A game to play - Perché Leo Messi è come gli Jarabe de Palo

Pau Dones
Pau Dones / Xavi Torrent/GettyImages
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La storia di una città e della sua squadra di calcio si scrive certo sul campo, prende la forma di trofei collezionati in un museo, di cimeli che si mescolano a fotografie di epoche diverse. I vecchi ne portano memoria e i giovani ne portano avanti il retaggio con entusiasmo: la storia di un luogo si imprime però, ancor di più, nelle sue strade e lo fa - proprio così - entrando negli occhi di chi passa, per caso oppure per abitudine, da quelle parti.

Quando, nel corso degli anni, le strade si colorano, quando gli artisti disegnano i contorni del tuo viso, diventa ancor più vero e tangibile il tuo impatto: questo non si può nascondere, neanche volendo, neanche immaginando un mondo assurdo e surreale in cui i passanti non ti conoscono, non sanno dire chi tu sia. Leo Messi che spunta sui muri della città, nei giardini o nelle strade di periferia, a Barcellona così come a Rosario.

A game to play:

FBL-ESP-BARCELONA-MESSI
Murales di Messi / JOSEP LAGO/GettyImages

Per le strade di Barcellona

Messi ma anche Pau Donés, leader degli Jarabe de Palo scomparso nel 2020 per cancro al colon: il suo viso e il suo messaggio (Amor, scritto sul pugno) hanno accolto chi passava all'incrocio tra Carrer de la Selva de mar e Carrer del Perù. Chi ci parla di destini che si sfiorano è in questo caso una città, capita del resto che arrivati a Barcellona si scorgano tra la folla maglie di Messi (anacronistiche ma che non possono essere riposte) oppure le t-shirt dedicate a Pau, la Camiseta de Pau per l'appunto: si crea già così, visivamente, un primo passo di un particolare ballo, di un curioso intreccio composto di luce e di ombra.

Marc Donés
La Camiseta de Pau / Beatriz Velasco/GettyImages

E certo avventurarsi sui binari del "confronto" rimane un esercizio audace, richiede pazienza e la volontà di assecondare percorsi anche nascosti: qui ad esempio, parlando di Leo Messi e arrivando dunque sull'Olimpo del pallone, ci si potrebbe aspettare che - musicalmente - si vada altrettanto a inseguire chi sta in cima, si vadano a scomodare i Beatles, si citino gli evergreen che tutti conoscono, che hanno fatto indiscutibilmente la storia.

Occorre insomma prenderla larga, non pensare al traguardo e concentrarsi più sul punto di partenza. Innanzitutto un luogo, come detto: Barcellona come città che conserva la memoria dell'uno e dell'altro, sì, ma anche un intreccio più diretto, meno celato tra le righe. Da un lato il tifo di Pau Donés per il Bercellona e dunque un legame di fede, una naturale devozione nei confronti di Messi e dei colori blaugrana; d'altro canto anche la direzione opposta, con giocatori dello stesso Barça - in particolare un simbolo come Carles Puyol - amanti della musica della band fondata da Pau nel 1996.

Jorge Drexler, Pau Dones, Debi Nova
Pau e il Barcellona / Ethan Miller/GettyImages

Resilencia

Esiste insomma una connessione chiara, nota e che non richiede particolari spiegazioni ma, al contempo e come in altri casi presi in considerazione, possiamo scoprire punti di contatto più impliciti e, forse, ancor più profondi. C'è una parola che da qualche anno ha finito per inflazionarsi, per divenire una sorta di risorsa buona per tatuatori privi di fantasia: resilienza, sì, tanto ripetuta da rischiare di perdere una parte del suo significato.

Lionel Messi
Leo Messi / El Grafico/GettyImages


Pau e Lionel, dunque, connessi dalla loro resilienza: prima della classe o del talento, prima dell'ispirazione o dell'arte, si trova insomma una capacità di procedere, di andare avanti nonostante le difficoltà (o forse con l'ulteriore forza che queste concedono).

Da una parte Messi, stella del calcio ormai annoverata nell'élite assoluta e tra i più grandi di sempre, partito però da outsider, da talento precoce costretto a fare i conti con un'insufficienza ormonale diagnosticata a 11 anni (l'ipopituitarismo) che richiedeva ingesti spese per le cure del caso, per permettere a quel bambino di continuare a sognare sul campo, di continuare a lasciare a bocca aperta chi lo vedeva giocare. Il tutto senza tralasciare quegli appunti mossi dall'esterno, quel fisico "troppo gracilino" che qualcuno non trovava compatibile con il calcio ad alto livello, quello dei professionisti.

Dall'altra parte Pau, una diagnosi infausta datata 2015 e la capacità di restare musicista, di regalare ancora canzoni, condivisione, di offrire ai suoi compagni di viaggio una vitalità musicale rimasta intatta fino alla fine, oltre i limiti e oltre il dolore. "Todo me parece bonito" cantava Donés nel 2003, mentre Messi muoveva i primi passi con il Barcellona C. Tra le note degli Jarabe de Palo, ancor di più a posteriori, emerge tutta quell'esigenza di vivere al di là degli scogli che la quotidianità mette davanti, oltre gli ostacoli e gli affanni.

Lionel Messi
Lionel Messi / Eric Alonso/GettyImages

Vuelvo

Un testo come quello di Vuelvo (2020, Tragas o Escupes) non è casuale: "Si la vida te da palo
dame una guitarra, que te canto una canción. Si la vida te da palo, que escribí unos versos pa alegrarte el corazón
". Uno dei tanti inni a una concezione della vita volta a cogliere il lato positivo, a capire l'insegnamento racchiuso in una difficoltà di partenza.

E proprio su Vuelvo (torno) potremmo individuare un'ulteriore connessione con Leo Messi e con la sua parabola calcistica oltre che umana: così come Pau Donés ha voluto rivendicare la voglia di "tornare a fare ciò che ha sempre amato fare" è innegabile che la storia di Messi, per chiudersi degnamente, richiederà un giorno un nuovo abbraccio coi colori blaugrana, un idillio da ricomporre e un agognato ritorno che, senz'altro, farebbe sorridere anche Pau.


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