A game to play - Perché Johan Cruijff era come i Pink Floyd
Cos'è una rivoluzione? Lo scioglimento delle regole e la loro trasformazione in codici differenti, reinventare un linguaggio e spostare altrove il senso delle cose: lo straordinario prende forma e modifica un paradigma, i confini si spostano. Lo sport e la musica conoscono le rivoluzione e ne portano su di sé i segni: il gioco, prendiamo l'esempio del calcio, parte con date regole e nel corso dei decenni scopre nuovi ingredienti, perde qualche pezzo e ne conquista altri, si rinnova. La musica fa altrettanto: ciò che è moderno si fa antico, i generi si mescolano e le orecchie si abituano a suoni esotici, suoni fino ad allora alieni.
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Ricerca e rivoluzione
Mai come stavolta le associazioni, le forme particolari di sinestesia, trovano un conforto già nei presupposti di partenza: Johan Cruijff, insomma, ha rappresentato per il calcio ciò che i Pink Floyd sono stati a livello musicale. La dimensione dello stupore, quella che fisiologicamente deve accompagnare una rivoluzione, si spiega nel futuro che si fa presente: potremmo applicarlo al fuoriclasse olandese e allo stesso modo possiamo leggerci - senza grande sforzo - pezzi della storia di Waters, Gilmour, Wright e Mason.
Possiamo farlo innanzitutto provando a contestualizzare la loro presenza a livello temporale e la loro ascesa nella seconda metà degli anni '60, un periodo storico che in sé accoglie molti dei significati che associamo ai cambiamenti radicali di paradigma, alla volontà di liberarsi dei retaggi tradizionali per abbracciare un nuovo mondo. Una rivoluzione culturale che, pur in tempi e modi distinti (dove più marcati e dove più sfumati) ha saputo attraversare l'universo musicale così come quello calcistico, trovando in quest'ultimo caso una sede ideale in Olanda e nell'Ajax. In una fase iniziale dei percorsi sportivi e artistici dei due totem presi qui in considerazione l'aspetto "rivoluzionario" esiste in sé, non ha bisogno di essere rappresentato esplicitamente o sotto forma di manifesto, facendo dunque proprie le istanze di un mondo in mutamento, pronto a oltrepassare steccati e muri.
Superando i confini
Una tendenza, questa, evidente sia osservando il percorso e il significato di Cruijff per il panorama calcistico (quello del momento e quello per i posteri) che riflettendo sulla musica dei Pink Floyd, sull'estrema difficoltà che si pone davanti a chi intende catalogarla, etichettarla. La natura ineffabile e innovativa del gioco di Cruijff si specchia così nel caleidoscopio musicale della band inglese: da un lato la capacità di svincolarsi dalla definizione di un ruolo specifico, dall'altro la difficoltà a incasellare in un genere. Un attaccante di manovra che arretra il raggio d'azione e fa da regista, un fantasista che arricchisce però il proprio senso in una dinamica di collettivo, e dall'altra parte radici classiche rock e blues che si contaminano con la musica d'avanguardia, che trovando sponde nel jazz ed esplorano territori inattesi.
Qualcosa di indefinito (o meglio di indefinibile) che non per questo, però, perde di forza e di efficacia: non l'avanguardia fine a se stessa dunque, l'esercizio di stile rivolto ad una nicchia ristretta, ma qualità in grado di farsi popolare e di cambiare radicalmente i rispettivi campi d'azione. Riflettendo sulla natura ineffabile e rivoluzionaria di Cruijff, del resto, ci si può riferire anche a quel numero, al numero 14 sulle sue spalle, un simbolo divenuto a tutti gli effetti iconico, connesso automaticamente al fuoriclasse olandese, che suonava come una dichiarazione d'intenti: la numerazione classica, dall'uno all'undici, permetteva del resto a priori di capire "di cosa si parlasse", il 14 invece riesce già a monte a svincolarsi dalle etichette, a generare una dose di inatteso.
Il segreto in un numero
Il numero 14 si fa emblema del concetto di calcio totale, di un contesto tattico in cui s'inizia a esplorare il peso dello "spazio", in cui il singolo non è vincolato in modo saldo a una funzione ma, tracciando dunque un solco rispetto al passato, può cogliere da ogni ruolo funzioni e caratteristiche, costruendo di volta in volta la giusta mescolanza. Qualcosa che si è poi sviluppato ulteriormente nel Cruijff allenatore e nella sua influenza profonda sul mondo del calcio.
E s'incrocia qui una nuova felice fusione, quella tra estetica ed efficacia, quella tra dolcezza e potenza: una magica commistione che attraversa sia le giocate dell'olandese che le note dei Pink Floyd, con morbide ballate che si alternano a inattese rapsodie o a momenti più cupi, con passaggi associabili direttamente al progressive rock degli albori. Una magia in cui il virtuosismo non è mai fine a se stesso, riuscendo a inserirsi in un contesto armonico.
Tra le tracce comuni, tra le possibili linee che connettono questi due mondi apparentemente distanti, possiamo trovare anche aspetti di un impegno politico-sociale divenuto negli anni più strutturato ed esplicito (basti pensare al legame tra Cruijff e la Catalogna), andando dunque a rappresentare al meglio un periodo - gli anni '70 - che faceva dell'impegno e della partecipazione una cifra distintiva difficile da eludere, anche per un artista e per uno sportivo. Innovazione, ricerca coraggiosa ma mai fine a se stessa, una solenne potenza che si unisce alla bellezza di un gesto tecnico o di una melodia, soprattutto la necessità di guidare un percorso di emancipazione da ciò che era già scritto: si parla di ridefinire i confini, si parla appunto del futuro che si è fatto presente.