Beppe Marotta lancia l'allarme sul sistema calcio e situazione stadi in Italia

Beppe Marotta
Beppe Marotta / Valerio Pennicino/GettyImages
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Sistema calcio e stadi italiani. Questi sono i due punti trattati da Beppe Marotta, presidente e amministratore delegato dell'Inter, in un intervento nello speciale del TG2. Il calcio italiano vive un periodo complicato sia nella crescita di questo sport ma soprattutto per la burocrazia che blocca troppo spesso i progetti di restyling e costruzione da zero delle strutture sportive. Queste le parole del massimo dirigente nerazzurro, riprese da Calcio e Finanza.

"Le società di calcio erano spesso nelle mani di industriali, mecenati, che garantivano la sopravvivenza degli sport quasi come debito sociale verso la collettività nella quale avevano avuto un grande successo. Oggi tutto questo non c'è più, per cui il modello è diventato un modello di business e da questo punto di vista ci dobbiamo reggere solo seguendo il concetto della sostenibilità. Siamo davanti ad un calcio molto consumistico, siamo davanti a figure nuove che sono i procuratori e le agenze, che vogliono far sì che il loro assistito sia soprattutto un oggetto commerciale, di divulgazione della propria immagine e spesso trascurano quella che è la missione principale, ossia essere il rappresentante di un sistema che aiuta ed educa i ragazzi, per diventare i calciatori e gli uomini del domani".

"Il calcio italiano deve migliorare nella valorizzazione dei diritti televisivi, che va però di pari passo con lo spettacolo che offriamo, e l'incremento degli introiti da matchday, dalle partite vere e proprie, cercando di ottimizzare la presenza di spettatori nello stadio. Qui si apre uno spiraglio negativo che è legato alle strutture italiane, che in Europa sono il fanalino di coda. Con uno stadio moderno e che garantisce ospitalità e sicurezza, anche gli introiti potrebbero aumentare. In Inghilterra sono arrivati ad abbattere uno stadio iconico come Wembley, in Italia invece si fa fatica ad abbattere qualsiasi tipo di struttura. Le difficoltà sono proprio legate alla burocrazia, che prevede tanti passaggi e tante autorizzazioni. Per questo prima di arrivare ad una autorizzazione finale c'è quasi uno scoramento da parte dei potenziali investitori, perché il tempo sicuramente non gioca a favore. I grandi stadi sono di interesse nazionale, sono strutture che dovrebbero far capo al Ministero delle Infrastrutture, quindi eviterei i passaggi dal Comune, provincia, sovrintendenza e tutto questo iter burocratico. C'è troppa lentezza, ci vuole invece più immediatezza e meno burocrazia".


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