Da Inzaghi alle schermaglie Mourinho-Sarri: quanto pesano le pressioni del mercato?
Chi si aspettava una partenza timida, priva di frecciatine e risposte piccate, conservava evidentemente in sé un ricordo confuso delle dinamiche della Serie A: è bastato appena un giorno per tornare là, in quegli stessi posti che si frequentavano pochi mesi fa e che offrivano spunti decisamente affini a quelli emersi nella giornata di ieri, a margine degli affari di campo.
A farla da padrone, difficile immaginare il contrario, è sempre il solito accentratore, quella calamita di attenzioni chiamata mercato. Più calamità che calamita, pare, per alcuni: se lo scorso anno Stefano Pioli e Simone Inzaghi si rimbalzavano inesorabilmente il pesante fardello di essere favoriti, infatti, ora ci si spinge persino oltre e il discorso, infatti, per alcuni parte ancor prima di mettere piede in campo.
Aria di derby
Ci riferiamo dunque al sottile gioco di retorica (e di pressione) andato in scena tra José Mourinho e Maurizio Sarri, un esercizio di "illusioni ottiche" in cui certamente è lo Special One a dare il meglio. Quando si definisce qualcuno come "gran comunicatore" s'intende spesso dire che, per certi versi, sa fare il gioco delle tre carte con chi ha davanti oppure, ancora, che è in grado di far apparire logico e lineare ciò che in realtà non lo è (o non del tutto).
In questo caso, spogliandosi dell'obbligata ammirazione per la retorica dell'allenatore della Roma, potrebbe scovare una logica più coerente nella visione di Sarri: "Noi non abbiamo speso, abbiamo investito; è la Roma ad aver speso". La Lazio ha speso di più ma in realtà ha speso di meno: può apparire paradossale ma occorre, per onestà, occorre notare il dato anagrafico dei giocatori presi dalle due formazioni capitoline e anche l'ingaggio che i nuovi acquisti percepiranno.
In sostanza, seguendo Sarri, portare in rosa Matic, Dybala e Wijnaldum vuol dire spendere mentre, all'opposto, è un investimento puntare 10 milioni su profili come Luis Maximiano (23 anni) o Marcos Antonio (22 anni). Nel primo caso non si tratta di investimenti a lungo termine ma di un messaggio: l'obiettivo non è solo crescere, ma vincere. In questo senso appare dunque più forzato il tentativo di Mourinho di spostare la pressione sulla Lazio in nome della spesa sostenuta per i cartellini, parlando di profili giovani, dai margini di miglioramento da valutare in prospettiva.
Favoriti? No, non è come sembra
Spostiamoci dalla Capitale per passare a chi il campo lo ha già visto, ottenendo una vittoria sofferta nel recupero: Simone Inzaghi, nel post-partita a DAZN, ha lasciato intendere come il tema del mercato lo trovi tutt'altro che rilassato e sereno. "Non mi va di scherzare su questo argomento: le altre acquistano ogni giorno, noi finiamo sui giornali solo perché vendiamo e poi saremmo pure i favoriti": anche Inzaghi, come i colleghi, tenta dunque il consueto approccio, quello volto a spostare l'attenzione su "chi spende".
Il corto circuito qui nasce nel momento in cui, con abili rovesciamenti comunicativi, ogni parte in causa finisce per sostenere che a spendere di più siano stati (guarda un po') proprio gli altri, siano state le rivali, che diventeranno di conseguenza le favorite. Si torna qui, dunque, alla patata bollente del ruolo di regina del mercato che tutti vogliono rifuggire: meglio sentirsi outsider, dare l'impressione di dover fronteggiare le circostanze avverse e di non avere poi a disposizione tutto questo bendidio che sui giornali si ostinano a scrivere.
Guarda l'ultimo episodio de "Il Corner" sul canale YouTube di 90min Italia.