Da Del Piero ad Antognoni passando per Totti, storie di bandiere "tradite"
Solo ieri si è consumato in maniera ufficiale l'addio alla "sua" società di un'altra bandiera del calcio italiano dopo la separazione delle strade tra Giancarlo Antognoni e la Fiorentina. È ufficiale l'addio al veleno del dirigente ed ex numero del club viola dopo la decisione di Rocco Commisso di declassarlo dall'operatività con la prima squadra a quella con la formazione Primavera. E le dichiarazioni dello stesso Antognoni non hanno lasciato spazi a dubbi: "Pensavo che Rocco Commisso mi avrebbe contattato per spiegarmi il perché di questo divorzio. Invece, silenzio assoluto. Se n’è lavato le mani. Barone mi ha detto che è stato Commisso a decidere tutto. Non pensate che avrei meritato una spiegazione da parte del Presidente? Non pensate che avrei meritato un po’ di rispetto? Lui ha più soldi di me. Ma avere più soldi non giustifica certi comportamenti".
Ma questo non è l'unico addio burrascoso tra un calciatore (e/o dirigente) e una squadra che si erano, come si suol dire, "tanto amati". Su tutti spicca quello di Francesco Totti, diventato dirigente della Roma dopo una straordinaria carriera da calciatore e capitano del club giallorosso. Rimane negli annali la conferenza stampa di fuoco che Totti convocò al Coni per scagliarsi contro l'allora presidente James Pallotta e annunciare il suo addio al ruolo di dirigente della Roma
Da calciatore invece l'addio "inconsapevole" di Giuseppe Bergomi, difensore e bandiera dell'Inter, che giocò la sua ultima gara in nerazzurro il 23 maggio 1999 contro il Bologna, appunto senza saperlo. Fu Marcello Lippi a "farlo fuori", con la mancata opposizione dell'allora presidente Moratti che fece il resto. Da lì l'addio al calcio con rimpianto e la nuova vita da telecronista.
Un altro addio polemico, anche se tra le righe, è stato quello di Alessandro Del Piero alla Juve arrivato il 30 giugno 2012 e annunciato nel corso della stagione dal presidente Andrea Agnelli. Contro l'Atalanta il giro di campo in lacrime per salutare i tifosi, ma poi più nessuna chiamata da parte della società come ci si poteva aspettare. E Del Piero, qualche anno dopo nel vedere il secondo contratto a Buffon alla soglia dei 40 anni, si sarà chiesto "perchè non a me?".
C'è poi Alessandro Nesta, ex bandiera e simbolo della Lazio che lasciò la Capitale per trasferirsi al Milan (dove poi ha vinto tutto). Non per sua volontà, come ha rivelato ultimamente dopo aver intrapreso la carriera di allenatore: "A quei tempi sarei rimasto a vita alla Lazio, prima del Milan mi aveva cercato il Real Madrid e dissi di no. Ma ero capitano e c'era un casino nello spogliatoio, a 23 anni ero nel CdA e i compagni mi chiedevano degli stipendi che non arrivavano da sette mesi: stavo male, andare al Milan è stata una liberazione".
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