E un'Inghilterra appannata e in difficoltà in molte situazioni è ciò a cui abbiamo assistito anche nell'ultimo atto di Berlino. Alla resistenza sui cross iberici hanno fatto da contraltare l'incapacità di gestire le transizioni negative e quella di risalire il campo con convinzione per spaventare gli uomini di de la Fuente.

Aspetti negativi che hanno causato il vantaggio Nico Williams propiziato dalla giocata Yamal, ma che erano stati in parte neutralizzati dalle mosse di Southgate. Il CT inglese si è distinto non per il gioco espresso, ma per la sapienza nei cambi. Con l'inserimento di Cole Palmer aveva trovato un inaspettato pareggio in grado di cambiare per qualche minuto l'inerzia della sfida. Poi però l'Inghilterra si è rilassata, la Spagna è riemersa e quella paura di non arrivare ai tempi supplementari è diventata reale per mano del mancino di Cucurella e del destro in spaccata di Oyarzabal; definita sentenza dal salvataggio sulla riga di Dani Olmo in pieno recupero.

Il dramma di Harry Kane

Se l'Inghilterra vive una maledizione con cui hanno dovuto fare i conti tutti i grandi i campioni inglesi del passato, Harry Kane vi partecipa aggiungendo il carico del suo dramma individuale (a livello sportivo). Oltre 400 gol segnati in carriera, ma nessun trofeo, con il conto di 6 finali perse aggiornato proprio ieri sera.

L'indice di pericolosità della Nazionale dei Tre Leoni si è dimostrato troppo basso per una squadra che raggiunge la Finale (e dunque gioca più partite rispetto alle altre). L'Inghilterra ha creato meno xG della Croazia, eliminata nella fase a gironi del torneo, segnando da situazioni improbabili grazie alle giocate dei propri campioni e complicandosi spesso la proprio sopravvivenza nel torneo.

Andare sotto in ogni sfida e rimontarle nei momenti topici è servito ad aumentare la mistica della Nazionale, fattore che però contro una selezione come la Spagna non è bastato. Colpa di un potenziale inespresso, di talenti provenienti da stagioni brillanti con i club, incapaci di associarsi con la maglia della propria patria. Il conto del tempo trascorso dal Mondiale del 1966 non si ferma; l'Inghilterra dovrà riprovarci tra un paio d'anni, quasi 22.000 giorni dopo.