Di Canio: "Juve, che strategia è? Dybala fragile, Rabiot sembra alto 1 metro e 20"
Paolo Di Canio, doppio ex di Juventus e Lazio, è intervenuto ai microfoni del Corriere dello Sport commentando il momento delle due squadre e raccontando anche la sua carriera, dagli inizi alla Juventus e non solo.
La Juve?
"Ringrazio sempre l'ambiente Juve per come mi ha formato a livello professionale e umano. Venendo dalla Lazio, ho incontrato regole più rigide. Uno dei primi giorni mi chiama Boniperti perché la sera prima ero tornato a casa dopo le 22. La presi come una sfida: mi sentivo in difetto, avevo voglia di dimostrare che sarei stato all'altezza delle loro regole. I miei genitori mi hanno trasmesso valori giusti, a partire da mio padre che lavorava tutto il giorno come muratore. Ho avuto problemi con diversi allenatori, potevano dire che rompevo i coglioni perché devo dire sempre la mia, questo sì, ma nessuno di loro poteva dire che non rispettassi le regole di gruppo o che fossi svogliato".
Problemi con il Trap?
"Mi dispiacque come mi trattò. Per convincermi ad andar via dalla Juve mi fece entrare all'ultimo minuto di un'amichevole estiva con il Palermo, dopo aver fatto entrare tutti i ragazzi della Primavera. Ci fu maretta nello spogliatoio. Col Trap sono quasi venuto alle mani, fu Gianluca Vialli a trattenermi. Ne ho fatte tante di cazzate, ma nessuno mi potrà mai contestare comportamenti poco professionali. Anche quella volta accettai di entrare per trenta secondi".
Vialli?
"Un ragazzo fantastico. È sempre stato sensibile ma, dopo la malattia, è ancora più curioso della vita e delle persone. Domanda, partecipa. Sicuro di sé sempre, ma più morbido ed esposto alle cose".
La Juve dei primi anni 90?
"Non c'erano leader veri. Io, da giovane scapolo, preferivo frequentare due adulti trentenni come Galia e De Agostini. Mi piaceva capire, imparare cose nuove. La moglie di De Agostini produceva il Picolit e imparai a conoscere il vino oltre che il tartufo bianco, io che ero cresciuto bevendo con mio padre l'aranciata mista al Tavernello".
Allegri contro Sarri?
"La Juve che cerca il passato contro la Lazio che cerca il suo futuro. Stanno cercando entrambe la quadra. Allegri cerca la squadra compatta e solida del passato. Il problema è che quella di oggi è più fragile: non basta fare un gol per stare al riparo. Il centrocampo non funziona. Non costruisce bene e non fa filtro. Sono tutti filiformi là in mezzo, alti e lenti nei primi passi".
Criticità della Juve?
"Manca la specificità di ruolo in assenza del titolare. Alex Sandro non spinge più come quattro anni fa. È una squadra che accusa sempre una zoppia. E poi Dybala, campione assoluto, eterno talento, ma..."
Ma?
"Non so, forse ha una fragilità emotiva. Dall'avvento di Ronaldo qualcosa in lui si è fermato. Hanno cercato anche di cederlo, non dimentichiamolo. Non solo non ha tratto giovamento dalla presenza di CR7, ma lo ha subìto. Ha sofferto di non essere più il protagonista assoluto. Si è sentito cancellato. Attenzione, lo dico al mondo dei social, stiamo sempre parlando di un giocatore fantastico".
La dirigenza della Juve?
"Non offendiamo nessuno se diciamo che queste scelte fatte e rinnegate velocemente sono sintomo di confusione. Altrimenti, dovrebbero spiegarci che strategia è. Aggiungiamo la pandemia che ha tolto lucidità e risorse a tutti".
Chiesa?
"Se entro nella testa di Allegri, lo capisco. Se un giocatore strappa di continuo allungando la squadra, senza giocare di squadra e senza capire tempo e situazioni, può essere un problema. Chiesa non è Ronaldo, che quando strappa qualcosa succede sempre".
Rabiot?
"Che giocatore è? Che materia è? Per la Juve cos'è? Uno di 1 metro e 90 che sembra uno di 1 metro e 20. Non fa pesare la sua fisicità, non è mezzala da gol, né da assist né da incursione. Arriva morbido nei contrasti. Ecco, a confermare i problemi della Juve il fatto che, con tutti gli esterni che ci sono, deve giocare Rabiot adattato".
Sarri?
"In certe squadre incontri campioni già fatti. Hazard, palla al piede, ondeggia nove secondi. Per Sarri è troppo anche un secondo e mezzo. Ti devi frustare le palle, ma devi accettare la cosa".
Pronostico?
"Troppe incognite, la sosta, infortuni. Sulla carta la Lazio sta meglio, ha più capacità di aspettare e ripartire".
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