Dall'eredità di Vialli fino ai giovani portieri: Buffon sul nuovo ruolo in Nazionale
Seconda vita per Gianluigi Buffon: l'ex portiere, dopo aver appeso scarpini e guanti al chiodo, adesso è capo delegazione della Nazionale Italiana di calcio. Nella giornata odierna - direttamente da Coverciano - Buffon si è presentato in questo nuovo ruolo con al suo fianco il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio Gabriele Gravina. Dai primi ringraziamenti fino a una considerazione sui giovani estremi difensori del nostro Paese, per poi indicare quale Nazionale gli è rimasta particolarmente nel cuore.
Le prime parole: “Ringrazio chi mi ha voluto qui. Immaginare la mia figura qui è un qualcosa che mi inorgoglisce e mi stimola, mi rende un uomo felice. Torno in un ambiente che penso di conoscere abbastanza bene. Il sunto del mio ruolo è dare un piccolo contributo in quelle che saranno tutte le dinamiche che andremo a vivere in futuro", riporta Calciomercato.com
Sull'eredità lasciata da Gianluca Vialli: "Il ricordo è immenso e bellissimo, avevamo un rapporto straordinario fuori dal campo. Ci scambiavamo continuamente le maglie, c'era una condivisione totale e devo dire che sarebbe sbagliato pensare di arrivare subito al suo livello. Ognuno di noi ha un proprio passato, un percorso, riesce a dare delle risposte che a giovane non riesci a darti. Poter venire qui cercando di riproporre un Vialli sarebbe sbagliato, non sarei all'altezza. Cercherò di essere ciò che sono sempre stato che poi è il motivo per cui qualcuno mi ha apprezzato".
Sul non aver detto addio al calcio sul campo: "Non ho rimpianti... Ancora oggi mi chiamano per fare una gara d'addio, ma a me non vanno. Io quando chiudo devo pensare al presente al presente e al futuro, vado avanti. E' stato bellissimo e ora stop, arriva una nuova avventura. Per quanto riguarda i giovani, io credo sia molto importante la conoscenza della storia delle cose e degli ambienti in cui vai per poterli apprezzare. Io sono nato e cresciuto col mito di Paolo Rossi, di Zoff, degli azzurri del 1982 oltre ai racconti di mio padre. Quindi per me, la prima volta che ho visto Riva, è stato come vedere un monumento. I giovani li puoi aiutare in questo modo, oltre ad avere una Nazionale bellissima e vincente".
Sui giovani portieri: "Negli ultimi 3-4 anni il serbatoio italiano dei portieri è cresciuto molto e ora ce ne sono 5-6 di un livello elevatissimo, senza toccare Donnarumma che è un portiere consacrato. Lui ormai se la gioca con i primi della classe mondiale. Tutti gli altri hanno fatto un percorso e stanno dando risposte importanti, a cominciare da Vicario che in Premier crescerà. Poi Provedel, Meret che ha vinto lo Scudetto. Poi anche Falcone a Lecce, Di Gregorio a Monza. Ci sono tanti portieri che stanno dimostrando di essere super affidabili e di avere qualcosa di speciale. Carnesecchi ora non sta giocando all'Atalanta ma il campionato è lungo. Provedel è stato probabilmente il miglior portiere dell'ultimo campionato e questo ci fa ben sperare dovesse avere un raffreddore Gigio".
Sul ritiro e su Donnarumma: "Sono arrivato a un'età che mi permetteva di prendere in considerazione questa idea. Nell'ultima stagione sono arrivato ai play-off in un ottimo stato psico-fisico e sono riuscito a farmi male... Quello è il segnale più grande che la natura potesse darmi, lì ho capito che dovevo chiudere. Nello spogliatoio a Cagliari avevo già deciso di smettere, non volevo angustiarmi per un altro anno. Per quanto riguarda Gigio, dico che l'ho visto in tv, l'ho visto parare e crescere anche attraverso degli sbagli perché dagli errori impari molto di più. Dal ragazzo che ho lasciato ho ritrovato un uomo".
Su Zoff e sulla domanda tra lui e Buffon come miglior portiere: "Io sono l'ultimo che può e vuole rispondere a queste cose... Per me non ha senso, sono un uomo di sport e sono felicissimo di ciò che ho dato e ricevuto. Zoff resta un portiere di riferimento della storia italiana, non ci sono dubbi. Io sono stato una persona felice e tanto mi è bastato".
Sul calcio italiano "minore": "Non avverto questo rischio, nonostante gli alti e bassi che storicamente proponiamo. Arriviamo da una non qualificazione, ma anche da una vittoria con un certo stile all'Europeo. La verità è nel mezzo. In questi giorni poi ho avuto la fortuna di stare vicino al Presidente, al mister, al suo staff e devo dire che ho risentito parlare di concetti, di emozioni, di valori che secondo me sono imprescindibili se si vuole arrivare a un obiettivo. Ho la sensazione che l'Italia abbia trovato l'uomo giusto al momento giusto e non sto parlando di me stesso (ride, ndr)".
Sulla fine di un'era: "E' un cruccio non aver fatto il sesto Mondiale, avrei fatto qualcosa di unico nella storia. Però la vita è stata talmente benevola nei miei confronti per quello che mi ha dato e mi dà che mi ha ampiamente ripagato per quel dispiacere. Io penso di esser stato sempre un altruista e probabilmente lì da solo con sei Mondiali disputati sarei stato a disagio".
Sul non aver disputato il Mondiale: "Come in tutte le avventure, la verità è nel mezzo. L'Europeo è stato una magia, un obiettivo che l'Italia ha raggiunto supportata anche da 3-4 situazioni fortunate che ti permettono di arrivare a essere campione. E la non qualificazione è stata la stessa cosa, ci sono stati tanti episodi contro".
Sulle emozioni: "Più che l'emozione, è il come ti senti. Io sempre per quella cultura che ti trasmette la famiglia mi sono sentito sempre come in un ambiente troppo grande per me. Non dico di non meritare, ma ho sempre avuto un rispetto e un timore reverenziale nei confronti di una entità che per me e la mia famiglia può essere qualcosa di unico. Poi durante la carriera incontri tanti campioni che magari non riescono più ad apprezzare certe cose perché perdono la dimensione e quello secondo me è il modo peggiore per continuare a vivere e approcciare questo sport. Il modo migliore è sapere di essere sempre".
Su Bonucci: "Ci siamo sentiti questa estate, ora devo mandargli anche un messaggio dopo l'approdo all'Union Berlino. Ha fatto una scelta ponderata, lui è abituato a lottare e a raggiungere le cose e i traguardi dandosi da fare anche tra le difficoltà. E' un qualcosa che gli va riconosciuto affrontando quest'ultima sfida coi disagi del caso, perché magari non era felicissimo di chiudere così eppure ha deciso di non mollare e questo è un insegnamento importante. Per quanto riguarda la Nazionale, sono l'ultimo a poterlo dire perché sono rientrato da dieci minuti e non ho nemmeno i titoli per poterlo fare".
Sull'Italia che gli è rimasta nel cuore: “Quella del 2006 era un'Italia solidale, altruista che si sarebbe spera fino alla fine per il compagno in qualsiasi situazione. Anche quella del 2012, quando arrivano secondi all'Europeo, ma anche quella del 2016 con Conte: non fu quella la più bella e la più forte, ma seppe emozionare la gente. E anche oggi, come ha detto Spalletti, l'obiettivo è rendere orgoglioso il tifoso di essere rappresentato da questa squadra".
Su Mancini: "Cosa volete che vi dica... Ha già parlato il presidente, il ct, è una scelta inaspettata alla quale però la Federazione ha dato delle risposte molto celeri e convincenti. Questa è la cosa che più interessa al mondo azzurro”.
Su Spalletti: "Che mi toglie le parole, perché io ogni tanto dovrei intervenire... Ma uno deve intervenire quando ci sono dei vuoti, quando qualcosa non è stato detto ed è meglio ribadirlo. Ma devo dire che la completezza dei ragionamenti del ct mi porta a non aggiungere altro, sarebbe solo un ribadire e un appesantire un qualcosa che è già stato detto da lui. Con un ct così secondo me dovrò dire poco".
Sul messaggio più gradito: "Non leggo quasi mai il telefono... Non ne ho idea. Però sono ultra felice, questa è una grande soddisfazione per me".