Alvaro Odriozola: l'arte di essere in prestito e di saper appartenere
Il profilo tipico del calciatore in prestito secco, formula spesso bistrattata e vituperata ragionevolmente da tifosi e addetti ai lavori, è quella del ragazzo sballottato da una parte all'altra del mondo (geograficamente e calcisticamente parlando) senza neanche avere il tempo di capire i contorni del luogo, il temperamento della gente, senza poterne capire la lingua o assaggiarne le eccellenze gastronomiche.
Come una meteora destinata a "raccogliere minutaggio", a trovare quello spazio altrimenti precluso, per tornare poi in fretta e furia alla casa base, senza rimpianti e senza lasciare chissà quale scia di ricordi. C'è poi, in mezzo ai tanti profili tipici del prestito secco, una felice e rara eccezione: l'occasione insolita di dare l'impressione (probabile che resti solo quella) di appartenere, di non essere finito poi così per caso da quelle parti.
I perché di un idillio
Le parti di Firenze, per intenderci, la fascia destra del campo del Franchi da percorrere avanti e indietro come ingranaggio fondamentale del 4-3-3 targato Vincenzo Italiano. L'etichetta ingombrante di un passato al Real Madrid (che tutt'ora ne detiene il cartellino) e al Bayern Monaco, la consapevolezza poi ancor più invadente di doverci tornare, alle Merengues. Alvaro Odriozola sta riuscendo a sovvertire un intero impianto di luoghi comuni associati al giocatore in prestito secco, lo sta facendo sul campo così come (in modo altrettanto dirompente) a livello di spogliatoio e di legame instaurato con la piazza.
Le due questioni s'intrecciano, come naturale che sia: il vuoto nel ruolo di terzino destro appare una sorta di scomoda costante, un ritornello noto ai tifosi della Fiorentina, e la presenza di un elemento di alto livello nel ruolo crea tutte le basi per un idillio.
Il ruolo dei laterali bassi per Italiano, come s'iniziò ad intendere anche a Moena e dalle passate esperienze del tecnico, è cruciale e premia gli interpreti del ruolo: Biraghi da una parte e lo stesso Odriozola dall'altra toccano un gran numero di palloni, hanno modo di attaccare con continuità, dialogano con gli esterni altri e si alternano con questi nell'attaccare la profondità o nell'accentrarsi.
Identità e appartenenza
Oltre al campo però ci si spinge oltre, sorprendendosi ancor di più: Odriziola, parlando ai canali ufficiali della Fiorentina, ha tracciato un parallelismo tra Firenze e la sua San Sebastian, lo ha fatto sia pensando alle ricchezze storiche e artistiche che, ancor di più, facendone una questione d'identità. Quella che si respira per le strade, nella quotidianità di una città, rendendola una cosa sola coi suoi stessi colori. Una connessione che, dunque, ha finito per far scattare il proverbiale colpo di fulmine e per eliminare ogni perplessità aprioristica sulla formula dell'accordo.
Esiste poi un tema parallelo che arricchisce ulteriormente il binomio Odriozola-Firenze e permette al giocatore di sentirsi parte di un discorso, non solo comparsa: la passione per l'arte e per la storia, rivendicata fin dalle prime interviste, fa sì che lo spagnolo ami perdersi tra monumenti e musei, che non viva la città soltanto da ospite provvisorio ma con gli occhi incantati di chi ha saputo comprenderne il valore.
Identità ed estetica come tratti che collegano l'avventura viola sul campo e quella fiorentina a tutto tondo, nella percezione di Odriozola: le ambizioni lo porteranno altrove, è logico supporlo, ma quel che rimarrà sarà senz'altro la rarità di un giocatore in prestito capace di appartenere a una realtà, di farla insolitamente propria.
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