Cos'è la Serie Élite: formula e caratteristiche della provocazione di De Laurentiis

De Laurentiis si proietta nel futuro e immagina una rivoluzione nel calcio italiano.
De Laurentiis
De Laurentiis / Ivan Romano/GettyImages
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Interviste sempre destinate a far discutere quelle concesse da Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli che nei giorni scorsi - ai microfoni del Corriere dello Sport - si è ampiamente soffermato sulla sentenza contraria alla UEFA emessa dalla Corte di Giustizia Europea. Una sentenza che, come logico che sia, incontra il gradimento del patron azzurro, spesso prodigo di idee e soluzioni (più o meno provocatorie e percorribili) per ripensare il mondo del calcio, sia su scala europea che italiana.

De Laurentiis, in linea di principio, avrebbe potuto semplicemente sottolineare con favore la spinta al cambiamento nata dalla sentenza, un "precedente di diritto" (come lui stesso lo ha definito) pronto a sancire un possibile cambio di tendenza, coi club sempre più protagonisti e con una UEFA priva del suo monopolio. Il patron azzurro, invece, ha fatto di più e ha tirato fuori dal cilindro l'ennesima idea controversa di un repertorio sempre ricco, andando stavolta a scomodare una Serie Élite per rinverdire i fasti del calcio italiano, per renderlo di maggior richiamo mediatico e - va da sé - anche economicamente più ricco e sostenibile.

Cos'è la Serie Élite pensata da De Laurentiis?

Ma cosa sarebbe, di fatto, questo inedito campionato immaginato da De Laurentiis? L'idea riprende sostanzialmente, come spunto, l'allergia del patron azzurro per quelle realtà calcistiche percepite come una sorta di zavorra per il sistema calcio: "In prima serie ti trovi città di ventimila abitanti che non fanno diecimila biglietti" ha spiegato.

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A differenza della nuova Superlega pensata da A22, descritta ieri nel dettaglio da Reichart, l'idea di De Laurentiis andrebbe a ribaltare le logiche del campionato nazionale e l'intero assetto dei campionati professionistici: élite non come aspetto celato in qualche postilla, insomma, ma come vero e proprio marchio di fabbrica, fin dalla denominazione. Secondo De Laurentiis la logica vuole che le realtà urbane principali del Paese siano necessariamente parte del calcio dei grandi: il patron azzurro cita realtà come Bari e Palermo, riferendosi al bacino d'utenza, e le indica meritevoli di affiancare le realtà più importanti e affermate del nostro calcio, senza poter arrancare nelle serie inferiori.

Al contempo, invece, le realtà ritenute "marginali" finirebbero per uscire dal professionismo e per fare "da vivaio" alle squadre principali, quelle con un pubblico e un richiamo più ampio (a livello di incassi, diritti TV e bacino d'utenza in senso lato). La formula di questo campionato per sua natura elitario prevedrebbe dunque 14 squadre, di fatto le principali per "numero di tifosi" e "bacino d'utenza" (citando le parole di De Laurentiis). Ci sarebbe poi una terra di mezzo tra l'Élite e il dilettantismo, rappresentata da "due gironi di Serie A da venti squadre", ha spiegato il presidente partenopeo per completare il quadro descritto, sempre in bilico tra esigenze effettive di cambiamento e audaci slanci di fantasia.