Cosa può dare ancora Federico Bernardeschi alla Juventus
In questa Juventus esistono curiosamente tracce importanti, a dire il vero le principali, del passaggio in Italia di Paulo Sousa come allenatore: da un lato Federico Chiesa, capace di non patire il colpo del passaggio sul palcoscenico bianconero e di imporsi già al suo primo anno, dall'altro quello che troppo spesso ha finito per diventare il "Federico sbagliato", quel Federico Bernardeschi che dopo 4 stagioni alla Juve non è mai riuscito a diventare del tutto decisivo e continuo come l'ex compagno in viola. Il paragone tra i due si può però fermare solo al dato anagrafico e alla squadra di provenienza: Chiesa fin da subito è apparso centrale nella squadra bianconera con Pirlo in panchina, 2227 minuti in campionato e sempre in un ruolo ben definito, come ala sinistra a piede invertito o come ala destra. Bernardeschi d'altro canto ebbe un impatto diverso, con appena 821 minuti in Serie A alla sua prima stagione in bianconero e con un passaggio Fiorentina-Juventus meno immediato rispetto a quanto accaduto quest'anno con Chiesa, aspetto su cui peraltro Max Allegri si soffermò anche esplicitamente.
Da capro espiatorio a campione d'Europa
Il finale di stagione in bianconero e l'inizio dell'estate in azzurro hanno avuto, per Bernardeschi, toni e umori diametralmente opposti: da quella frase diventata subito virale sulla possibilità di "rischiare la giocata", immediatamente oggetto di (amara) ironia da parte dei tifosi, al ruolo di perfetto comprimario per Mancini, pronto a rispondere presente quando chiamato in causa e freddo dal dischetto, nei momenti potenzialmente più critici per un giocatore spesso criticato. La coppa alzata al cielo e i festeggiamenti per l'Europeo vinto, quelle parole ricolme di commossa riconoscenza dopo la finale e il matrimonio con la sua Veronica a poche ore dal trionfo di Wembley hanno tracciato un filo conduttore di euforia, una spinta ineguagliabile per un giocatore atteso da una nuova sfida, forse la più difficile, quella di scoprire una nuova giovinezza e una versione matura di sé, con tutte le responsabilità e i rischi del caso.
Un ritorno importante
Ai temi di Bernardeschi si uniscono parallelamente, e non potrebbe essere altrimenti, i temi di casa Juventus: il ritorno di Massimiliano Allegri è senz'altro significativo, ripensando anche alle strigliate e alla voglia del tecnico livornese di spronare e punzecchiare il talento di Carrara fin dal suo arrivo in bianconero. Il primo Bernardeschi che Allegri ebbe tra le mani era un giocatore chiamato a trovare una nuova identità, da gioiello assoluto e titolare fisso in una piazza come quella viola a "uno dei tanti" in un contesto senz'altro più esigente come quello bianconero, un talento fermato poi dagli infortuni proprio nel momento migliore della sua stagione (a marzo 2018). A livello tattico però, pensando alla sua collocazione in campo, il periodo con Allegri in panchina è stato quello di maggiore continuità e "coerenza", con un impiego sostanzialmente come ala destra e con un contributo più importante a livello di gol e assist (pur lontano dai fasti dell'ultimo anno in viola). Il minutaggio è salito nella sua seconda stagione ma, al contempo, la collocazione tattica è diventata un rebus e il contributo in fase offensiva si è ridotto sensibilmente: la grande prova in Champions con l'Atletico resta la sola vetta memorabile.
La stagione con Sarri alla guida non ha ridato al talento di Carrara una collocazione precisa e continua, al di là della stima del tecnico, e non ha fatto altro che amplificare il malcontento della piazza verso un giocatore percepito sempre come realizzato solo a metà, come inespresso. Chiaramente il bottino magro, un gol e un assist nella Serie A 2019/20, non ha fatto altro che aggravare la situazione e alterare la percezione del numero 33, insieme ai dubbi sul ruolo (ala destra o fantasista?). L'esperienza con Pirlo, al di là dei numeri, ha poi enfatizzato ulteriormente l'inghippo tattico, con un impiego costante sulla sinistra nella stagione 2020/21, come esterno nel 4-4-2 utilizzato dai bianconeri. Il tutto unito a un impiego talvolta ancora diverso in Nazionale, con Mancini che, durante il periodo dell'esperimento falso nove, provò a utilizzare Bernardeschi anche in quelle vesti, individuandone una nuova identità. Un giocatore in perenne ricerca di se stesso, quindi, che ha visto avvicendarsi i tecnici e (parallelamente) i compiti e le posizioni in campo: il ritorno di Allegri, il suo primo tecnico in bianconero, potrà rinverdire fasti che, nelle prime battute, si intravedevano e potrà far riscoprire il suo lato più tecnico, in posizione più avanzata e con la tutta libertà del mondo di "provare la giocata".
Le alternative e il nodo ingaggio
Come nel caso della proposta di Ramsey come regista esiste, di fondo, un discorso profondamente connesso al mercato: è evidente che l'entusiasmo citato anche da Allegri, in riferimento a Bernardeschi, si leghi anche a un mercato che non regala grandissime alternative per il futuro del ventisettenne, con la necessità insomma (anche retorica) di valorizzare un patrimonio della società. L'ingaggio importante percepito alla Juventus e il peso della maglia bianconera non spingono il giocatore a volersi allontanare da Torino, logicamente, e altre ipotesi hanno dunque l'aria sinistra del "passo indietro". Al contempo il contesto del mercato attuale non regala spunti e tentazioni, risultando di fatto bloccato, e vede numerosi club fermi al palo in attesa che qualcosa si sblocchi: la suggestione romana, tra il 4-2-3-1 di Mourinho e il 4-3-3 di Sarri che sembrano contesti ideali in cui esprimersi, pare destinata a restare tale e il richiamo della "gabbia dorata" bianconera non fornisce certo un motivo per scappare proprio adesso, a un anno dalla scadenza del ricco contratto e con nessuna squadra disposta ad arrivare alle stesse cifre (4 milioni di euro a stagione).
Di necessità virtù
Ecco dunque, tra voglia di riscatto e dinamiche di mercato, che Allegri e Bernardeschi si troveranno a fare di necessità virtù: l'entusiasmo azzurro e gli sprazzi mostrati nella prima esperienza in bianconero di Allegri rappresentano le basi, per Bernardeschi, volendo auspicare un rilancio e una nuova giovinezza. D'altro canto la concorrenza e il rapporto con la piazza rappresentano l'altro rovescio della medaglia, i fantasmi da battere per poter tornare protagonista e non accontentarsi di arrivare in scadenza da semplice comprimario destinato a sentirsi ancora di troppo.
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