Corto circuito viola, Commisso tuona: poco calcio e tanti stracci che volano
A Firenze l'attesa per le parole di Rocco Commisso era simile a quella che si vive alla vigilia di una sfida importante, un'attesa proiettata verso annunci ad effetto, piani futuri e allusioni più o meno velate, comunque basi per la costruzione del futuro. Magari la permanenza di Vlahovic, la decisione su Pradè, qualche riferimento al nuovo tecnico: niente di tutto questo. Quel che è accaduto, infatti, ha tutta l'apparenza di un terremoto o di un'esplosione di umori e pensieri trattenuti a lungo e deflagrati dunque in maniera a tratti distruttiva, negli effetti se non nelle intenzioni.
Una conferenza stampa, quella del patron viola, quasi totalmente incentrata sui rapporti tra la stampa e la Fiorentina, una sorta di resa dei conti in cui il singolo giornalista (con nome e cognome) ha dovuto in qualche modo rendere conto di quanto detto in un passato più o meno recente. Scambi di battute segnati da momenti di tensione, dai toni sopra le righe, dalle parole urlate in faccia. L'insofferenza di Rocco Commisso nei confronti delle critiche più aspre non è affare di oggi e, per certi versi, incontra anche quanto accaduto a Pallotta durante l'esperienza in giallorosso ma quel che sorprende e sposta il discorso è il riferimento a diktat e pressioni sui professionisti della comunicazione affinché "non facciano il bene della Fiorentina". Riferimenti specifici, diretti, senza giri di parole, tali da costruire un alone di tensione e di nervosismo sulla conferenza stampa e sulle successive reazioni.
Un approccio che porta con sé due conseguenze, una costruttiva e una invece assimilabile a una vera deriva: la prima, certo, è quella dello scambio e del confronto a carte scoperte, senza nascondersi dietro a frasi di rito e giri di parole. Un approccio simile può dunque aprire scenari importanti, soprattutto in una piazza dalla verve polemica come quella fiorentina, purché si tenga a distanza il pericolo dell'"inquisizione", della possibilità di accostare il giornalista, inteso come parte di una categoria e non come singolo, a idee di cospirazione e guerra nei confronti della Fiorentina. Il tutto partendo da un presupposto necessario: molti di coloro che si occupano di fatti viola, in radio, come sui giornali o sul web, nascono nelle vesti di tifosi prima che di professionisti della comunicazione e, dunque, scivolano talvolta su valutazioni di pancia, su auspici più che pareri ponderati, su reazioni umorali e non sempre pesate.
Tirare in ballo un sistema di controllo, fatto di bastoni tra le ruote messi con malafede al lavoro svolto fin qui dal patron viola, rischia di generare due fazioni: club da una parte e opinione pubblica dall'altra, andando a replicare episodi già visti (e subiti) nei momenti meno felici dell'era Della Valle. Con una stagione pronta ad andare in archivio e una all'orizzonte, con ambizioni da rilanciare e con la forza di una rara solidità finanziaria, sarebbe un peccato ricadere nel solito giochino dei Guelfi e dei Ghibellini, nelle tendenze autodistruttive che poi (attenzione) potrebbero acuirsi quando le porte del Franchi si riapriranno, coi primi mugugni o col primo striscione ironico. La retorica comunicativa del patron certo ha aiutato a spostare l'attenzione dal rendimento della squadra al "clima" cittadino, il rischio però è che il calcio ai tempi del Covid, fatto di grida social e per certi versi asettico, non faccia ben comprendere le conseguenze a medio-lungo termine di questa atmosfera tesa, quando al dualismo proprietà-stampa si aggiungerà la voce dei tifosi col rischio di nuove e dannose lotte interne, lotte che non incoronano mai un vincitore ma lasciano piuttosto macerie e pezzi da ricomporre.