Atlante geografico dei Messi (Parte 2 - Asia e Oceania)
Com'è possibile che questo pianeta sia così pieno di Messi, e che, allo stesso tempo, di Lionel Messi, ce ne sia soltanto uno? Giornali e compagni di squadra entusiasti ci hanno insegnato che a volte non serve essere mancino, un dribblomane compulsivo o persino un giocatore di calcio per essere il Messi di una nazione. Questa vuole essere una guida in quattro parti ai Messi che potremmo incontrare viaggiando per tutto il mondo, a quelli dimenticati, e a quelli che dimenticheremo.
Nella scorsa tappa abbiamo visitato tutta l'Europa alla ricerca del nuovo Messi, o alla riscoperta dei vecchi "nuovi Messi", ma con poca fortuna e tanta amarezza. Ma il nostro viaggio continua, tra Medio Oriente, Asia centrale, Giappone, facendo capolino anche in Oceania, mantenendo fede al nostro obiettivo: trovare tutti i Messi del pianeta, fiduciosi che ci sia (o che ci sia stato) un degno erede del 10 blaugrana. Si comincia dall'Armenia, che ha consegnato lo scettro a Aras Özbiliz, un giocatore cresciuto nelle giovanili dell'Ajax che adesso, a 30 anni, si ritrova a fare la riserva nel Pyunik Erevan, dopo qualche sporadica apparizione in Europa tra Russia, Olanda, Turchia e Spagna. Non cominciamo bene. Poi, come poteva Özbiliz poter essere il "Messi armeno" con un cognome così, che vuol dire "unico, che preserva la sua identità"? Prossima fermata, gli Emirati Arabi, dove invece c'è un giocatore molto più interessante. Ormai ventinovenne, Omar Abdulrahman, non ha portato sulle spalle solo il fardello di essere il Messi emiratino, ma persino quello di Messi d'Arabia, peso che, nonostante la mia diffidenza, sembra aver tenuto saldamente, almeno in patria. Abdulrahman è considerato da molti uno dei talenti più cristallini che abbia mai giocato in Asia, ed è stato più volte avvicinato da squadre europee come Manchester City o Benfica, che non sono mai riuscite a mandare in porto la trattativa. I video delle sue giocate su YouTube sono una gioia per gli occhi, e Abdulrahman forse non sarà mai Messi, ma sicuramente, nel suo paese, è un'icona quasi a quel livello. Ma non rilassatevi, perché il viaggio non sarà così semplice, di Abdulrahman ce ne saranno ben pochi da qui in poi...
Il Messi palestinese? Ashraf Nu'man, ala sinistra, 185 cm, destro: si ricomincia con i Messi-non-Messi. E quello israeliano? Anche qui, come in Europa, ci scontriamo contro un Messi che al Barcellona c'è stato davvero, e che di Messi sarebbe dovuto essere l'erede. Gai Assulin era un giovane talento israeliano, prelevato dal Barcellona e titolare nelle giovanili allenate da un certo Pep Guardiola. Purtroppo, tra infortuni e un rapporto non idilliaco con il successivo allenatore del Barcellona B, Luis Enrique, Assulin non riesce a mostrare le sue qualità, e si trasferisce al Manchester City di Roberto Mancini. Anche in Premier, non esordisce mai ed è lontano dall'esprimersi al meglio, e dopo quasi 10 anni possiamo dire con relativa certezza che, forse, tutto quel talento, non c'era.
Con Sardar Azmoun torniamo su sentieri più piacevoli. Il Messi iraniano giganteggia in Russia da ormai 7 anni (e ne ha 26!), grazie alle sue qualità negli inserimenti e nella progressione palla al piede; Azmoun è attualmente uno dei giocatori più forti del continente asiatico, e se ne è parlato spesso in ottica di calciomercato, anche per squadre italiane come Lazio e Napoli. Allo Zenit, in 74 presenze, ha messo a segno 44 gol e 18 assist, dimostrando anche le abilità realizzative che spesso mancano in quasi tutti i Messi del mondo. Il Messi iraniano è senza dubbio una bellissima sorpresa, nel nostro viaggio, e spero di reincontrarlo un giorno, magari in Europa.
In Iraq, invece, ci ritroviamo in una situazione particolare. Se, da un lato, il Messi iracheno "ufficiale" è Humam Tariq, meteora mai capace di rispettare le aspettative che c'erano su di lui in patria, e adesso svincolato a soli 24 anni, dall'altro c'è bisogno di una menzione di disonore verso un altro "Messi iracheno". Ibrāhīm al-Badrī era 16 anni più grande di Messi, ma da un suo ex-compagno di squadra, Abu Ali, in un'intervista al Telegraph, viene definito come il loro Messi, come il giocatore più forte con cui avesse mai giocato. Ibrāhīm al-Badrī diventa però noto con un altro nome, quello di Abu Bakr al-Baghdadi, e con un titolo sensibilmente diverso da quello di "Messi di Baghdad": quello di primo califfo e leader dell'ISIS. Questo magari lo scartiamo.
Lasciamoci alle spalle il terrorismo, e ritroviamo il sorriso con Kaleemullah Khan, il Messi pakistano. Prodotto dalle giovanili del Khan Research Laboratories Fooball Club, che mi fa solo pensare a un esperimento finito male di un fumetto di Spiderman, diventa una leggenda della squadra con 72 gol in 94 partite. Poi il Kirghizistan, che stiamo per visitare, e lo sbarco negli USA, nella Serie B statunitense. Non sono sicuro di voler davvero cercare altro. Visto che ci siamo, si parte per il Kirghizistan, dove ad accoglierci è Erbol Atabaev. Su di lui, anche volendo, non si trova nulla, solo articoli in cirillico e i rimasugli di un profilo Instagram cancellato. Magari era questo, quello giusto, ma non lo sapremo mai.
Spostiamoci in Uzbekistan, ma in realtà andiamo a Genova, sponda rossoblù, perché è proprio lì che si trova il Messi uzbeko. Eldor Shomurodov è uno dei classici acquisti di Preziosi che a gennaio diventano miele per le api, spesso anche senza alcun motivo. Shomurodov ha fatto intravedere buone cose in questa prima metà di stagione, ma è ancora decisamente poco perché si possa intravedere un reale talento, tale da interessare addirittura la Juventus (certo che, tra lui e Pellè...). In ogni caso, non sarà il nuovo Messi, ma fa molto piacere che ogni biografia, ogni descrizione, ogni scheda di analisi ci tenga a ricordare che Shomurodov sia un appassionato di letteratura e storia. L'accostamento con Messi, comunque, è da bocciare anche per l'annosa questione diverso ruolo-diverso piede-diverse abilità.
Ultima delle nazioni che terminano con -stan, l'Afghanistan, dove ad accoglierci è Abdul-Karim Sarwari, un insegnante che un giorno è stato fotografato da un amico e che somiglia molto a Messi. Neanche lo sforzo di trovare uno che giochi a calcio. Scappiamo via dalle terre afgane, con uno sguardo tra l'imbarazzato e il deluso, ed entriamo finalmente in Cina attraverso il corridoio di Vacan. Il Messi cinese (o Maradona cinese, che dir si voglia) gioca il derby di Barcellona proprio contro il suo doppelgänger argentino, con la maglia dell'Espanyol, e si chiama Wu Lei, ala sinistra, piede destro, insomma la solita solfa, a Messi (o a Maradona) non si avvicina neanche. Tuttavia, in patria, fece molto bene ed è considerato il calciatore cinese più forte. E infatti la Cina sta regalando la cittadinanza a tutti i brasiliani che si trasferiscono nella Super League. A cavallo di un drago cinese, passiamo sopra Hong Kong, e neanche ci fermiamo, perché vi assicuro che, da quello che vedo da quassù, Lo Kwan Yee non ne vale assolutamente la pena, e poi sopra il Nepal, con Jagjit Shrestha che ci saluta dal campetto. Non guardatelo negli occhi e andiamo avanti, altrimenti dobbiamo spiegargli che essere basso e segnare su punizione non fa di te Messi.
Sempre a bordo del nostro dragone, prima di andare per mare, dobbiamo assolutamente passare dalle due Coree. Il Messi nordcoreano dicono sia Jong-Il Gwan, anche se, come al solito, niente porta a pensarlo, ma sono sicuro che presto questo articolo risulterà obsoleto, considerate le ambizioni di Kim Jong-un volte a rendere la Corea del Nord un grande stato anche sotto il profilo sportivo, letteralmente fabbricando in serie dei Messi. Il Messi sudcoreano è invece un giovanissimo ex delle giovanili del Barcellona, che subito dopo l'esperienza blaugrana si è messo in mostra tra Serie A e B con la maglia del Verona, Lee Seung-woo. Adesso gioca in Belgio, è un '98 che può ancora dimostrare tanto, ma il nome di Messi non sembra calzargli a pennello.
È finalmente ora di prendere il largo! Tuffiamoci in mare e raggiungiamo il paese del Sol Levante, dove è Takefusa Kubo a prendere il trono nipponico del nostro caro numero dieci, togliendolo all'ex-Messi giapponese Yoshinori Muto. Kubo ha 19 anni, ha giocato nelle giovanili del Barcellona e adesso è appena approdato al Getafe in prestito dal Real Madrid, dopo prestazioni altalenanti al Villarreal in questa prima parte di stagione. Il Real sembra ancora puntarci molto, e sta cercando di farlo crescere lentamente per ottenere nuovamente un effetto Ødegaard (uno dei Messi che abbiamo già incontrato). Le qualità del giocatore sono indiscutibili e il suo nome potrebbe davvero diventare uno dei più chiacchierati dai giornali in futuro. E anche noi, dopo tante amarezze, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Per poco ancora.
Siamo quasi giunti al termine del nostro viaggio in Oriente. Nel Sud-Est asiatico passiamo per Thailandia, Indonesia e Filippine per incontrare rispettivamente Chanathip Songkrasin, Andik Vermansyah e OJ Porteria. Che dire su queste novelle Pulgas? Ali/Trequartisti con un buon dribbling e una meno buona altezza, che vengono chiamati Messi semplicemente perché, a paragone con tutti gli altri calciatori delle loro leghe, che sono a malapena a livello delle nostre categorie più basse, sembrano semplicemente fortissimi. Se poi non c'è neanche una storia divertente da raccontare, consiglierei di sorvolare.
E infine l'Oceania (che, attenzione, è Asia dal punto di vista calcistico), che però, vi anticipo già, non ci regalerà particolari sorrisi o speranze, anche se devo ammettere che forse sono un po' ingiusto, colpa probabilmente della stanchezza accumulata in questo lunghissimo viaggio. Mi sembra scorretto, infatti, non avere neanche la minima speranza nel campioncino portato dall'Australia, Zak Gilsenan, soltanto 17 anni e una carriera tra le giovanili di Barcellona, Liverpool e Blackburn, e un corredo di articoli e dichiarazioni che ne parlano già ora come se fosse già Messi. La Nuova Zelanda, invece, risponde con il 29enne Marco Rojas, con un passato anche in Olanda e Germania e attualmente nelle fila del Melbourne Victory, soprannominato "The Kiwi Messi" per il suo controllo e per alcuni gol decisamente gradevoli. Nulla per cui spaccarsi la mascella, in ogni caso.
E anche Asia e Oceania sono state ispezionate per bene. Viaggio meno "talentuoso" di quello in Europa, ma allo stesso modo appassionante, poi, si sa, il fascino esotico dell'Oriente ci cattura sempre. Onore ad Azmoun, Kubo e e Abdulrahman, gli unici in questa lunghissima lista che guardi giocare pensando quanto siano forti loro, e non pensando quanto siano scarsi gli avversari. Ma adesso basta, ne abbiamo abbastanza di sosia, terroristi e giocatori che sembrano non essere mai esistiti realmente. Dall'Oceania, quindi, andiamo in Africa, dove i Messi diminuiscono di numero in modo direttamente proporzionale ai loro video di "Skills&Goals" presenti su Youtube.
Segui 90min su Facebook, Instagram e Telegram per restare aggiornato sulle ultime news dal mondo della Serie A.