Croce e delizia di un naturale idillio calcistico: dentro l'effetto Kvaradona
Ci sono realtà in cui le magie accadono sotto silenzio, luoghi in cui i grandi fatti riescono a succedere senza perciò condurre a una cassa di risonanza, a un'amplificazione. Realtà magari tiepide o prudenti, in cui difficilmente si spinge sull'acceleratore e in cui - in fin dei conti - prevale (persino nel calcio) la volontà di contestualizzare. O magari, nostalgicamente, la volontà di dire che "niente sarà più come prima".
E poi però c'è Napoli, a sparigliare le carte. Dove insomma la storia si scrive e si imprime sui muri è difficile restare tiepidi, proibitivo tracciare una linea netta tra passato e presente (anche tra realtà e illusione). L'intreccio del resto è quello giusto, la tempesta perfetta: Khvicha Kvaratskhelia è sorpresa, è la riscoperta di quel gusto (spesso dimenticato) di individuare il talento dove non te lo aspetti, di capire che esiste ancora qualcosa al di fuori dei radar mainstream del calcio che conta.
Niente di forzato
Un profilo che di per sé, nei fatti, consente di proiettarci in un calcio differente e di rivedere le linee di demarcazione tra passato e presente: il campo che reclama il potere sui filmati da visionare, il gioco di prestigio che dà una spallata all'analisi dei dati. Diventa impossibile oggi biasimare la potenza di un idillio, poiché riesce a trovare forza e legittimazione sia nei numeri che nella storia del tutto peculiare dell'impatto di Kvara sul campionato italiano.
Non si tratta insomma di capire quanto Kvaratskhelia meriti o meno tutto questo, coinvolgendo così i parallelismi storici improponibili, quanto di osservare come - ad oggi - un simile idillio sia perfettamente naturale, del tutto logico. Diverso sarebbe in presenza di qualche estemporaneo dribbling fine a se stesso, di qualche mero spunto in velocità: a quel punto - certo - l'innamoramento collettivo sarebbe il solito e illusorio (distruttivo) desiderio di vedere altro, di immaginare senza basi.
A che serve immaginare?
Qui lo sforzo immaginativo richiesto è minimo: lo dicono 5 gol e 4 assist in Serie A così come i 2 gol e i 3 assist in Champions League, lo dice ancor di più la completezza e la profondità di questo talento. Un dribblomane incallito e impunito, di per sé, non meriterebbe di entrare così profondamente nelle viscere di un popolo, no, ma diventa tutto più inevitabile quando si scoprono doti diverse, lontane dal giovane "ubriaco" di fama e di ambizione, chiuso nella ricerca egoistica del gesto tecnico fine a se stesso.
Nel gioco di Kvaratskhelia emergono cioè qualità anche lontane dal gusto estetico della veronica o dell'effetto speciale, si scoprono potenza ed estrema varietà di soluzioni (basta in tal senso rivedere i gol segnati fin qui), si scopre soprattutto un eccezionale senso del gioco e del collettivo, senza ripiegarsi su di sé, senza specchiarsi nel proprio talento. E con una buona dose di generosità.
Non dipende solo da lui
Diventa dunque lampante come Spalletti, proprio dopo un'estate difficile e all'insegna dei pilastri storici venuti a mancare, si trovi tra le mani un'arma in grado di ridefinire gerarchie, di dare una spinta inattesa al Napoli a patto che i meccanismi oliati di un collettivo restino saldi, che non si perdano cioè quelle caratteristiche che stanno rendendo i partenopei una macchina quasi perfetta.
I destini di questo idillio non dipendono insomma dal solo Kvaratskhelia, si legano invece a quel desiderio (fin qui sempre irrisolto in casa Napoli) di avere continuità lungo la stagione, di "normalizzare" lo straordinario e di non cadere nel solito vortice di saliscendi a cui ci ha abituati il club azzurro, anche nelle sue stagioni più incoraggianti. Una missione delicata ma da sempre strategica per Spalletti: non lasciare mai che i destini di una squadra ricadano sul singolo, creare una realtà virtuosa in cui tutti sono importanti ma nessuno (neanche se un gioiello) può restare da solo.
Segui 90min su YouTube