Colpo da 90: Weah dal Paris Saint-Germain al Milan
La squadra ospite è sotto 2-1 quando, a pochi minuti dal termine della partita, si accinge a battere un calcio d'angolo dalla destra. Il cross segue una parabola imprendibile e, dopo aver attraversato l'area come fosse un arcobaleno, finisce tra i piedi di un avversario.
In questi casi, il galateo non scritto del calcio prevede l'allontanamento immediato del pallone, la classica "spazzata". Tuttavia, il giocatore di turno, che di mestiere fa l'attaccante, non solo non la scaraventa via, ma la controlla con uno stop elegante e se la porta avanti.
Esce dalla propria area di rigore e le sue ampie falcate suonano come una dichiarazione di guerra per la metà campo degli avversari. Grazie alla sovrapposizione del compagno, può accentrarsi. Visto che è ancora la prima giornata di campionato, il terreno non è però in condizioni ottimali e a ogni suo tocco il pallone si alza in maniera irregolare. Per tenerlo a bada serve una tecnica sopraffina, ma lui ci riesce facendolo sembrare naturale, come quella finta con cui si sbarazza di due difensori.
Si trova sulla trequarti quando vede tra sé e il prossimo "ostacolo" una decina di metri. Allora non ci pensa due volte: abbassa la testa, si allunga la sfera e la rincorre con tutta la velocità che ha in corpo. La fatica non pare sentirla. D'altronde, se cresci tra le paludi di Clara Town, sei abituato a correre a perdi fiato su terreni impantanati e a fare lo slalom tra le immense pile di rifiuti che affollano la baraccopoli di Monrovia; che sarà mai replicarlo su un campo da calcio vero?
Conquistata l'area di rigore, l'attaccante con il numero 9 sulla schiena carica la gamba destra portandosela indietro e rilascia tutta la sua potenza facendo partire un diagonale rasoterra che si insacca alla destra del portiere. I 50mila di San Siro non sembrano aver realizzato del tutto quello che è successo: come hanno fatto a passare dall'angoscia di un corner che poteva portare al pareggio, alla gioia per aver segnato un gol così bello? Come ha potuto aver luogo una progressione di emozioni in soli 15 secondi!?
Chi lo sa. Quel che importa è che adesso i tifosi del Milan si trovano in piedi a omaggiare quell'attaccante capace di siglare una rete che racchiude in sé forza, velocità, dribbling, resistenza e finalizzazione: tutte doti che determinano un fuoriclasse.
Ma che George Weah fosse speciale si sapeva già; in quella partita contro il Verona dell'8 settembre 1996 ce ne diede solo la conferma.
Colpo da 90 è un format ideato e realizzato dal team di 90min Italia per ripercorrere la storia e gli aneddoti legati ai grandi acquisti della Serie A degli anni '90. Non saranno obbligatoriamente le operazioni di mercato più importanti o più dispendiose, ma quelle che hanno lasciato un segno nel nostro campionato.
Se pensiamo alla Serie A degli anni '90 è impossibile non parlare di Weah. Non tanto per il numero di gol segnati con la maglia del Milan (appena 58 in 147 presenze), quanto per quegli spunti palla al piede, per i dribbling, la dirompenza fisica e tutte quelle gesta grazie alle quali l'attaccante della Liberia è riuscito a far innamorare decine di migliaia di tifosi.
Dai gol in Europa alle preghiere con il Paris Saint-Germain
Dopo essersi messo in mostra nel panorama calcistico africano vincendo il campionato liberiano e quello camerunese, per George Weah arriva il momento di compiere il grande salto e trasferirsi nel calcio europeo. Nel 1988 è il Monaco a portarlo nel campionato francese, che all'epoca non si chiamava Ligue 1 ma Division 1.
Con i monegaschi vive quattro stagioni altalenanti, in cui alla gioia per aver stabilito il proprio record di gol in un singolo campionato (18 reti) si alternano la frustrazione per i continui infortuni e la delusione per quella sconfitta in finale di Coppa delle Coppe contro il Werder Brema.
Nell'estate del 1992 Weah si trasferisce al Paris Saint-Germain, che all'epoca era una squadra ben diversa da come la conosciamo noi oggi visto che i milioni degli sceicchi dovevano ancora arrivare. I parigini, trascinati dai 7 gol del liberiano, riescono però ad arrivare in semifinale di Coppa UEFA, dove però vengono eliminati dal doppio confronto con la Juventus di Roberto Baggio.
L'anno seguente Weah e compagni si rimboccano le maniche, dominano il campionato e vincono la Division 1. L'attaccante segna 11 reti, risultando il secondo miglior cannoniere della squadra alle spalle di David Ginola, ma qualcosa sembra essersi rotto con la società.
Nel 1994/1995 George Weah finisce infatti nel mirino del Milan. Visto il suo contratto in scadenza, Adriano Galliani ha infatti fiutato la possibilità di acquistarlo a prezzo di saldo e continua a corteggiarlo con insistenza. Fortuna vuole che in Coppa delle Coppe il PSG debba scontrarsi in semifinale proprio contro i rossoneri. Loro sono i campioni in carica, ma i parigini possono contare sul liberiano, capocannoniere della competizione con 8 gol.
Come da prassi, Weah afferma di non essere a conoscenza dell'interessamento del Diavolo e che farà di tutto per aiutare la squadra ad approdare in finale. Tuttavia, nel doppio confronto gioca malissimo e in Francia lo accusano di essersi trattenuto per fare un favore ai suoi futuri compagni. Lui si difende: "Non sono un traditore, la verità è che il Milan è fortissimo. Ha approfittato dei nostri errori, perché è una grande squadra. All' aeroporto mi urlavano 'in galera', come se avessi ammazzato qualcuno, ma a San Siro non mi è arrivato un solo pallone giocabile. Eppure la gente dovrebbe sapere che il PSG ha raggiunto la semifinale per merito mio. Io non ho mai venduto una partita, gioco sempre con il cuore, Dio lo sa".
La situazione sotto la Torre Eiffel è diventata talmente insostenibile da indurlo a chiedere udienza a Michel Denisot, presidente del club. Durante l'incontro, Weah chiede, anzi prega Denisot di lasciarlo partire: "Chiedo sinceramente al mio amico Michel di lasciarmi andare a Milano. Sarebbe un affare per tutti, visto che mi rimane un anno di contratto. Il PSG ha guadagnato giustamente dei soldi con me, ora faccia altrettanto per la mia carriera. Se sarò costretto a partire tra un anno, tutti ci avranno rimesso. Di sicuro, comunque, tra un anno me ne andrò, anche se il Milan non mi volesse più". Il terreno per un suo approdo a Milano è ormai pronto.
Milan, Pallone d'Oro e Scudetto
Per portarlo via da Parigi, il Milan versa nelle casse del PSG 11 miliardi di lire: una cifra considerevole per il calcio dell'epoca, ma sicuramente inferiore rispetto all'effettivo valore di Weah, che nell'estate del 1995 arriva finalmente in Serie A.
Per entrare nel cuore dei tifosi rossoneri ci mette pochissimo, 6 minuti per l'esattezza. Tanto gli è bastato per segnare il suo primo gol nel nostro campionato. In quella gara contro il Padova ha anche trovato il tempo per far segnare a Baresi una delle sue 16 reti in carriera. A dicembre, Weah viene anche insignito del premio individuale più ambito da un calciatore: il Pallone d'Oro.
France Football aveva da poco eliminato il vincolo che permetteva l'assegnazione del trofeo esclusivamente a giocatori europei. Pertanto, il liberiano è stato il primo non-europeo a vincere il Pallone d'Oro. Come se non bastasse, è ancora oggi l'unico africano ad esserci riuscito.
Il coast to coast al Verona e l'addio
La sua prima stagione milanista si chiude con 11 gol in 26 partite ma soprattutto con il 15° Scudetto nella storia dei rossoneri. La sensazione è che Weah possa fare ancora meglio, che possa veramente segnare un'epoca per il Milan e trascinare la squadra verso grandi successi in Europa.
In effetti il '96/97 sembra confermare le aspettative. Nella prima sfida di campionato, il liberiano segna quel mitico gol contro il Verona, al termine di un coast to coast che è entrato di diritto nella storia della Serie A. L'incontro termina 4-1 per i rossoneri e le marcature arrivano tutte dal tridente: due reti di Marco Simone, una di Weah e l'ultima di Roberto Baggio. Con un attacco così sognare in grande è d'obbligo.
Una squadra come il Milan è ovviamente chiamata ad arrivare fino in fondo anche in Champions League, ma nell'incontro del girone preliminare contro il Porto il 9 rossonero rimedia sei giornate di squalifica per aver colpito il difensore lusitano Jorge Costa con una testata al volto, procurandogli la frattura del setto nasale. Weah non è mai stato un giocatore violento e si è sempre motivando il proprio gesto affermando che l'avversario gli aveva rivolto insulti razzisti per tutti i 90 minuti.
La stagione finisce in maniera alquanto deludente, con i rossoneri che chiudono la Serie A ben lontani dallo Scudetto e vengono sconfitti in finale di Coppa Italia dalla Lazio. L'anno seguente, l'arrivo di Alberto Zaccheroni in panchina riporta entusiasmo e, complice un girone di ritorno eccezionale, il Milan torna a vincere il campionato.
Weah dà il suo solito contributo in termini realizzativi. A spiccare è però la doppietta rifilata nello scontro diretto contro la Juventus che ha di fatto lanciato i rossoneri verso il Tricolore.
Nel gennaio del 2000, il liberiano decide di tentare un'esperienza in Premier League. Tuttavia, complici i 34 anni e i continui infortuni, le sue parentesi al Chelsea e al Manchester City non saranno fortunate e in Inghilterra non avranno mai la fortuna di vedere all'opera uno degli attaccanti più forti degli anni '90.