Commisso tra forma e sostanza: il bisogno di un nemico e la crociata perpetua
Esistono due linee parallele per leggere e comprendere Rocco Commisso, due direzioni per certi versi inconciliabili ma entrambe degne di essere ritenute vere, ugualmente parte del racconto dei primi anni alla guida della Fiorentina e alla scoperta del calcio italiano. Esiste innanzitutto quel lato un po' folkloristico su cui tanti indugiano, si tratta del resto dell'aspetto più colorato e vivace di cui dar conto: l'inno viola suonato con la fisarmonica, le dichiarazioni talvolta sopra le righe e il rapporto confidenziale, nel bene e nel male, coi giornalisti (senza rivelarsi ingessato o controllato nelle uscite).
I due volti di Commisso
Un lato, questo, che trova una sponda più che mai attuale nelle esternazioni forti, persino aggressive nei toni, rivolte ad aspetti controversi del calcio italiano (con una trattamento poco equo delle varie parti in gioco) così come al nodo burocratico che, nelle idee del patron viola, tarpa le ali all'intero sistema calcio, oltre che alla dimensione del club gigliato.
Le ultime dichiarazioni rimbalzate dagli USA hanno scatenato l'ennesimo putiferio, una consueta levata di scudi a cui ormai ci siamo abituali: dalla minaccia di querele, all'invito alla rettifica, dai dirigenti risentiti alle voci di una vera e propria sanzione nei confronti del proprietario della Fiorentina.
Esiste un filo conduttore neanche troppo celato, dietro alle mille battaglie di Commisso, alle più condivisibili come alle più personali: fin dall'arrivo in viola, infatti, è emersa con forza l'esigenza di vivere la Fiorentina come un "noi", in senso persino familiare, arrivando a individuare, all'esterno, insidie e nemici in grado di bloccare le ambizioni della società e del suo presidente.
I protagonisti sono cambiati nel tempo, si sono poi riaffacciati a momenti alterni: dai procuratori pronti ad arricchirsi alle spalle dei club fino ai giocatori irriconoscenti, da una politica intrappolata nelle spire della burocrazia a una stampa pronta a seminare zizzania, il tutto condito dai riferimenti non certo lusinghieri all'operato di big quali Juventus e Inter (con particolare attenzione al discorso finanziario).
Noi e loro
Al contempo è possibile trovare del vero, tanto o poco che sia, in ognuna delle battaglie condotte dal patron gigliato: si tratta di temi spesso trasversali e diffusi, di problemi di sistema che certo vanno sottolineati e che in qualche modo affliggono l'universo calcistico, anche al di là di egoismi ed esigenze diverse.
La necessità di un nemico appare portatrice d'insidie e di mal di pancia, sulla carta, ma quando funziona può risultare anche la pista più efficace per rafforzare un senso di identificazione, di partecipazione di un popolo, di condivisione di una causa. Basti pensare che, pur coi toni decisi e diretti utilizzati per criticare le condizioni del Franchi, una buona parte della piazza ha sposato la causa del patron anziché difendere un simbolo della storia gigliata (simbolo ormai segnato dal tempo).
Dalla forma alla sostanza
Ed esiste poi la sostanza, accanto alla forma sempre così trascinante e tutt'altro che trattenuta: la sostanza ci parla di un progetto come quello del Viola Park, storico nel contesto della società gigliata e strategico anche per la città di Firenze, i fatti ci parlano ora anche di una realtà sportiva tornata credibile e accattivante, dopo anni di malumori e di sbadigli. Il primo lato, quello più visibile e rumoroso, può però dar vita a un corto circuito tale da affossare anche la sostanza, da minacciare anche le virtù innegabili?
Il rischio esiste ed è concreto nel momento in cui la sensazione della crociata perpetua toglie mediaticamente valore alla singola battaglia: il passo dalla lotta legittima alla visione stereotipata del patron vulcanico (uno dei tanti) è breve, il confine rischia di essere sottile ed è vitale non disperdere un patrimonio che merita di essere difeso e riconosciuto. L'espressione colorita, le parole dette a muso duro e il braccio di ferro come stile di vita fanno rumore, così tanto da portare a soffermarsi più sul "come" che non sul "cosa". Così tanto da offrire ai nemici uno strumento retorico per ribaltare la questione, per confondere assurdamente le idee su chi sia realmente dalla parte della ragione o del torto.
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