Com'è nato l'inno della Lazio? Storie, aneddoti e curiosità
Il tema della dualità, dell'opposizione come condizione necessaria per esistere, percorre in modo evidente l'anima calcistica della Capitale: come yin e yang, per certi versi, Lazio e Roma appartengono a uno stesso gioco e finiscono (nel loro inseguirsi e scontrarsi) per darsi un credito, per darsi una nuova ragione di esistenza. Ed è evidente, anche soffermandosi sul primo inno della società biancoceleste fondata nel 1900, che esista quasi fisiologicamente (neanche troppo sullo sfondo) una presenza, un'entità taciuta oppure espressa, come nemico a cui guardare.
Forza Lazio e l'inno dello Scudetto del '74
L'attuale e longevo inno biancoceleste, che meriterà poi ovviamente un capitolo a parte, non indugia sul senso di dualità come invece faceva, in modo tanto dirompente quanto scanzonato, quel primo Forza Lazio eseguito da Aura D'Angelo (canzone composta e scritta da Ruccione, Amurri e Rispoli), primo inno dei biancocelesti adottato col ritorno in Serie A, nel 1964.
Già la prima frase del testo spiega tutto: "L’avemo imbriacati e nun ce vonno stà", si parte dunque già col riferimenti ad altri, a un nemico da irridere. Il testo è poi infarcito di altri riferimenti simili e di altre frecciatine ben indirizzate ai rivali: come l'emblematico "Chiuderemo 4-0 e la Roma e la Roma sta a guardà" che conclude il ritornello. Curioso anche il contesto in cui la canzone venne presentata: il Festival "Una Canzone per la vostra squadra", organizzato dall’assessorato al turismo di Sanremo e da Ravera, tenuto all'Ariston nel marzo del '64.
Accanto al tema della rivalità con la Roma, della necessità di mostrare ai rivali di sempre la propria superiorità sul campo, troviamo anche la voglia di riscatto e di rilancio dopo periodo di difficoltà: in questo senso l'inno scritto per celebrare lo Scudetto del 1973/74 è più che mai esplicito e fa riferimento a una situazione di partenza complicata, tradotta poi in un'annata di successo e nella voglia di restare ai massimi livelli.
Dopo aver elencato la formazione protagonista dello Scudetto, infatti, si canta "Fino a ieri co' sta Lazio per noi altri era uno strazio, ora stamo tra li mejo, niente più ci fermerà". E ancora "Quanti pianti me sò fatto pe' sta squadra mia der core" o "Ora tutti se sò accorti che tu sei na realtà": si tratta insomma di rivendicare uno spazio che, a lungo, è rimasto ancorato a posizioni di bassa classifica o addirittura alla Serie B come condizione comune del decennio '61-'71.
Al di là del contenuto non si può mancare di sottolineare l'atmosfera assolutamente scanzonata, da vera e propria osteria, aspetto che anche riferendoci all'arrangiamento restituisce volutamente il clima tipico da stornello e non certo quello di uno stadio.
Sò già du ore
Già nel '77 Aldo Donati, cantautore e personaggio televisivo tifoso laziale, regalò ai biancocelesti un altro inno: Sò già du ore. Il clima è diverso dal pezzo precedente, dalla canzone celebrativa dello Scudetto, e ci si avvicina in modo più evidente alla forma canzone. Si torna in modo evidente anche al riferimento ai rivali e alla volontà di mostrare i muscoli: "Lazio grande Lazio, nata pe' domina. Tu sei la mejo e nun ce vonno sta'".
Torna, insomma, la presenza sottesa di un "loro" a cui riferirsi, di un'entità esterna da tenere sempre in considerazione per misurare la propria forza. Il clima, come detto, è lontano da quello dello stornello da osteria e si lega in modo più diretto ad altri inni (di altre squadre) scritti dalla fine degli anni '70 in poi, col riferimento all'amore per i propri colori e alla partecipazione emotiva del tifoso all'interno del suo stadio.
Vola Lazio Vola
Emotività e legame coi propri colori che tocca poi l'apice con l'inno che rimane quello ufficiale dei biancocelesti: Vola Lazio Vola, di Toni Malco. Si tratta di un brano del 1983, partito dallo spunto di un simbolo laziale come Chinaglia che - divenuto presidente del club - volle sancire questo nuovo corso con un inno, individuando proprio nel cantautore Malco l'artefice ideale del pezzo. L'idea iniziale, come ammesso da Malco stesso, era quella di far cantare l'inno ad Aldo Donati (come per Sò già du ore) ma gli impegni di quest'ultimo fecero sì che l'autore stesso prestasse la propria voce a Vola Lazio Vola.
L'inno, divenuto popolare anche fuori dal contesto biancoceleste soprattutto grazie al periodo vincente vissuto sul finire dei '90, è stato poi spesso riarrangiato e modernizzato nel sound, senza però perdere la propria anima e la forte carica emotiva che porta con sé. Si tratta ancora una volta di un brano di "riscatto", per ripartire dopo lo scandalo scommesse, e di una vera e propria dedica d'amore verso la squadra: "Lazio sul prato verde vola, Lazio tu non sarai mai sola. Vola un'aquila nel cielo, più in alto sempre volerà".
In questo caso, a differenza degli altri inni storici del club biancoceleste, il riferimento è ai simboli della società più che alla necessità di avere un rivale a cui rifarsi, un riferimento altro rispetto a sé. Si tratta di un inno che, al di là del riconoscimento "esterno" emerso più di recente, venne accolto con entusiasmo fin da subito nel contesto biancoceleste, grazie anche all'evento organizzato al Teatro Quirino con la partecipazione dei calciatori della Lazio.
Un inno, Vola Lazio Vola, difficile da sostituire o da soppiantare: anche Cent'anni insieme, realizzato in occasione del centennale del club coinciso con la conquista del secondo Scudetto, pur con la sua valenza storica, non arrivò a intaccare la popolarità dell'inno ufficiale.
Un brano dall'anima profondamente corale, come celebrazione della ricorrenza e del successo: "Cent'anni insieme, mano pe' mano, più de tutti più lontano. Noi pe' sempre insieme sotto questo cielo blu, Lazio esisti solo tu". Un pezzo che univa presente e passato, anche a livello musicale, coinvolgendo anche Donati e Malco. Tutti gli ingredienti ideali per una celebrazione riuscita ma, al contempo, niente che potesse andare a soppiantare Vola Lazio Vola - a lungo termine - nel cuore dei tifosi.