All'improvviso Re Mida: Simeone è esploso, niente è per caso
Abbracciare in toto lo stereotipo del calciatore tutto lustrini e serate di gala, proiettato su notti movimentate e forte di fama e di successo, racchiude qualche sprazzo di verità ma risulta anche ingeneroso, soprattutto pensando alla vita di un professionista, agli allenamenti, allo stile di vita necessario per fornire prestazioni all'altezza.
Al contempo rimane insolito, la proverbiale mosca bianca, che un calciatore di alto livello coltivi di pari passo al fisico anche una dimensione spirituale, un lavoro che accompagni l'allenamento sul campo a una crescita di natura diversa, complessa da associare al mondo del calcio professionistico. Giovanni Simeone, autore fin qui di una stagione al di là di ogni più rosea aspettativa col suo Verona, ha permesso spesso di affacciarsi su quel mondo, lo ha fatto inizialmente sotto voce (ammettendo di temere le prese in giro dei compagni, ai tempi di Firenze) e poi in maniera sempre più esplicita e serena, senza particolari censure.
Il pudore iniziale del Cholito ci aiuta a comprendere appieno quanto sia insolito, per un giocatore di Serie A, collegare la propria crescita a un lavoro che esuli dalle ore di corsa, dalla palestra, dalle disamine tattiche del giorno dopo.
Il ruolo della famiglia
Una storia fatta di pudore, senza dunque sbilanciarsi soprattutto nel contesto spogliatoio, ma che ripensando all'esperienza a Firenze e alla pratica buddista trova anche legami suggestivi col passato, ricollegandoci a Baggio e a Frey, entrambi parte della Soka Gakkai e praticanti buddisti.
Diventa anche logico, per certi versi naturale, che la tendenza a coltivare questa parte di sé non sia piovuta dal cielo ma derivi da un retaggio familiare, soprattutto da nonna Nora, astrologa, a cui il Cholito è particolarmente legato e che, in passato, diede conforto al ragazzo su quello che sarebbe stato il suo futuro da calciatore.
Una curiosità e una voglia di superare i limiti del visibile che, insomma, parte da lontano e si traduce, oggi, in un lavoro pratico su se stesso: respirare correttamente, ritagliarsi 10-15 minuti per liberare la mente, una meditazione che a dire dello stesso Simeone sta risultando una delle chiavi del suo periodo d'oro, dalla sua continuità, della capacità di superare gli ostacoli.
Numeri che parlano
Dal quotidiano esercizio di concentrazione e rilassamento alle risposte sul campo: è evidente come il rendimento dell'argentino debba essere letto a tutto tondo, ben al di là del sostegno trovato nella meditazione, ma è altrettanto chiaro come i numeri di questi mesi siano stupefacenti, appaiano persino magici (se collocati nella storia calcistica del giocatore).
Simeone è secondo nella classifica marcatori, dietro a Vlahovic e Immobile, ma considerando il periodo da ottobre ad oggi è il miglior marcatore dei principali campionati europei, meglio persino di Lewandowski. Ma non finisce qui: contro la Lazio si è iscritto al club dei giocatori autori di un poker di reti in una sola partita, insieme a Crespo è l'unico ad aver raggiunto la doppia cifra con quattro club diversi, a ottobre è stato eletto miglior giocatore della Serie A (7 gol in 5 partite).
Il rapporto tra gol e minuti giocati è impressionante, un gol ogni 88 minuti in campo, ma c'è un altro dato che stupisce: è il quinto giocatore dell'intera Serie A per falli commessi, aspetto che lascia intuire quanto la sua proverbiale garra non sia affatto offuscata o venuta meno. C'è poi qualcosa va al di là dei numeri: la ricerca di giocate più complesse rispetto al passato, con esiti spesso felici, tentativi dalla distanza, la tendenza a chiamare a sé la palla, una personalità sempre crescente che impreziosisce quel che i numeri, già da soli, dicono.
Effetto Tudor
L'esplosione di Simeone è coincisa peraltro con l'arrivo di Igor Tudor in panchina, non deriva soltanto da un percorso personale di crescita, di sicurezza crescente e consapevolezza dei propri mezzi, ma da cambiamenti connessi al suo ruolo in campo rispetto alle prime uscite con Di Francesco e al recente passato a Cagliari.
Novità che si legano al modo diverso di interpretare il ruolo di prima punta e la partecipazione al gioco: adesso Simeone si trova più spesso a condurre palla, anche abbassandosi, ma nello scambio coi compagni riesce poi ad attaccare meglio la profondità rispetto al passato che, soprattutto a Cagliari, lo vedeva subito verticalizzare, con meno partecipazione al dialogo.
Una delle chiavi risiede anche nell'intesa con Caprari, un'intesa che Simeone, parlando a DAZN, ha definito per certi versi scritta nel destino: "Non mi ero mai trovato così velocemente con qualcuno. Si chiama Gianluca, come mio fratello, dovevamo trovarci bene". In sostanza la disponibilità a giocare per la squadra è rimasta ma è diventata più lucida ed efficace, con un miglior dialogo coi compagni e letture migliori per farsi trovare pronto al passaggi.
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