Colpo da 90: Manuel Rui costa dal Benfica alla Fiorentina

Colpo da 90 - Manuel Rui Costa
Colpo da 90 - Manuel Rui Costa / 90min Italia
facebooktwitterreddit

Una storia che inizia con le lacrime ha certo l'aria di essere una storia triste, di poterti lasciare col magone quando la ascolti. Le lacrime, però, fanno parte in modo indelebile del collage di immagini che, a posteriori, si collegano al passaggio di Manuel Rui Costa a Firenze: lo fanno per quell'addio che, il 13 luglio 2001, vide strappar via a una città il suo dieci (non un numero qualsiasi) e insieme vide sgretolarsi per intero un certo concetto di grandezza, un'ambizione di splendore che - nonostante l'addio di Batistuta consumato un anno prima - continuava a serpeggiare sulle rive dell'Arno.

Le lacrime tornano utili, simbolicamente, anche per descrivere in maniera lampante qualcosa che scorre tra le righe della storia calcistica di Rui Costa, non solo nella sua memorabile parentesi alla Fiorentina: il sacrificio, sacrificio non in contraddizione con la gioia ma come condizione umana basilare nel momento di una scelta, coraggio di una mossa scomoda ma necessaria di fronte a un bivio.


Colpo da 90 è un format ideato e realizzato dal team di 90min Italia per ripercorrere la storia e gli aneddoti legati ai grandi acquisti della Serie A degli anni '90. Non saranno obbligatoriamente le operazioni di mercato più importanti o più dispendiose, ma quelle che hanno lasciato un segno nel nostro campionato.


Rui Costa Manuel Cesar, utre Jorge Paulo Dos Santos
Rui Costa al primo anno in viola / Alessandro Sabattini/GettyImages

Tutto deciso...anzi no

Il primo sacrificio, quello che forse fa più rumore in ottica mercato, anche senza conoscere ogni piega della storia in viola di Rui Costa, fu quello che vide saltare l'approdo del portoghese al Barcellona, auspicato (tenue eufemismo) da un Cruyff che - di fatto e ragionevolmente - intravide tutto il potenziale di quel giovane fantasista, desiderando dunque di vestirlo di blaugrana nel 1994. Ragionevolmente, sì, poiché Rui Costa si stava rivelando talento più che mai precoce con una maglia certo pesante come quella del Benfica: il titolo portoghese conquistato nel 1993/94, con 10 gol realizzati e un ruolo da protagonista, dimostrava chiaramente come quel ventunenne (da sempre vissuto nelle fila delle Aquile, fin da bambino) fosse pronto per il grande salto, per un campionato ancor più prestigioso.

La corte del Barcellona era tutt'altro che leggera e sussurrata: Cruyff entrò a gamba tesa su Rui Costa, il suo vice Rexach chiamava il ragazzo a cadenza settimanale, il giocatore dal canto proprio dovette attendere la fine della stagione per esprimersi più liberamente su quella voce pronta a tramutarsi in realtà, su quel sogno da realizzare. Rui Costa indossò perfino la maglia del Barcellona prima ancora di diventarne un giocatore: si sentiva, insomma, già là. Il mercato però ci insegna, lo fa da tempi non sospetti, che niente è deciso finché un affare non è ufficiale (talvolta neanche dopo, di fatto) e il caso Rui Costa-Barcellona va dunque a sommarsi al ricco repertorio di colpi sfumati, di sogni infranti e di sliding doors.

A sorridere, altro che lacrime in questo caso, fu proprio la Fiorentina, pronta a inserirsi di prepotenza nel rapporto ormai incrinato tra Benfica e Barcellona. L'approdo in blaugrana era sostanzialmente legato a una promessa del presidente del club lusitano, Jorge de Brito, allo stesso Rui Costa: il cambio ai vertici del Benfica rimescolò tutto, tramutandosi in un muro nei confronti del Barcellona (e di un'offerta ritenuta troppo bassa). Servirono gli 11 miliardi di euro stanziati dalla Fiorentina per avere il sì del Benfica, Rui Costa dal canto proprio non si impuntò: sacrificò il sogno di vestire la maglia del Barcellona e sposò dunque i viola, consapevole che la dirigenza gigliata - Antognoni e Cinquini nello specifico - fece davvero il possibile pur di averlo, convincendo Cecchi Gori a investire la cifra necessaria. Una ferma volontà che fece senz'altro breccia nel cuore di Rui Costa, prima ancora dell'incontro effettivo con Firenze.

Le ragioni di un amore

Nell'estate del 1991, dunque tre anni prima dell'arrivo di Rui Costa in viola, si palesò un iniziale spaesamento in un giovane Batistuta che - con Irina - cominciava a vivere il capoluogo toscano, sentendolo inizialmente lontano da sé, senza che si realizzasse un colpo di fulmine immediato. Ci fu bisogno di annusarsi, di capirsi più lentamente, di innamorarsi a suon di gol e di corse verso la bandierina.

Nell'estate del 1994 invece, con la Fiorentina appena promossa in Serie A, la voglia di tornare a splendere s'intrecciò con lo sguardo timido ma pieno di calore di quel ragazzo portoghese: non c'erano ancora ragioni di campo, perlomeno non ragioni viste coi propri occhi al Franchi, ma la scintilla scoccò fin da subito. L'empatia in questo caso fu questione di attimi più che di mesi o di anni, una sintonia caratteriale - atto dovuto verso chi ebbe il garbo di entrare in città col proprio passo elegante - che si amplificò del resto sul campo, negli anni (tanti) e nei tre trofei conquistati. Undici miliardi possono essere troppi, il Barcellona non ci volle arrivare, oppure possono apparire briciole di fronte a quel che poi una carriera sa raccontare.

Rui Costa, Gabriel Batistuta
Rui Costa, Gabriel Batistuta / Getty Images/GettyImages

Il passo elegante e compassato, pensare e creare calcio con la mente e poi rifletterlo sul campo, dipingere traiettorie e lanciare con naturalezza il compagno: guizzi di estetica calcistica perfettamente in linea coi desideri di una città da sempre e intimamente legata al numero dieci, come timbro unico di garanzia o come ricordo da cullare. E poi, forse ancor di più, l'equilibrio perfetto trovato con l'altra faccia della Firenze calcistica dei '90, con quel Gabriel Omar Batistuta che tramutava in gol ciò che Rui progettava, che traduceva in potenza l'input educato che arrivava dai piedi fatati del portoghese.

Dalle lacrime a un nuovo sorriso

Proprio la perfezione di una simile sintesi, di eleganza e di debordante potenza, diede la concreta sensazione di poter raccogliere davvero i frutti sul campo, di poter andare persino oltre una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana conquistate tra il 1995/96 e il 1996/97. Dal margine della possibile estasi però, con un rapido capitombolo, si torna a parlare di sacrificio e di sogni strappati via.

Dal 1996 al 2001, appena cinque anni per rovesciare completamente una prospettiva: dalla folla che aspetta una Coppa al Franchi, nella notte del 18 maggio '96, a quelle stesse persone che riempiono lo stadio ma lo fanno senza un trofeo da alzare, senza una gioia da condividere. Il 13 luglio del 2001.

Fiorentina v Milan
Rui Costa in Fiorentina-Milan / Grazia Neri/GettyImages

Lacrime, dunque, quelle di Rui Costa come quelle del popolo fiorentino: se ne andava il portoghese, se ne andava la sua classe, al contempo sfiorivano un'idea di grandezza e un'illusione di vittoria. Il sacrificio di Rui Costa, andarsene per salvare la Fiorentina, rimase poi ancor più indigesto a quel mondo - precipitato nel fallimento e nella rinascita dalla Serie C - e trovò invece il modo di tramutarsi di nuovo in sorriso, di nuovo in giocate, magie e assist, stavolta in rossonero. Ma è una storia diversa, in un decennio diverso.