#AllegriIn: il corto muso come un sorriso beffardo

La Juve somiglia ad Allegri: cinismo e pragmatismo battono la ricerca del controllo sul possesso.
Allegri
Allegri / Gabriele Maltinti/GettyImages
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Come fa una squadra, concretamente, a somigliare al proprio tecnico? Si parla spesso di allenatori in grado di dare "la propria impronta" su un gruppo, lo si fa generalmente riferendosi a quei tecnici associati - come marchio di fabbrica - alla tanto discussa idea di bel gioco, inseguendo insomma una qualche forma di estetica applicata al pallone. Identità di gioco e appunto "somiglianza" si legano, in genere, al "bello" o alla ricerca orientata al dominio del possesso.

Identità e bellezza: associazione superficiale?

Si arriva, del resto, a riferirci a determinate dinamiche di campo utilizzando proprio il nome del tecnico ad esse connesso: Sarriball, Guardiolismo e diversi altri riferimenti diretti a un nome come garanzia, come timbro. Qualcosa insomma, sulla carta, di terribilmente distante da quel che attiene Massimiliano Allegri e la sua Juventus: non si parla del resto di Allegrismo, ragionandoci, ma si tira spesso in ballo quel "corto muso" citato a suo tempo dal tecnico livornese. Un concetto spesso stravolto e frainteso, rispetto alle reali intenzioni dell'allenatore della Juventus, un concetto che ora più che mai svela tutta la propria concretezza pragmatica, tutta la propria potenza.

Fabio Miretti
Miretti in gol al Franchi / Gabriele Maltinti/GettyImages

Il successo bianconero al Franchi ha in sé tracce profonde di un'identità, quella con l'approccio del tecnico all'insegna del pragmatismo, del "basta che funzioni" che scardina ogni principio e ogni ricerca di un guru a tutti i costi. Una potenza esaltata, come in un gioco di opposizioni, da quel che accade dall'altra parte, da una Fiorentina spesso bella ma altrettanto di frequente inefficace, una squadra che finisce talvolta per specchiarsi e innamorarsi di se stessa.

D'altro canto è difficile riferirsi al caso quando arriva il conforto dei numeri: da un lato una Viola orientata al possesso ma spesso disattenta e fumosa, dall'altra parte un tecnico che (statistiche alla mano) fa del cinismo una propria cifra distintiva. Dal ritorno alla Juve, infatti, Allegri ha condotto la squadra alla vittoria per 1-0 ben 17 volte, più di qualsiasi altra squadra nello stesso periodo preso in considerazione.

La forza dell'ironia

La vittoria di misura della Juve a Firenze ha in sé tanto del racconto che si fa del concetto di corto muso, diventa poi chiaro come il concetto sia stato assorbito in modo profondo dal gruppo: sono tre punti, del resto, che somigliano all'ironia beffarda di Szczesny nel post-partita. "Abbiamo sofferto un po'...circa 89 minuti": parole dall'apparente sapore di autocritica che, a leggerle meno superficialmente, si tramutano in esaltazione di un gruppo, nella sottolineatura di una cruciale capacità di soffrire.

Wojciech Szczesny
Szczesny / Ciancaphoto Studio/GettyImages

Si va oltre: si sfocia in una sorta di celebrazione della sofferenza come ingrediente aggiuntivo e non come malus. Il fraintendimento con cui spesso si cita il "corto muso", quello che lo vorrebbe come esaltazione fine a se stessa della vittoria di misura, trova dunque una spiegazione più efficace: esistono periodo storici o momenti all'interno di una stagione in cui si finisce per essere dominanti, per legare risultato/possesso palla/approccio intraprendente, ci sono però situazioni in cui occorre passare dal fioretto alla sciabola, senza concedere spazio all'estetica, ricordando come il fine sappia inesorabilmente giustificare i mezzi. Come, insomma, l'unica eco che rimanga di una sfida singola o di un campionato sia - oggettivamente - il risultato.

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Gli esiti complessivi di una stagione passano anche da momenti simili, da situazioni in cui badare al sodo diventa la condizione unica per respirare: c'è poi qualcosa di "bello" anche in un reparto arretrato solido e impenetrabile, anche nella capacità di ridurre la pericolosità dell'avversario persino quando questo, come accaduto ieri, dà l'impressione di essere in dominio. Ci sono certi frangenti in cui una singola parola sa dire tanto, molto di più dell'incontinenza verbale: la Juve, seguendo la similitudine, parla poco ma sceglie le parole giuste e le dice quando vanno dette. Non è la prima volta, non sarà neanche l'ultima.