Cosa ci sta sorprendendo di Arthur (e cosa immaginavamo già)

Ordine, qualità e personalità ma anche energia e voglia di lottare: i due volti di Arthur in viola
Arthur
Arthur / Gabriele Maltinti/GettyImages
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Ogni nuovo acquisto, potenzialmente, contiene due versioni di sé: quella immaginata, quella che a priori s'inizia a figurarci in un dato contesto di gioco, e quella che si rivela poi effettiva, andando dunque oltre le illazioni teoriche o le supposizioni basate sul passato.

Una giornata di campionato, un'andata di Conference e una manciata di amichevoli non sono un bottino sufficiente per poter arrivare alla seconda versione (perlomeno in modo esaustivo e definito) ma offrono senz'altro indizi, fanno capire quanto un nuovo arrivato possa ricordare - per certi versi - quel che si prova di fronte a un vestito. Può piacere o meno, vedendolo esposto, ma il modo in cui poi ti sta addosso è tutt'altra faccenda, può sorprendere oppure deludere, dipende da tanti fattori.

Tra aspettative e stupore

L'Arthur che Firenze immaginava a livello teorico, inserendolo dentro la viola di Vincenzo Italiano, somiglia solo in parte a quello che si sta facendo realmente conoscere, nelle prime uscite dalla Fiorentina. Se c'è del resto un filo conduttore tra il trionfo di Marassi e la caduta dell'Allianz Stadion di Vienna si può trovare proprio in un Arthur che, al di là del rendimento dei compagni, ha convinto ed è apparso perfettamente inserito negli ingranaggi viola, come se non fosse arrivato solo poche settimane fa.

Ci sono certo tracce di quel giocatore che, anche a priori, ci saremmo attesi: la capacità di legare il gioco, di dialogare coi compagni, l'abilità nel trovare linee di passaggio e di seguirle con precisione (davvero rari gli errori in quel senso). Niente che, insomma, deviasse dall'idea che seguiva l'ex Juventus, capace del resto di non sfigurare a suo tempo in un Barcellona che (di base) fa di quegli aspetti vere e proprie leggi ineludibili. Ponendola sul fronte statistico possiamo dunque dire che, per assurdo, non sono tanto i passaggi riusciti contro il Genoa a sorprendere (siamo sopra al 90% di successo) quanto altri dati che, tra le righe, Arthur ha saputo consegnare.

L'Arthur che non ti aspetti

Si può partire del resto da un fatto apparentemente banale che, però, banale non é: il brasiliano è rimasto in campo per tutti e 90 i minuti di gioco. Una situazione che in tanti ritenevano utopistica, scorrendo tra i numeri delle passate stagioni, ma che rispecchia pienamente il ruolo centrale del calciatore in questa Fiorentina, da vero irrinunciabile. C'è altro però che sorprende: l'efficacia dei contrasti e la volontà di farsi valere anche in fase di non possesso, al di là del patrimonio rappresentato quando si tratta di far ripartire il gioco dal basso (arretrando spesso il raggio d'azione, addirittura tra i due centrali di difesa).

Al contempo anche il gioco nel lungo è apparso superiore alle aspettative, con cambi di gioco precisi e soluzioni talvolta rischiose, al di là insomma del semplice appoggio al compagno più vicino. Non si tratta solo di "legare", insomma, ma di costruire e di creare, vestendo anche i panni del regista vero e proprio. L'equilibrio tra aspettative rispettate e risvolti sorprendenti ci rende chiaro come, nel mercato, al di là delle doti intrinseche di un calciatori contino infinitamente le motivazioni e il modo in cui quel "vestito" riesce a cascarti addosso.

La telefonata con Italiano, di cui lo stesso Arthur ha parlato esplicitamente, ha cambiato le carte in tavola ed è stato il primo seme di quel che poi è venuto a crearsi: è stata la svolta per convincere il giocatore ma, soprattutto, ha rappresentato un primo passo per ritrovare un elemento spesso. superficialmente, derubricato a esubero (col peso sulle spalle di certe cifre che lo hanno accompagnato in passato).