Cosa ci racconta la scelta della Fiorentina di puntare su Palladino?
L'ultimo atto formale della stagione della Fiorentina sarà rappresentato dalla trasferta del Gewiss Stadium contro l'Atalanta, domani, ma è chiaro che si tratti di un mero evento utile per gli archivi e non più valido per la sostanza: il sipario è calato sulla stagione dei viola e lo ha fatto nel modo più tetro e deludente possibile. Il desiderio di rivalsa si è tramutato in un rammarico ancor più potente e, raccolti i cocci per la finale di Conference League, è già tempo di guardare oltre, stavolta preparandosi a costruire un nuovo ciclo dopo il triennio targato Vincenzo Italiano. L'alone di mistero è stato presto dissolto ed è già noto il profilo scelto per sedersi in panchina fin dal 2024/25, tentando l'ennesimo assalto alla Conference e - ancor di più - dando continuità a quanto costruito da Italiano negli ultimi anni.
L'idea dietro una scelta
Il nome è quello di Raffaele Palladino, reduce da due anni positivi alla guida del Monza, tecnico in rampa di lancio che - per certi versi - può ricordare la scelta fatta con Italiano nel 2021. La scelta di puntare sull'ex attaccante ci racconta in modo neanche troppo nascosto o sfumato cosa aspettarci dalla prossima stagione, ponendoci di fronte a tratti di continuità - come detto - ma anche di rottura rispetto all'ultimo ciclo, quello al tramonto. Il dato fondamentale ci conferma quanto espresso più volte dalla proprietà, anche in modo diretto: Commisso ha un debole per gli allenatori in rampa di lancio e non vede nell'esperienza - se non in situazioni d'emergenza - un criterio rilevante per scegliere a chi affidare la panchina.
Il desiderio, dunque, resta quello di crescere insieme: è stato così con Italiano e sarà così con Palladino, altro tecnico tanto ambizioso quanto inesperto (ancor di più rispetto al suo predecessore, con due sole stagioni alla guida di una prima squadra). La dimensione della scommessa, in questo caso, è ancor più accentuata e manca - di fatto - quel riscontro di curriculum che Italiano forniva (coi risultati ottenuti nelle annate precedenti, pur in realtà lontane da quella di Firenze). Il primo segno che emerge dalla scelta viola è quello dell'ambizione che domina sull'esperienza, vista anzi come zavorra e non come risorsa (rendendo dunque irrealistici profili diversi, come quello di Sarri spesso invocato dalla piazza).
Mercato e fluidità tattica
Non mancano poi possibili indizi anche sul mercato, anche al netto delle esigenze (non poche) di una rosa da rivoluzionare. Difficile prospettare colpi da novanta o un mercato incentrato meramente sui nomi: Pradè e il suo prossimo braccio destro (verosimilmente Goretti) saranno chiamati a mettere a disposizione di Palladino una rosa quanto più completa e versatile, senza follie. Versatile, sì, pensando al terzo elemento che può emergere dalla scelta di Palladino: non un integralista sul fronte tattico ma, al contrario, un allenatore partito dalla nomea di "allievo" di Gasperini ma capace poi di emanciparsi dall'ingombrante figura del Gasp e di passare anche al 4-2-3-1 nell'ultima stagione.
L'accantonamento del 3-4-2-1 non deve però rappresentare una certezza da dare per scontata: la difesa a tre potrebbe tratteggiare il prossimo corso viola, con tanto di necessari rinforzi di mercato in quella direzione (soprattutto al centro della difesa, con Quarta in partenza). Proprio proiettandoci su tale soluzione, con esterni dunque destinati ad agire a tutta fascia, diventa particolarmente stimolante immaginare la centralità di Dodò e di Biraghi (o Parisi) per la viola 2024/25, con ulteriore curiosità rivolta alle scelte sulla trequarti (e alla possibilità che dalle ali pure si passi a elementi più vicini al profilo del fantasista, con Zaniolo come potenziale suggestione di mercato coerente in tal senso).