Chi è stato Gianluca Vialli per chi non l'ha mai visto giocare?

Gianluca Vialli
Gianluca Vialli / Clive Brunskill/GettyImages
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Secondo Pier Paolo Pasolini, il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, l'unica che, in un periodo in cui perfino la religione sta affrontando un lento e inesorabile declino, continua ad attrarre milioni di appassionati in tutto il mondo. La parola "fede" deriva dal latino fides e significa "riconoscere l'affidabilità dell'altro". Un fedele è dunque chi annulla i propri pregiudizi e le proprie sovrastrutture, la propria razionalità, per consegnarsi all'altro, sia esso una persona o un ideale.

Pasolini ha ragione: nel calcio c'è una profonda matrice religiosa. Si crede nella propria squadra, che secondo ognuno di noi ha i mezzi per raggiungere un determinato obiettivo, si crede nell'allenatore, che ha le giuste capacità per guidarla quella squadra, e si crede in un calciatore, nelle sue doti, nelle sue qualità.

Spesso però la fede è rivolta a chi non vediamo o a chi non abbiamo avuto la fortuna di vedere. È il caso delle leggende, ossia dei calciatori le cui gesta sono talmente antiche dall'essere tramandate oralmente di padre in figlio. Naturalmente, prima o poi, ogni generazione ha la propria leggenda: i nostri genitori non hanno mai potuto ammirare le giocate di Pelé, eppure lo consideriamo tra i più grandi della storia. I nostri fratelli più grandi non sanno minimamente come funzionasse il calcio totale olandese, ma parlano di Cruijff come se fosse il Messia del pallone.

Allo stesso modo, a chi è nato alla fine degli anni '90 - come il sottoscritto - è stata preclusa la possibilità di godersi a pieno la golden age del calcio italiano. Tuttavia, pur conoscendoli in maniera indiretta, sappiamo che giocatori come Baggio, Zidane, Rui Costa e Vieri occupano un posto di rilievo nella storia dello sport più bello del mondo. Non li abbiamo mai visti in campo dal vivo, i loro gol ci sono arrivati solo tramite YouTube, eppure li sentiamo nostri, simpatizziamo per loro che sono in grado di trasmetterci le stesse emozioni che trasmettevano a chi li ha vissuti.

È per questo che la Gen Z ha seguito con attenzione le vicissitudini legate alle condizioni di Gianluca Vialli, che, dopo una lunga malattia, oggi si è congedato dalla vita lasciando un enorme senso di vuoto in tutti gli amanti del calcio.

Gianluca Vialli, Roberto Mancini
Gianluca Vialli, Roberto Mancini / Chris Brunskill/Fantasista/GettyImages

Quando noi under 30 pensiamo a Vialli, la nostra mente viaggia direttamente a Euro 2020. Ce lo ricordiamo quando, in una delle tante notti magiche di due estati fa, va ad abbracciare Roberto Mancini. Gli occhi fanno trasparire una certa emozione e lui stenta a trattenere le lacrime. Noi non possiamo saperlo, ma loro due sono amici fraterni e alla Sampdoria hanno formato una delle coppie d'attacco più letali e iconiche della Serie A. Mancini era quello fantasioso, il 10 in grado di tirar fuori giocate incredibili da un momento all'altro; Vialli invece il bomber che la metteva sempre dentro. Elegante il primo, implacabile il secondo. O almeno è così che ce li hanno raccontati.

Già, perché noi quell'incredibile duo non lo abbiamo mai potuto ammirare. Così come non abbiamo potuto ammirare Gianluca diventare Stradivialli a suon di gol in acrobazia. È un rimpianto con il quale dobbiamo convivere (così come i giovanissimi dovranno convivere con il rimpianto di non aver visto Messi e Ronaldo nei rispettivi prime), ma quello che Vialli lascia a noi giovani prescinde dalla sfera calcistica, riguarda infatti il modo di affrontare la vita e le sue ingiustizie. È il sorriso con cui ha affrontato quella malattia bastarda la sua legacy più grande.

Non avremo fatto in tempo a gustarci il Vialli calciatore, quello che esordiva con la Cremonese, che vinceva lo Scudetto con la Samp e la Champions League con la Juve, ma per nostra fortuna ci siamo goduti il Vialli uomo, quello lo abbiamo potuto toccare con le nostre mani e apprezzarne la sensibilità fuori dal comune. È la persona, prima ancora del calciatore, a rimanere impressa. Il resto è solo una questione di fede.