De Rossi inizia la carriera di allenatore, guiderà la SPAL: che tecnico sarà DDR?

De Rossi
De Rossi / Quality Sport Images/GettyImages
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La dimensione della scelta, nella vita di un calciatore ma anche di un tecnico, assume una valenza speciale e spesso presenta nemici infidi e insidie nascoste: la fretta di arrivare, il desiderio di bruciare i tempi, un ego coltivato nel tempo che richiede palcoscenici che siano d'impatto per dare un senso effettivo di realizzazione.

Capita dunque che un giovane talento si perda poi nella memoria dei mille rimasti inespressi, capita anche che un tecnico emergente - forte magari di una fama internazionale consolidata, come calciatore - patisca una mancata gavetta, paghi lo scotto di un impatto troppo duro con un mondo che, notoriamente, ha fretta e poca pazienza.

Ripensiamo anche ai nomi dei più grandi campioni del calcio prestati alla panchina, con esiti alterni o del tutto negativi, rivalutiamo anche quanto accaduto con Pirlo alla Juventus o con Pippo Inzaghi al Milan (prima di ricominciare, di ripartire dal basso).

Il peso di una scelta

Diventa dunque chiaro come, per un tecnico emergente, capire da dove iniziare sia a dir poco strategico e come possa evitare uno scotto talvolta letale per la prosecuzione di una carriera: anche per questo, c'è da scommetterci, Daniele De Rossi ha atteso tanto prima di sposare un progetto, ha lasciato perdere accostamenti mediatici e soluzioni d'impatto per partire da una realtà coerente con chi deve farsi le ossa, con cui deve trovare una propria dimensione pratica come tecnico.

Niente che sia svilente o riduttivo, semplicemente un passo naturale e una tappa di crescita: qualcosa che, del resto, appare perfettamente in linea con un personaggio che ha sempre rifuggito la soluzione più semplice, riflettendo costantemente sulla propria dimensione di atleta (nei vari periodi della carriera).

Daniele De Rossi
DDR in azzurro / Claudio Villa/GettyImages

De Rossi, anche in nome di un rapporto consolidato com'è quello con Tacopina, ha scelto di partire dalla Serie B e dalla SPAL: una realtà dalla storia importante, forte di un passato prossimo che ha comunque regalato degne partecipazioni al massimo campionato.

Risulta evidente come realtà come Fiorentina, Sampdoria e Bologna potessero risultare mediaticamente più forti, pensando ai club accostati a De Rossi, così come poteva apparire suggestiva l'idea di un binomio De Rossi-Sabatini a Salerno, prima dell'arrivo di Nicola e dalla miracolosa salvezza. Al contempo emerge logicamente un interrogativo su questa nuova strada, su l'inizio di un'avventura: che allenatore sarà - da tutti i punti di vista - Daniele De Rossi?

L'approccio tattico

Si tratta di ragionamenti in itinere e di supposizioni, persino speculazioni, poiché di fatto per De Rossi deve ancora arrivare il momento dell'incontro con un gruppo in qualità di tecnico, il momento delle valutazioni del potenziale a disposizione (con tutti i riflessi del caso a livello tattico).

Chiaramente, però, il vissuto e le esperienze fatte - come calciatore in primis e come parte dello staff di Mancini - hanno un loro peso e avranno una loro impronta sul percorso di De Rossi come allenatore, partendo dal ruolo dei maestri, di quei punti fermi che - pur in modo diverso - hanno saputo seminare qualcosa, hanno contribuito a creare il bagaglio di De Rossi.

Si tratta del resto di un professionista che, da calciatore, ha trovato sempre riscontri in quanto a intelligenza tattica e versatilità, alle risposte date ai vari tecnici che in carriera gli hanno chiesto di rivestire ruoli diversi, di arretrare il proprio raggio d'azione, di capire il momento della squadra sapendo diventare - volta per volta - un valore aggiunto.

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Un giovane De Rossi in gruppo, con Spalletti / ALBERTO PIZZOLI/GettyImages

Da qui si capisce quanto De Rossi possa aver assorbito in carriera, quanto gli allenatori abbiano trovato terreno fertile: in tal senso, basandosi sulle stesse parole dell'ex centrocampista, gli incontri con Luciano Spalletti e Luis Enrique sono stati momenti chiave, e fa riflettere il fatto stesso che la stima sia reciproca e che l'intelligenza tattica di DDR sia l'aspetto citato più di frequente da chi lo raccontava come calciatore.

La lista dei tecnici con cui De Rossi ha avuto a che fare in carriera è tanto lunga quanto prestigiosa, comprendendo tra Roma e Nazionale anche Capello, Ranieri, Conte, Zeman, Garcia, Prandelli e Lippi, ma ragionando sui riferimenti tattici (tralasciando per un attimo la gestione del gruppo) un riferimento può essere anche l'ex compagno di squadra Pep Guardiola, conosciuto prima che diventasse un mostro sacro della panchina.

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Con Luis Enrique / FACUNDO ARRIZABALAGA/GettyImages

La stima per il lavoro svolto da Luis Enrique, che tra l'altro puntò su DDR anche come difensore centrale, e l'ammirazione verso Guardiola lasciano intendere la volontà di gestire il possesso, di costruire dal basso, di rendere ogni componente della squadra un protagonista della costruzione del gioco in fase di possesso.

Il tutto, però, senza l'ossessione di stravolgere il calcio, di farsi portatore di chissà quale rivoluzione: De Rossi, parlando con La Gazzetta dello Sport, ha infatti esaltato anche l'approccio del CT Mancini: "A volte in giro c'è un po' di 'fenomenite'. C'è chi parla di calcio come se fosse una cosa per scienziati. Mentre i maestri veri, come Mancio, lo semplificano".

Niente integralismo, dunque, ma tanta voglia di capire un gruppo, di esaltarne le doti, di rispettare anche il valore degli avversari e capire come fronteggiarli. "Mi piace costruire il gioco dal basso, ma se ho un portiere con i piedi fucilati o due centrali tecnicamente inadatti, cerco alternative" ha aggiunto.

Un presupposto che lascia intendere come il primo approccio, quello con la SPAL e con la Serie B, rappresenti una sfida ostica, un primo step da vivere con grande attenzione, senza sentirsi il campione del mondo che scende tra i comuni mortali ma vivendo un necessario processo di "alfabetizzazione" pratica rispetto a questo nuovo mondo. Una sfida che, per abnegazione e umiltà dimostrate in carriera, non troverà impreparato l'ex pilastro giallorosso.

L'approccio al gruppo

Discorso diverso ma ovviamente interconnesso col precedente, intrecciando insomma l'indole di De Rossi con l'influenza determinante dei tecnici incontrati in carriera, lungo la sua strada da calciatore. In questo senso il percorso parte da lontano, parte senz'altro anche dall'esperienza nelle giovanili, per poi trovare una direzione sempre più chiara e strutturata nell'incontro con tecnici dalla personalità forte, allenatori come Lippi, Capello, Conte o come lo stesso Spalletti.

Quest'ultimo, in particolare, rappresenta una figura chiave anche al di là del campo, per ciò che riguarda il rapporto tra allenatore e calciatore, il processo di responsabilizzazione del singolo, al di là poi delle intuizioni tattiche e dei principi applicati al campo. In questo senso De Rossi ha spiegato quanto sia fondamentale riuscire a conservare in sé il ricordo dei tempi da calciatore, per capire al meglio l'interlocutore di turno, senza però farsi imprigionare in dinamiche che rendano meno autorevole e meno rispettato il tecnico.

Gianluca Mancini, Lorenzo Pellegrini, Daniele De Rossi
De Rossi con Pellegrini e Mancini / Claudio Villa/GettyImages

Non una questione di forma (De Rossi ha spiegato che accetterebbe tranquillamente ragazzi che gli danno del tu o che lo chiamano per nome) ma un fatto sostanziale, un rispetto e una fiducia da coltivare e da conquistare nel lavoro quotidiano.

La famosa "intelligenza tattica", intesa come adattabilità, resterà insomma una sorta di guida anche nel percorso da tecnico: DDR ha fatto intendere quanto sia strategico capire chi si ha davanti, senza poter pretendere che tutti siano esempi di professionalità ("non sono tutti Bonucci o Chiellini", disse alla Gazzetta) ma capendo come far rendere al meglio ogni elemento della rosa. Un pragmatismo necessario e vitale, più di ogni ricorso (spesso inflazionato) alla foga agonistica e al passato di prestigio, qualità fondamentali ma non sufficienti per costruire un allenatore completo.

Come giocherà la sua SPAL?

Si resta nel confortante ambito delle speculazioni e delle ipotesi, con De Rossi che deve ancora valutare un intero gruppo di giocatori e capire come sfruttarlo al meglio, ma è comunque possibile avventurarsi in illazioni su quella che potrà essere la prima SPAL targata De Rossi.

Uno degli imperativi sarà quello di sistemare la retroguardia, fin qui la seconda peggiore del campionato cadetto (13 gol subiti, solo uno in meno del Como), mentre a livello offensivo esistono già delle basi incoraggianti ricollegandosi alle idee di DDR come tecnico: possesso palla medio del 53.3% (quinto dato più alto della B), quarto posto per quanto riguarda il numero di tiri in porta, per una squadra che dovrà dunque diventare innanzitutto più solida dietro e più cinica al momento concludere ma che, certo, non è priva di qualità.

Fin qui, con Venturato in panchina, la SPAL è scesa sempre in campo con il 4-3-1-2 ed è logico immaginare che De Rossi prosegua con la difesa a quattro e non vada a intaccare l'assetto che prevede le due punte Moncini-La Mantia col trequartista alle spalle, non immaginiamo dunque imminenti stravolgimenti tattici (almeno fino al mercato di gennaio).

Quel che emerge fin qui è una certa discontinuità nelle scelte dei vari interpreti del modulo, De Rossi potrebbe dunque provare a dare più stabilità in quel senso, e al contempo non si può nascondere come la rosa di questa SPAL sia del tutto coerente col 4-3-1-2 poiché sguarnita di esterni da utilizzare nel 4-3-3 o nel 4-2-3-1.


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