Com'era la Juventus nella stagione 2011/12
Quante volte, nel raccontare un percorso calcistico spesso virtuoso, si ricorre all'espressione "ciclo"? Del resto la parola consegna in modo chiaro più che mai la natura anche ondivaga del pallone, i capricci che vedono nel tempo una squadra soccombere e poi risorgere, fallire per poi risalire e dare vita così a un'andatura circolare.
Un ciclo può essere vissuto anche, narrativamente, come dotato di ciò che in genere spetta a una sceneggiatura o comunque a una struttura studiata a tavolino: ripensando alla stagione 2011/12 della Juventus, riflettendoci in un senso di racconto, potremmo dunque parlare a pieno titolo di svolta, di un input così potente da avviare appunto un ciclo di successi durato da quell'anno fino al 2019/20, fatto di ben nove Scudetti consecutivi messi in bacheca.
L'anno della svolta
Le radici della svolta in questione partono però da più lontano, già dall'anno precedente: l'inizio della presidenza di Andrea Agnelli coincise, in vista della stagione 2010/11, con un'accelerata decisiva sul fronte Juventus Stadium e con un ribaltone dirigenziale, tale da avviare l'era Marotta-Paratici e da porre le basi per le grandi stagioni che si sarebbero poi susseguite.
Dopo una prima stagione di assestamento, con Delneri alla guida e con un settimo posto in Serie A, i bianconeri operarono senz'altro una scelta felice quanto coraggiosa (certo una delle più riuscite) andando a puntare su Antonio Conte: ex capitano, idolo di casa e pronto per la grande occasione in una big dopo aver già collezionato due promozioni in A, con Bari e Siena, e dopo una breve parentesi all'Atalanta in massima serie. La tempesta perfetta: l'inaugurazione di un nuovo stadio che elevi l'esperienza del tifoso, l'operato di nuovi uomini mercato e l'arrivo di un tecnico emergente ma già profondamente legato alla piazza.
Conte: impatto devastante
Già osservando gli acquisti effettuati nel mercato estivo, in vista della stagione 2011/12, si può apprezzare l'impatto di Marotta e Paratici e la loro lungimiranza: elementi come Andrea Pirlo (a parametro zero) e Arturo Vidal, in particolare, si rivelarono poi decisivi per quella stagione e per le successive, per mandare avanti la prima parte del ciclo vincente, componendo con Marchisio un centrocampo con pochi eguali nel panorama di quella Serie A.
Già a Siena Conte si era parzialmente svincolato dall'etichetta di integralista del 4-2-4. filo conduttore dei suoi primi anni in panchina, e alla Juve il tecnico riuscì più che mai ad esaltare con le proprie scelte le caratteristiche dei giocatori a disposizione, prima col 4-3-3 e poi col 3-5-2, rivelandosi anche capace di sopperire alla (criticata) assenza di un bomber prolifico e mandando in gol più giocatori, anche a centrocampo (9 gol per Marchisio, 7 per Vidal, 3 per Pirlo). Non mancano altri dati che riescano a dare l'idea dell'impatto di Conte sulla Juve, i bianconeri conquistarono il titolo già al primo anno con lo stesso Conte in panchina e lo fecero senza perdere neanche una partita, con un record complessivo di 23 vittorie e 15 pareggi, rivelandosi anche la miglior difesa del campionato con appena 20 gol subiti.
Numeri che fanno capire anche quanto fosse decisivo il ruolo della cerniera difensiva Barzagli, Bonucci, Chiellini e dei un'istituzione come Gigi Buffon in porta. Non solo solidità difensiva però: la presenza di Pirlo a metà campo diede senz'altro un contributo importante a livello di possesso, con percentuali impressionanti e spesso superiori al 60%, per certi versi sorprendenti pensando a fasi successive della carriera di Conte.
Era una Juventus dominante, capace di avere la meglio sul Milan campione in carica e di dare vita a un finale di stagione eccezionale (10 vittorie nelle ultime 11) e di lasciarsi così alle spalle un mese ricco di pareggi deludenti (contro Parma, Siena, Bologna, Chievo e Genoa oltre che nello scontro diretto col Milan). Si trattò del primo di nove Scudetti consecutivi, del primo dei tre vinti da Conte sulla panchina bianconera, e di un punto di non ritorno nella recente storia del calcio italiano: era a tutti gli effetti la nascita di una squadra capace di segnare un decennio, con un tecnico che ha fatto della mentalità vincente e dell'innata incapacità di accontentarsi la sua cifra stilistica.
Come giocava la Juve
Pensando strettamente alle faccende di campo, entrando nel dettaglio di quella Juve in grado di aprire un ciclo e di spazzare via anni a dir poco difficili, è necessario riflettere sul passaggio di Conte da presunto integralista del 4-2-4 a tecnico versatile, capace di comprendere le qualità dei giocatori e di esaltarle attraverso un modulo congeniale.
Per passare dal 4-4-2 al 4-3-3 fu decisivo l'impatto di Vidal, impossibile da lasciare fuori: l'ingresso del cileno portò la Juve a giocare con Buffon in porta, difesa a quattro con Lichtesteiner, Barzagli, Bonucci e Chiellini (come terzino sinistro), a metà campo inamovibili Vidal, Pirlo e Marchisio e, in avanti, Pepe e Vucinic a supporto di Matri.
Un'altra tappa meritevole di nota, pensando poi anche allo sviluppo di Conte come allenatore, fu il passaggio al 3-5-2 visto da novembre 2011, modulo alternato poi al suddetto 4-3-3 e tale da esaltare la solidità difensiva data dalla cosiddetta BBC, senza intaccare la combinazione vincente a metà campo. Nel 3-5-2 la Juve vedeva Buffon tra i pali, Barzagli, Bonucci e Chiellini in difesa, Lichtesteiner come quinto a destra, uno tra Estigarribia e De Ceglie a sinistra, Vidal, Pirlo e Marchisio in mezzo e, davanti, Vucinic a supporto di uno tra Matri, Quagliarella o Borriello.
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