Da palcoscenico a banco di prova: Ribery e San Siro, tra mercato e primi mugugni

Che lo stadio di San Siro ispiri Franck Ribery ormai non è un mistero, l'applauso tributatogli lo scorso anno dai tifosi del Milan (dopo il successo viola) ha detto tanto e non sono poi mancate altre tracce che collegassero, in qualche modo, il campione francese allo stadio Meazza. E certo c'è da sottolineare anche la prova contro l'Inter in questa stagione, al di là della sconfitta rocambolesca rimediata dalla Fiorentina: due assist, due doni per i gol che avevano illuso i viola prima del blackout finale.

Adesso mancano e mancheranno gli applausi, sì, ma il rispetto reciproco tra Ribery e la "Scala del calcio" non è in dubbio: non sono mancati, peraltro, spifferi di mercato legati proprio a un interesse del Milan nei mesi scorsi, nell'ottica di aumentare l'esperienza e la classe a disposizione di Pioli. Adesso però non si tratta più di immaginare una passerella, un palco sul quale muoversi raccogliendo applausi a ogni tocco: il clima è cambiato, le voci non sono più quelle sugli spalti ma si sono spostate, sono bisbigli e borbottii, un principio di disillusione rispetto al livello attuale del francese e al suo ruolo nel mondo viola.

Prandelli in questo senso è stato chiaro: impossibile mettere in dubbio le doti di Ribery, altrettanto incauto però dargli in mano le sole chiavi per scardinare le difese avversarie. In sostanza l'ex Bayern può essere qualcosa di prezioso, il lampo di genio, ma non deve e non può diventare il riferimento fisso e inesorabile della squadra, assolutamente bisognosa di soluzioni più imprevedibili. Stavolta, per Ribery, San Siro non sarà solo un palco: mai come oggi diventerà un banco di prova per raccontare questo suo nuovo ruolo e per cercare un rilancio che allontani malumori e mugugni fino a poco tempo fa impronosticabili.

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