El Pibe di Bari Vecchia: Antonio Cassano

La solita eleganza e sobrietà
La solita eleganza e sobrietà / Claudio Villa/Getty Images
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Le viuzze di Bari Vecchia ricordano un labirinto, dove ci si può perdere tra mercati, trattorie e bar. Ti perdi, e non sai più dove sei, ma sei troppo orgoglioso per chiedere informazioni, continui per la tua strada. È la terza volta che ti ritrovi davanti al Teatro Margherita. Può darsi che questa volta, però, non sia l'orgoglio a non permetterti di chiedere un'indicazione ad un qualsiasi passante, ma, in fondo, ti sta piacendo questa gita ridotta, un po' casuale e che non porterà quasi sicuramente a nulla. Stai girando praticamente in tondo, e tutti ti insulteranno perché di Bari potevi vedere molto di più. Tu lo sai perfettamente, ma a te va bene così. Ti accontenti.

Tra quelle stesse viuzze, negli anni '80, avresti trovato un ragazzino che accarezzava e spostava la palla come un brasiliano, e attorno a lui, magari, una nutrita folla di persone che scommetteva sulla squadra dove giocava 10, 15, 20 mila lire. Il ragazzino, però, come ci tiene a ricordare, non era mica scemo, ed esigeva una percentuale in caso di vittorie, e quei soldi gli servivano, eccome. Il padre aveva abbandonato lui e sua madre, che poteva a malapena permettersi uno stipendio decente, ma queste cose, il giovane Antonio Cassano, le avrebbe risolte, diventando un grande calciatore.

Certamente i suoi problemi economici sono finiti, ormai da tempo. Sono passati da poco due anni dalla sua lettera di addio al calcio, e quattro dalla sua ultima partita ufficiale. Tuttavia, ancora Cassano è un argomento polarizzante, discusso: sopravvalutato o talento purissimo? Genio o fortunato? Quanto dell'affetto che molti di noi hanno provato verso Cassano viene dalla sua storia di rivalsa sociale e dai sorrisetti che ci faceva fare quando metteva in mostra tutta la sua volgarità, e quanto dall'averlo visto in campo, a giocare?

Cassano scappa da Montero con la sua collanina dorata con la medaglietta di Padre Pio che gli ciondola sul petto
Cassano scappa da Montero con la sua collanina dorata con la medaglietta di Padre Pio che gli ciondola sul petto / Grazia Neri/Getty Images

Il suo primo momento lo conosciamo tutti. Esordisce in Serie A nel derby contro il Lecce, ma la sua prima partita da titolare è contro l'Inter, la squadra che tifa. Il gol che segna in quella partita, a pochi minuti dal termine e che farà vincere la partita ai pugliesi, rimarrà per sempre nella storia del calcio italiano. Controllo di tacco, pallone portato avanti con la testa, dribbling che immobilizza i due difensori e palla in rete. Sempre piacevole vedere questa perla, anche con il filtro malinconico che ha aggiunto il tempo.

Molto probabilmente lo stesso Cassano torna a vedere quel gol, ogni tanto. È il gol che l'ha salvato dalla delinquenza, secondo lui. Che l'ha portato alla Roma di Fabio Capello prima e al Real Madrid dei Galácticos dopo. Forse esagero in modo provocatorio, forse lo penso davvero, ma a volte credo che il gol di Cassano in Bari-Inter sia stato il suo picco. E non perché, forse, è stato il suo più bel gol, o il più importante. È stato il suo apice perché in quel gol tutti avevano visto un futuro aureo, quello di un campione, e Cassano non ha mai più dato un'immagine così sicura di sé come nel suo primo gol.

Dopo due stagioni al Bari, la Roma deciderà di fare un grosso investimento sull'ancora 18enne di Bari Vecchia, e lo acquista per 60 miliardi di lire. E proprio nella capitale Cassano completerà la sua evoluzione da giovane promessa a... promessa. Cassano alla Roma ha fatto bene, ma in maniera troppo discontinua, nonostante all'ombra del Colosseo, il talento si sia palesato in maniera più costante.

Ma anche qualcos'altro inizia a prendere possesso della figura pubblica di Antonio Cassano: le cassanate. Un termine per descrivere tutti i comportamenti non propriamente condivisibili, eleganti o consoni al contesto, avuti dal barese in tutta la sua carriera. E si intende proprio tutta, per tutti i 19 anni di carriera nel grande calcio, Cassano in qualche modo si è sempre distinto con una cassanata. La cassanata romana fu quella delle corna all'arbitro Rosetti, dopo essere stato espulso.

Tra Totti e Cassano c'era un legame quasi psichico in campo
Tra Totti e Cassano c'era un legame quasi psichico in campo / Claudio Villa/Getty Images

Con Totti si crea un'amicizia forte, che in campo si traduce con un'intesa tra le più belle mai viste in Serie A. Con Capello, Cassano cresce tatticamente, torna a recuperare palla, entra nel gioco di squadra. Con il presidente Sensi, dopo quattro anni e mezzo, litiga per il rinnovo. Sei mesi da separato in casa, e nel gennaio 2006 termina l'avventura capitolina. E prende l'aereo per Madrid.

Cassano è l'ultimo acquisto di Florentino Perez (prima del suo ritorno), il canto del cigno dell'era dei Galácticos. Un canto del cigno stonato e stanco. Antonio si presenta nella capitale spagnola ingrassato (il suo soprannome sarà El Gordito, come quello di Ronaldo che per i detrattori della Camiseta Blanca era El Gordo) e vestito da un pellicciotto di dubbio gusto, che lo porterà ad essere vittima di imitazioni e prese in giro.

Nonostante l'esordio con gol, al Real non inciderà mai. Ritroverà Capello, sulla panchina, ed è proprio in panchina che vivrà la gran parte della sua esperienza madridista. Già, perché Antonio al Bernabeu non riesce a dare sicurezza, o almeno l'impressione di voler crescere. Al contrario si chiude in se stesso, buttandosi a capofitto (quanto e più che a Roma) nella movida madrilena, tra donne, cibo e macchine. Tutti atteggiamenti contrastanti con lo stile Real. Il colpo di grazia arriva quando viene immortalato prima di una partita, mentre imita e deride proprio Fabio Capello: la cassanata spagnola. Finisce fuori rosa, poi viene reintegrato, ma anche questa storia si concluderà da lì a poco, con il ritorno in Italia.

Why always me?
Why always me? / Denis Doyle/Getty Images

A Genova nessuno si sarebbe mai aspettato che Cassano avrebbe vestito la maglia della Sampdoria. Nonostante le stagioni sottotono, era ancora un 25enne che poteva dire tanto. O forse no? Con i blucerchiati Cassano sembra finalmente maturare, e assieme al suo "gemello del gol" (termine che ai tifosi della Samp fa riemergere tanti bei ricordi) Pazzini, in tre anni riesce a portare Genova ai preliminari di Champions League, dopo una grande stagione tra gol e assist. Cosa manca in questa storia? La cassanata del luogo! E, infatti, al quarto anno, critica (e insulta) il presidente Garrone. Fuori rosa, e a gennaio via. Di nuovo. Anche nella squadra che ormai aveva iniziato a far parte del suo cuore, e dove i tifosi lo acclamano.

Passa al Milan, e seppur con alti e bassi, contribuisce alla vittoria dell'ultimo Scudetto rossonero. Insomma, come al solito. "Sopra il Milan, solo il cielo" dirà. Poi attraversa i Navigli, passa all'Inter, la squadra del suo cuore, in uno scambio proprio con l'ex-compagno Pazzini, che invece farà la strada inversa: "Sopra il cielo c'è l'Inter", coerentemente. Con la maglia nerazzurra 9 gol, 15 assist e una mezza scazzottata con il tecnico Stramaccioni, a quanto racconta. Eccola, la cassanata milanese.

Voglio che tu mi ritragga come una delle tue ragazze francesi
Voglio che tu mi ritragga come una delle tue ragazze francesi / Valerio Pennicino/Getty Images

Finirà fuori dal progetto interista, e a 31 anni si trasferisce al Parma, disputando due buone stagioni, ma lascerà il club per via degli stipendi non pagati a tutta la squadra per mesi. La squadra verrà retrocessa in Serie D, e Fantantonio, da svincolato, torna nella sua Genova, torna alla Sampdoria, ma senza più Garrone, bensì Massimo Ferrero. Dopo un anno in cui si vedono le difficoltà del barese, il secondo anno finisce per l'ennesima volta fuori rosa, dopo aver rifiutato un ruolo da dirigente, e dopo la risoluzione del contratto si accasa al Verona.

Con cui giocherà ben zero partite, per via del ripensamento che lo ha portato via da Verona. A cui è seguito un ripensamento che lo ha riportato a Verona. A cui è seguito l'ultimo ripensamento che lo allontanerà definitivamente da Verona. Il tutto in poco più di due settimane. Avrà una tresca anche con la Virtus Entella, ma dopo 5 giorni tornerà nuovamente sui suoi passi.

Qualcuno ha fatto una cassanata?
Qualcuno ha fatto una cassanata? / Paolo Bruno/Getty Images

Abbiamo visto l'ultima partita di Cassano senza salutarlo. Abbiamo visto il suo talento, ma non è riuscito mai a farsi veramente apprezzare. Cassano è proprio quella persona che si è persa tra le viuzze di Bari Vecchia, così tanto labirintiche. Troppo orgoglioso per pensare di non essere abbastanza bravo, ma anche troppo pigro per non accontentarsi. E soprattutto, alla fine, torna sempre allo stesso punto. Rimane lì, fermo. A Bari Vecchia. Dove è stato un campione e lo sarà per sempre.

""Se avessi ascoltato Capello, uno dei più grandi allenatori di sempre, avrei fatto cose più importanti. L'ho incontrato per la prima volta nel 2001, mi voleva a tutti i costi a Roma e rifiutai la Juve. Ancora oggi dico di aver fatto la scelta migliore. Il problema è che poi ho combinato dei disastri. Non ero cattivo, ma pigro. Il mister mi chiedeva di allenarmi, io facevo il contrario. Ho approfittato troppo del mio talento. Avrei potuto fare una carriera clamorosa, ma non vivo di rimpianti. A Madrid arrivai con 93kg, con Capello ne persi 10. Li però devi scegliere: ti alleni al 100% e giochi, fai la vita bella e stai in panchina. Io sceglievo sempre la seconda e stavo fuori fino alle sei del mattino."

Antonio Cassano

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