ESCLUSIVA | Salcedo: "Chiesa-Juve? Dipende, deve giocare. Vi racconto Davide Astori"
Tra i protagonisti della Fiorentina targata Paulo Sousa, nella seconda stagione del portoghese alla guida dei viola, figurava anche il nazionale messicano Carlos Salcedo: una pedina tutto sommato preziosa in difesa, 20 presenze per lui tra Serie A ed Europa League, ma un'avventura durata soltanto un anno prima dell'addio al calcio italiano per approdare in Bundesliga. Oggi Salcedo gioca nuovamente in Messico, al Tigres, e in esclusiva a 90min.com si è soffermato anche sul proprio periodo italiano e sui compagni di squadra di allora, da Chiesa a Bernardeschi passando per l'indimenticato Davide Astori.
Tu hai giocato con Bernardeschi, cosa pensi della sua crescita e del suo momento alla Juve? Dovrebbe restare in bianconero?
"Io conoscevo Bernardeschi quando giocava sempre, quando sei alla Juve però anche solo allenandoti puoi migliorare ed acquisire esperienza grazie ai campioni che sono ora alla Juventus. Ci sono decisioni che solo il giocatore può prendere, se pensa di aver bisogno di più spazio deciderà di conseguenza".
E per quanto riguarda Chiesa, che hai avuto come compagno quando aveva 19 anni, pensi che la Fiorentina possa permettergli di raggiungere il suo massimo?
"Io credo che non si tratti tanto della squadra in sé, penso all'esempio di Raul Jimenez: all'Atletico non è andato bene ma poi tra Benfica e Wolverhampton è esploso. E se Chiesa arrivasse alla Juve e poi non giocasse? Sono decisioni difficili anche se, d'impatto, uno potrebbe consigliargli di andare alla Juve. Poi dipende anche dal tecnico, se è lui che ti vuole come titolare, ci sono tanti fattori dietro. Chiesa può giocare ovunque ma è importante che abbia continuità come alla Fiorentina. Dipende anche dalla prospettiva".
Hai giocato anche con Davide Astori, hai qualche ricordo o aneddoto?
"Mi ricordo la prima partita col PAOK, preparandoci parlavamo sulla cyclette e mi diceva che non avremmo parlato in inglese ma in italiano. Le mie prime parole in italiano le ho dette con lui. Mi ricordo che mi diceva sempre 'Ehi messicano, come stai?', perché era insolito avere un messicano lì...loro hanno questa idea del messicano col sombrero, il cavallo. Questo succedeva un po' con tutti ma Astori in realtà era quello che si preoccupava di più, lui aveva 30 anni e io appena 22, mi chiedeva come stavo, come mi stessi trovando in città. Mi chiedeva se avessi bisogno di qualcosa, mi consigliava ristoranti o se avevo bisogno di aiuto per la casa. Era un giocatore che si preoccupava sempre e questo fa bene a qualsiasi squadra".
Il miglior momento in Italia?
"Il mio debutto contro il Milan, la mia prima partita in Serie A è il miglior ricordo".
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