Il cammino del Manchester City in Premier League: dal difficile inizio al trionfo
L’11 maggio è una data che i tifosi del Manchester City ricordano con gioia. Proprio in quel giorno, nel lontano 2014, vinsero il campionato. Proprio quest’anno la storia si è ripetuta con la conquista della Premier League per la settima volta nella sua storia. E non sono dovuti nemmeno scendere in campo, grazie al Leicester che ha regalato ai Citizens la vittoria più dolce che ci sia. Infatti le Foxes hanno battuto i cugini degli Sky Blues, ovvero il Manchester United, espugnando l’Old Trafford per 2-1. Sono dieci i punti che separano i Red Devils e i Citizens, distacco che a tre giornate dalla fine è ormai incolmabile.
Eppure questo terzo titolo in quattro anni (e il quinto in nove) non era scontato. È lo stesso Guardiola a ribadirlo: "Sono stati la stagione e la Premier League più dure di tutte. Sono molto orgoglioso di questo gruppo".
Il girone d'andata è stato come scalare l'Everest. Forse ancora con la testa al deludente K.O contro il Lione a Lisbona (nella scorsa edizione della Champions League), l’inizio del campionato è stato terribile. Guardiola sembrava aver perso il suo sprint e il suo tocco magico: in sette partite era riuscito a vincerne solo tre. Ne aveva pareggiate altrettante, di cui due con squadre perfettamente alla sua portata (West Ham e soprattutto il neopromosso Leeds). Erano poi arrivate due pesanti sconfitte, sonore e casalinghe: contro il Tottenham di Mourinho e, prima, contro quel Leicester che si era importo per 5-2. La chiusura del girone d'andata faceva presagire una Premier League combattutissima, con tante squadre che si alternavano sulla vetta e distacchi ridotti all’osso: 41 il City, 40 lo United, 38 il Leicester, 36 il Tottenham, 35 l’Everton e via dicendo.
Poi qualcosa è cambiato. Il merito è soprattutto di Guardiola che è riuscito piano piano a trovare la quadratura del cerchio. Nel momento in cui l’allenatore catalano ha messo mano alla difesa, come forse non aveva mai fatto in vita sua, la stagione dei Citizens è svoltata, spaccando in due la stessa Premier League. La squadra è diventata un muro invalicabile, la difesa meno battuta del campionato: solo 26 le reti incassate in 36 giornate. E si sa, in un campionato come la Premier, dove si gioca a viso aperto senza troppi tatticismi, avere una protezione così è importantissimo.
È strano che, in una squadra allenata da Guardiola, solitamente sempre improntata sull'attacco, siano stati proprio i difensori a fare la differenza. Laporte e Ruben Dias hanno trovato un’alchimia tale da diventare inarrestabili. La vera esplosione, però, è stata quella di Joao Cancelo, visto anche in Italia con la maglia dell’Inter e della Juventus. Nella Serie A non è riuscito a emergere definitivamente e, allora, ci ha pensato Guardiola. Cancelo si è rivelato una pedina fondamentale, devastante in alcuni tratti, capace di ricoprire tantissimi ruoli sia in difesa (come terzino destro o sinistro) sia a centrocampo.
Il City, inoltre, non ha perso la sua carica offensiva: è l’attacco più prolifico della Premier League, con 72 goal segnati. Si è persino “vendicato” di alcune delle squadre che l’avevano battuto nel girone d'andata, come il Leicester o il Tottenham, infliggendo rispettivamente un 2-0 e un 3-0. Phil Folden, talento classe 2000, è stato uno dei protagonisti, rivelandosi il centrocampista (e attaccante aggiunto) perfetto per il gioco di Guardiola. Duttile, intelligente, abile negli spazi stretti, con ottima sensibilità tecnica e grande personalità. De Bruyne si è mostrato ancora una volta il migliore degli uomini a disposizione del tecnico catalano. Gundogan, invece, si è scoperto improvvisamente bomber: è lui il capocannoniere dei Citizens, a quota 12 gol. Un centrocampista che, nella classifica marcatori della Premier League, è solo decimo.
Questo dimostra che, sebbene i giocatori nominati si siano distinti maggiormente, è stato un successo del collettivo. Il Tottenham, ad esempio, ha il capocannoniere della Premier e il quinto in classifica (Kane e Heung Min Son), eppure è solo settimo nel campionato. Il primo attaccante del City – che non è nemmeno un vero e proprio attaccante – è Mahrez a quota 9 goal e 21esimo in classifica marcatori. È stata proprio questa imprevedibilità a non essere stata letta dagli avversari: non c'erano attaccanti stabili in area di rigore, così non hanno dato punti di riferimento alle altre squadre. Spesso, infatti, erano Mahrez o Foden a ricoprire quel ruolo.
Di conseguenza mai come quest’anno il Manchester City ha preferito puntare sul gruppo, invece che sulle individualità, lasciando spesso in panchina giocatori importanti come Aguero. Il risultato non è stato solo la vittoria in campionato, ma un girone di ritorno da record: 25 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte.
E ora che la pratica Premier League si è conclusa, Guardiola e i suoi possono volgere lo sguardo verso l’ultimo obiettivo di stagione: la Champions League.