A game to play - Perché Eric Cantona è Morrissey

La provocazione come cifra distintiva, il rischio come espressione di libertà.
Morrissey
Morrissey / Jim Dyson/GettyImages
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Ciò che è popolare deve per forza essere comodo, confortevole? Ci sono certo personaggi o esempi di sicura fama che traggono forza e potere nella loro capacità di unire, di raccogliere consensi unanimi, d'altro canto esiste un ruolo sul palcoscenico anche per gli spigoli, anche per ciò che turba o accende gli animi. La provocazione stessa, in sé, può essere una strada diretta per destare dal torpore e invitare alla riflessione, può essere uno specchio che toglie certezze e che, facendolo, arricchisce.

Provocazione come dubbio, provocazione come impegno

Appare evidente come le due figure che proviamo ad accostare (anche con l'aiuto involontario di uno dei diretti interessati) facciano della provocazione una propria cifra distintiva, un tratto dominante che ne qualifica spesso le modalità di raccontarsi. Provocazione che genera dubbio, come quella di Eric Cantona e del suo: "Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che le sardine saranno gettate in mare" affermato in conferenza stampa (a commento della squalifica per il calcio diretto ad un tifoso del Cyrstal Palace).

Un apparente nonsense che sfocia poi nel messaggio oscuro e nell'invito implicito alla riflessione, come accaduto anche nel 2019 in occasione dell'UEFA President's Award. In quella circostanza Cantona partì con criptiche allusioni al progresso della scienza nel rallentare l'invecchiamento delle cellule, tra lo smarrimento dei presenti, sottolineando poi come solo i crimini e le guerre continueranno a ucciderci e concludendo con un apparentemente scollegato "I love football". Un punto interrogativo che sgretola certezze e presupposti prevedibili, dunque, come aspetto che (e per un cultore di Oscar Wilde appare scontato) a suo tempo incantò anche Morrissey, lo rese un dichiarato ammiratore di Cantona e del suo personaggio.

Provocazione anche più esplicita però, come presa di posizione su tematiche dalla forte valenza politico/sociale, esprimendo anche punti di vista impopolari o minoritari rispetto al pensiero comune, facendo proprio il rischio di scandalizzare, di generare dissenso. Dalla provocazione al rischio come condizione necessaria per sentirsi vivi, uscendo dal conformismo per esprimere se stessi e le proprie istanze.

Cantona faceva del rischio, anche da calciatore, un aspetto cruciale del proprio gioco, esprimendo fantasia in ogni giocata e celebrando il calcio stesso attraverso la creatività. Morrissey lo ha fatto attraverso i propri testi, scrivendo ciò che non doveva essere scritto e trovandosi persino sotto interrogatorio da agenti di Scotland Yard per la sua Margaret on the Guillottine (Viva Hate, 1988). Azzardo come segno primario di libertà, dunque, come respiro rispetto a costrizioni imposte dalla società e da retaggi culturali impolverati

Morrissey
Morrissey / Paul Natkin/GettyImages

Un'ispirazione esplicita

Come in altri capitoli di questo percorso di associazioni calcistico-musicali, dunque, s'individuano tratti comuni impliciti e nascosti tra le righe ma - e questo è un caso piuttosto raro - stavolta è uno dei due protagonisti (nello specifico Morrissey) a venirci incontro e a consegnarci direttamente una chiave per scoprire un punto chiaro di contatto.

"Mi piaceva anche prima che dicesse qualcosa, ha reso il mondo del calcio meno noioso. Quando l'ho visto (il calcio rifilato al tifoso del Crystal Palace) ho urlato, l'ho rivisto su tutti i telegiornali. E poi è un grande giocatore. La pubblicità negativa non conta...così come i tifosi del Palace. Penso che sia un buon esempio, incoraggiante e affascinante. Non è stata violenza ma semplice autodifesa di fronte a un affronto personale, da essere umano. Come avrebbe potuto convivere con sé se non avesse reagito? Segretamente tutti gli danno ragione comunque"

Morrissey su Eric Cantona

Cantona come sorprendente ispiratore di Morrissey in un dato momento della sua carriera artistica, dunque, anche in modo esplicito ed espresso a parole. Ma non solo: anche in concerto non sono mancati riferimenti, come dei tamburelli con su scritto Eric Cantona, così come si sottolinea la "presenza" di Cantona nella parte iniziale di Introducing Morrissey (film-concerto del 1996). Un legame che Morrissey ha provato a rinverdire anche successivamente, in un casuale incontro a tu per tu in un hotel parigino: il cantante sorrise all'ex fuoriclasse che però non lo riconobbe, lasciando dunque cadere quel tentativo di contatto diretto, finalmente di persona.

Riferimento a Cantona nel film Introducing Morrissey (1996)
Riferimento a Cantona nel film Introducing Morrissey (1996) / https://www.youtube.com/watch?v=I-Vf4OhzrdE

Al di là dei contatti descritti da uno dei diretti interessati, grande aiuto per tracciare un filo conduttore, esiste sempre qualcosa di più sottile e nascosto che merita di essere citato: una costante ricerca del bello, come tensione costante, da un lato nella spesso citata natura di "esteta" dell'ex leader degli Smiths, dall'altro come velleità artistica a tutto tondo coltivata da Cantona nei decenni (dipingendo, in età giovanile, ma cimentandosi poi con successo nel cinema e nella musica). Una ricerca che culmina in un equilibrio tra messaggi dirompenti nella sostanza e soavi nella forma, tratto distintivo tipico della musica degli Smiths e di Morrissey ma evidentemente anche parte del mondo di Cantona, capace (sul campo) di essere assieme irruento e poetico, ruvido e commovente.

A game to play, gli altri capitoli:

Eric Cantona
Eric Cantona / Getty Images/GettyImages

Rimane poi, soltanto sullo sfondo, un discorso geografico, meramente, che collega due città apparentemente agi antipodi: da un lato Manchester e dall'altro Parigi. Proprio a Parigi i due si incrociarono fortuitamente, senza che l'ex calciatore ricambiasse il sorriso del cantante, e proprio la Capitale francese è citata fin dal titolo da Morrissey in I'm throwing my arms around Paris (Years of Refusal, 2009) come luogo ideale di rifugio dalla spietatezza del mondo. E poi appunto Manchester, la città di Morrissey, la stessa Manchester elevata da Cantona a Capitale inglese del calcio negli anni '90, in una squadra in grado di fare la storia e di tracciare un prima e un dopo nel mondo del pallone d'Oltremanica.